RASSEGNA STAMPA S.

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• Il Passato sarà un buon rifugio, ma il Futuro è l'unico posto dove possiamo andare. (Renzo Piano) •

PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

mercoledì 23 settembre 2020

RIFLESSIONI AGGIORNATE SUL LIBANO (10.8.2020)

Considerazioni introduttive

Com’è noto il 4 agosto u.s. Beirut è stata dilaniata da alcune violentissime esplosioni, la cui micidiale onda d’urto ha distrutto il porto e buona parte della città. Nell’immediatezza del fatto è sembrato evidente che l’evento fosse imputabile a negligenze e incuria nella gestione di un deposito nel quale era stoccato materiale ad alto rischio (in particolare una quantità ingente di nitrato di ammonio, sostanza utilizzata prevalentemente per produrre fertilizzanti). Nell’ipotesi di attentato sono apparse subito improbabili rivendicazioni attendibili: considerata la indiscriminata gravità dell’atto non ci si attendeva che qualcuno avesse il coraggio o considerasse l’opportunità di rivendicarne la paternità. In termini simmetricamente opposti, la possibilità di un attentato difficilmente poteva essere presa in considerazione dalle autorità: sarebbe stato una sconveniente ammissione di vulnerabilità. Questa tragedia dalle cause incerte si colloca in un momento in cui il Libano vive una grande e drammatica emergenza sociale ed economica, destinata a ripercuotersi anche sulla sicurezza del Mediterraneo. Tornano alla mente le devastazioni della passata guerra civile (dal 1975 al 1990). Allora, in questa terra, un tempo definita la Svizzera del Medio Oriente, si combatterono aspramente diverse componenti etniche e religiose.  La creazione dello Stato del Libano si ebbe a seguito della dissoluzione dell’Impero Ottomano [1]. Il Libano, essendo nato dall’unione di zone eterogenee, è sempre stato politicamente e militarmente debole: spesso sul suo territorio si sono trasferite e consumate fasi di conflitti fra altri Stati [2].  La Siria degli Assad, animata da propositi nazionalistici, ha sempre rivendicato un’egemonia di fatto su quell’area, non riconoscendone l’autonomia in virtù del suo pregresso potere sulla regione. Il Libano, nonostante l’esiguità territoriale e la fragilità politica, è sempre stato oggetto di una particolare attenzione da parte dei mass-media internazionali, che trova fondamento nella condizione del Paese di rara alchimia socio-religiosa [3], che si concreta nella convivenza di diverse identità, tutte integrate nel tessuto sociale e consapevoli della loro reciproca necessità.  Da questo punto di vista la realtà libanese potrebbe essere un modello avanzato per una auspicata futura evoluzione della società musulmana verso formule interreligiose.

 La presenza del movimento Hezbollah

Un elemento di elevata instabilità politica è la presenza istituzionale di Hezbollah, il movimento fondamentalista islamico di fede sciita, alleato dell’Iran e nemico giurato di Israele. Gli Hezbollah, pur strutturati come un partito politico, sono dotati di un’ala militare particolarmente attiva, che ha spinto molti Stati occidentali e organizzazioni internazionali a classificare come terroristica la sua matrice. Si costituirono nel 1982 con il dichiarato intento strategico di contrastare con ogni mezzo l’ingerenza israeliana. In questo attuale particolare frangente gli Hezbollah, mediante solidi mezzi finanziari e valendosi di un collaudato impianto politico e militare, probabilmente daranno massima visibilità alla loro vocazione assistenzialistica al fine di accreditarsi come unico credibile concreto punto di riferimento per il popolo libanese. Nello stesso tempo il movimento Hezbollah dovrà dimostrare in maniera credibile la totale estraneità all’incidente dello scorso 4 agosto e alle attuali difficoltà finanziarie del Paese, continuando di fatto ad essere la punta avanzata degli interessi dell’Iran nella regione.

 La comunità cristiana

Nel 1920 fu creato il Grande Libano, uno Stato formalmente autonomo indirettamente amministrato dalla Francia, destinataria di un mandato della Società delle Nazioni; le sue frontiere geografiche corrispondevano all'incirca a quelle dell'attuale Libano. La sua fine si ebbe formalmente nel 1943 con la proclamazione di indipendenza della Repubblica del Libano. Il Grande Libano era l'unico Stato del mondo arabo il cui sistema politico era basato su una democrazia laica, ovvero non aveva una religione di stato ufficiale. Per questo rappresentava un potenziale rifugio sicuro per le minoranze religiose e per i cristiani che vivevano nei Paesi arabi. Il Libano è tuttora l’unico Paese nella regione in cui i cristiani giocano un ruolo attivo nella politica nazionale. Oltre al Presidente della Repubblica (che per prassi consolidata è un maronita) siedono al Parlamento più di 40 deputati cattolici su un totale di poco più di 125 seggi. I cattolici sono rappresentati anche nel governo e nella funzione pubblica: negli anni settanta erano la componente maggioritaria della popolazione. La comunità cristiana, ben inserita nel tessuto sociale, può svolgere un ruolo di mediazione nei difficili rapporti fra Sunniti e Sciiti. Un noto ayatollah libanese di origini irachene [4] amava ripetere non c’è Libano senza i suoi cristiani, non c’è Libano senza i suoi musulmani. Nel 2010 la solennità mariana dell’Annunciazione del Signore fu proclamata festa nazionale. L’iniziativa, approvata dal Consiglio Nazionale per il Dialogo, venne adottata dal Consiglio dei Ministri nella convinzione che una celebrazione comune potesse accrescere l’intesa tra cristiani e musulmani. La Vergine Maria è cara ai musulmani, e anche nel Corano si trova il racconto dell’Annunciazione (naturalmente le due religioni attribuiscono un diverso significato dell’accadimento: per i musulmani l’evento è solo l’annuncio della nascita di un grande profeta).  Questa esperienza dovrebbe essere considerata oltre i confini libanesi [5] . Insegna che musulmani e cristiani possono trovare un’intesa senza rinunciare ai loro tratti identitari. Senza enfatizzare eccessivamente il cosiddetto meticciato culturale, il positivo reciproco riconoscimento di diverse tradizioni spirituali e religiose può essere un elemento di crescita sociale e politica. Nel 1989 Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica a tutti i vescovi della Chiesa Cattolica sulla situazione del Libano affermò che il Libano è qualcosa di più di un Paese: è un messaggio di libertà e un esempio di pluralismo per l’Oriente come per l’Occidente! In questi ultimi anni i contenuti di questa affermazione sono stati banalizzati e declassati a mero slogan. Resta di massima attualità aiutare in ogni modo il Libano affinché ritrovi e consolidi la sua vocazione interreligiosa.

 Le evoluzioni storiche, in breve

Ripercorrendo la storia politica del Libano contemporaneo dal mandato francese ad oggi, risulta evidente uno stretto legame fra l’impianto confessionale del Paese e le sue vicende interne e internazionali. Nel contesto arabo il Libano è un Paese atipico. Il cosiddetto comunitarismo di impronta confessionale, ovvero in concreto la capacità delle comunità religiose di avere una definita e stabile rappresentatività a livello politico, ha sempre condizionato l’assetto istituzionale facendo del Libano una democrazia confessionale.Le comunità religiose, forti del loro un mandato, non di rado hanno svolto un’importante attività di pacificazione e mediazione, che ha consentito anche di contenere le spinte autoritarie che provenivano da ambienti religiosi radicali. Raggiunta l’indipendenza nel 1943 uno dei principali problemi fu quello di rispettare un’equa condivisione del potere fra le due principali comunità, quella cristiana e quella musulmana.  Allora venne stipulato un patto interno non scritto fra maroniti e sunniti; la comunità cristiana accettava la definizione del Libano come Stato arabo, ma nello stesso tempo si confermava l’attribuzione di poteri politici fra le comunità in base alle risultanze del censimento del 1932, effettuato durante il mandato francese. Questa clausola, che premiava la comunità cristiana allora maggioritaria, venne modificata dagli Accordi di Taif del 1989 - di cui si dirà - che hanno invece stabilito la parità fra le due comunità. In base al menzionato accordo interno non scritto di fatto si stabiliva che il Presidente della Repubblica sarebbe stato un maronita, il Primo ministro un sunnita, il Presidente dell'Assemblea Nazionale uno sciita, il vice Presidente del Parlamento un Greco ortodosso. Si ebbero difficoltà a rispettare questo assetto quando dall’esterno cominciarono pressioni di carattere panarabo: il Libano si colloca infatti all’interno di un contesto, quello mediorientale, a forte prevalenza arabo-musulmana.  Pertanto veniva messo in discussione il potere attribuito alla componente cristiano-maronita. Dopo varie travagliate vicende che insidiavano l’unità nazionale, a seguito di crescenti tensioni nel 1975 scoppio una grave guerra civile che durò fino al 1990. Il conflitto fu caratterizzato da alleanze molto fluide e variabili; le cause furono sia interne che esterne. Un elemento particolarmente destabilizzante e determinante all’origine delle ostilità, fu il crescente considerevole afflusso nel Paese di profughi palestinesi. Questa presenza accresceva la consistenza della comunità musulmana che ora si sentiva sottorappresentata, mentre la componente cristiana temeva di perdere la propria prevalenza demografica.  Il conflitto fu alimentato anche da fattori esterni, ossia dall’intervento di altri Stati con propri specifici interessi (in particolare della Siria e di Israele). La guerra, che causò gravi perdite umane e precipitò il Paese in una grave crisi economica, si concluse alla fine del 1990 dopo gli accordi di Taif (22 ottobre 1989). Nel 1992 si svolsero libere elezioni che ebbero come esito una forte affermazione degli Hezbollah, e quindi della componente musulmana-sciita (questo esito fu confermato anche da successivi appuntamenti elettorali). Questa situazione politica ha creato i presupposti per forti tensioni e scontri con il vicino Israele, che nel 2006 presero la forma di un vero e proprio conflitto (dal 12 luglio al 4 agosto 2006). Anche le vicende della vicina Siria hanno causato pericolose ripercussioni interne.

Two men one war, 33 years on….

Sulle piattaforme web Youtube e Vimeo è visibile un interessante cortometraggio, Two men, one war, 33 years on – Lebanon, realizzato dal regista Eric Trometer, nel quale si evidenzia come le vicende belliche libanesi più di ogni altra guerra abbiano contrapposto in maniera insensata e strumentale uomini altrimenti destinati all’amicizia. Nel documentario due ex miliziani, uno cristiano, Assad Shaftari, e l’altro musulmano, Muhieddine Chehub, dopo aver combattuto su fronti opposti ignari l'uno dell'altro, si ritrovano nel 2008, e dopo 33 anni, si raccontano le loro storie parallele. Intraprendono la via del perdono e della conciliazione rinnegando il loro passato di morte. La guerra è solo un cieco omicidio collettivo, causato da un ingombrante vuoto etico, che rende refrattari a qualsiasi impulso di pacificazione producendo insensate divisioni. Nei fotogrammi finali del documentario si legge che i due uomini ora sono amici e lavorano insieme in nome del perdono e della tolleranza [6], aggiungendo che per sostenere la riconciliazione è stato creato in Libano un giardino del perdono. Nei fotogrammi iniziali viene citata la nota frase di Lao Tzu chi conosce gli altri è sapiente, chi conosce sé stesso è illuminato. L’ignoranza è alla base di ogni male; la conoscenza degli altri e di sé stesso sono il migliore antidoto e lo strumento da privilegiare nella ricerca di soluzioni anche politiche.

Considerazioni conclusive

Qualche giorno fa ho letto un articolo su un sito straniero [7] che con cinico umorismo  riferiva che un po' di tempo fa in Libano circolava questa storiella. Dio, quando creò il Libano, decise di dotarlo di bellissime montagne, di spiagge meravigliose, di ricche sorgenti di acqua, di terreni fertili, e di abitanti operosi, intelligenti, creativi, attraenti. Infatti, il Creatore voleva fare del Paese dei cedri una specie di paradiso terrestre; poi però, riflettendo, decise che il Paradiso non poteva esistere in terra, perché doveva essere esclusivamente riservato all’aldilà. Ed allora...dotò il Libano di popoli confinanti. Si tratta di un racconto maliziosamente bugiardo, che crea ingenerose generalizzazioni che però in un modo allegorico raccontano una triste verità.  Il Libano ha sempre avuto una collocazione molto particolare nel contesto mediorientale. I motivi che qualche decennio fa hanno fatto del Libano un’isola felice - ovvero la multiculturalità, la multietnicità, l’essere al centro di importanti interessi finanziari e geopolitici - oggi sono all’origine della sua instabilità politica e della sua fragile precarietà: il Libano è diventato terra di scontro in ragione dell’importanza correlata alla sua condizione. Una settimana dopo la tragica esplosione nel porto di Beirut il governo si è dimesso anche a seguito di proteste di piazza e di manovre per far cadere l’esecutivo. Le dimissioni non sono sufficienti a soddisfare le richieste dei manifestanti, che vorrebbero un rinnovamento dell’intera classe politica, ma di fatto spingono il Paese verso il caos e l’ignoto. Il Libano attualmente è uno degli Stati più indebitati al mondo; la disoccupazione ha raggiunto il 35%. Le vicende del Libano, pur travagliate da grandi difficoltà, dimostrano tuttavia che è plausibile ipotizzare un modello di Stato mediorientale, che, fondato su una nuova coscienza sociale, politica e religiosa, possa consentire l’individuazione di una via araba alla democrazia mediante la costituzione di una società del vivere insieme, come felicemente la definiva l’intellettuale libanese Samir Frangieh[8]. RR

 



[1] Dopo la dissoluzione dell'Impero Ottomano al termine della Prima Guerra Mondiale, ratificando l'accordo Sykes-Picot fra Gran Bretagna e Francia (16 maggio 1916), la Società delle Nazioni di fatto affidò al controllo della Francia la Grande Siria (che comprendeva le cinque province che oggi costituiscono il Libano).

[2] Anche il conflitto siriano è spesso sconfinato nei territori libanesi.

[3] Andrea Riccardi definisce il Libano un’alchimia socio-religiosa nella prefazione al libro di Riccardo Cristiano e Samir Frangieh, Il giorno dopo la primavera (Messina, 2012).

[4] Si tratta dell’imam sciita Muhammad Mahdi Shamseddine. Nato nel 1936 in Iraq, ma originario di una regione del Libano meridionale, apparteneva a una famiglia di alti dignitari religiosi, la cui genealogia sarebbe risalita ad un celebre teologo del XIV secolo, noto come il primo martire.

[5] Il documento sulla fratellanza umana, per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019 da Papa Francesco e da Ahmad Al-Tayyeb, grande imam di Al-Azhar, è il prodotto anche di iniziative di questo tipo.

[6] La tolleranza non va intesa come benevola sopportazione, ma come reciproco riconoscimento.

[7] Si tratta di Lebanon as Paradise Lost da Brookings, che è il sito della Brookings Institution, un'organizzazione no profit con sede a Washington, che si pone la missione di condurre ricerche per esplorare nuove soluzioni per risolvere i problemi che la società deve affrontare a livello locale, nazionale e globale.

[8] Samir Frangieh (12.4.1945 – 11.4.2017) è stato un intellettuale, politico e giornalista libanese di fede cristiano-maronita.