Premessa
Continua
l’islamizzazione del continente africano che è stata in passato molto forte e
aggressiva[1].
Per contrastare questo processo è necessario conoscerne le cause. L’Occidente
deve evitare che l’Africa sia terreno fertile per lo sviluppo di frange
fondamentaliste e deve impedire che esse acquistino spazio politico[2].
In questa prospettiva il primo obiettivo è supportare in ogni modo il
mantenimento del carattere laico delle istituzioni governative. L’educazione
dei giovani può essere un efficace freno al reclutamento jihadista. La Chiesa
missionaria nelle realtà africane, oltre a gestire le scuole cattoliche, è
opportuno che si impegni a favorire la riapertura degli istituti scolastici
chiusi o resi inagibili a causa dell’intolleranza islamista[3].
Islamizzazione dell’Africa
L’islamizzazione
dell’Africa non è un fenomeno recente. L’Islam inizialmente si diffuse
nell’Africa settentrionale e nel Corno d’Africa. Successivamente, attraverso il
commercio, si spinse nell’Africa occidentale. Una delle prime colonie musulmane
si costituì nell’isola di Zanzibar tra il IX e il X secolo con l’arrivo di un
gruppo di mercanti provenienti dal Nord e dall’Oceano Indiano. Nello stesso
tempo nel Mali la città di Timbuctu divenne sede di scuole e di istituzioni
religiose. Nelle corti degli Stati feudali dell’Africa nera i mercanti arabi
erano particolarmente apprezzati: sapevano leggere e scrivere, erano autorevoli
consiglieri, nel loro bagaglio culturale avevano specifiche competenze ed
esperienza del mondo europeo. In queste regioni essi manifestavano una rigorosa
sottomissione alla fede monoteista, che costituiva un’attraente alternativa
alle varie, fantasiose e disordinate ritualità animiste. Attualmente il
proselitismo islamico - che spesso procede parallelamente all’espansione
fondamentalista - è facilitato dai matrimoni misti, soprattutto fra musulmani e
cristiane, a seguito dei quali le donne non solo abbandonano la loro fede ma
non possono nemmeno condizionare l’educazione religiosa dei figli. Inoltre
alcuni Stati musulmani del Medio e Vicino Oriente mettono a disposizione di
studenti africani borse di studio che consentono ai più meritevoli di recarsi
in nazioni arabe per una formazione professionale che ha sempre anche una
marcata impronta confessionale[4].
I giovani che possono avvalersi di queste opportunità spesso si convertono
all’Islam. Al loro ritorno questi neoislamici sono destinati a integrare la
futura classe dirigente dei Paesi africani da cui provengono. A questo quadro
si aggiungono le iniziative dell’Arabia Saudita, che finanzia la costruzione di
moschee e fornisce sostegno economico a chi voglia intraprendere un’impresa
professionale. La monarchia saudita approfitta di queste attività per
diffondere il pensiero islamico. Anche alcuni elementi sociali favoriscono
l’islamizzazione. La poligamia ad esempio - che contrasta con le dottrine
cristiane - già fa parte del patrimonio culturale africano. Sotto il profilo
razziale il predicatore musulmano, essendo africano o asiatico, è visto
istintivamente con amicizia e familiarità. Il Cristianesimo invece è la
religione dei ‘bianchi’ e quindi è percepito come un culto estraneo; è
associato alla cultura occidentale, quella dei Paesi stranieri occupanti. In
questa prospettiva l’islamizzazione, nelle sue molteplici forme che ne
smentiscono una presunta omogeneità, può anche rappresentare uno strumento di
emancipazione dai retaggi del colonialismo e un mezzo di ricostruzione
identitaria. L’Islam in Africa si coniuga spesso con i movimenti nazionalistici
caricandosi di contenuti che ne enfatizzano la chiusura al mondo moderno. In
questo modo l’Islam come ideologia riesce ad unificare intorno ad un ideale
religioso gruppi etnici e politici diversi. In proposito piuttosto che di
islamizzazione dell’Africa forse si dovrebbe parlare di africanizzazione
dell’Islam, poiché questo compendio eclettico di elementi eterogenei crea i presupposti
per la nascita di una cultura islamica africana[5].
Da un punto di vista teologico la dottrina islamica è più semplice, più
immediata e meno problematica di quella cristiana (o meglio di quella delle
confessioni cristiane). La conversione all’Islam non richiede complessi
cambiamenti spirituali, né profonde rinunce interiori ed esteriori: è
sufficiente un’enunciazione di fronte a testimoni che manifesti le nuove
convinzioni, ovvero l’affermazione dell’unicità di Dio e la fede nella missione
profetica di Maometto (questa professione integra il così detto Tawhid. In
molti casi i contatti fra l’Islam e i culti locali, soprattutto di carattere
animista, hanno generato sintesi inedite e originali, nelle quali la visione
monoteista si impone sui politeismi tribali assorbendoli e sottomettendoli
senza annientarli[6].
L’Islam teme le conversioni ad altre fedi religiose: si difende mediante la
condanna a morte o l’imprigionamento dell’apostata. Agli strumenti di censura
nei confronti dei convertiti apostati corrisponde spesso il riconoscimento di
privilegi a fvore degli islamici. Nei Paesi musulmani, anche in quelli
formalmente laici, la propaganda islamica è considerata una realtà naturale e
perciò è consentita, mentre il proselitismo di altre religioni è reputato
inaccettabile, di fatto o per legge.
Missioni Cristiane
L’islamizzazione
del continente africano può essere contrastata con le generose iniziative delle
missioni religiose cristiane, che possono contenere le derive jihadiste non
solo promuovendo l’evangelizzazione attraverso le attività di formazione
spirituale e di solidarietà sociale, ma anche incoraggiando ogni mezzo che
supporti la comprensione interreligiosa. Il Cristianesimo giunse in Africa già
nel I secolo; alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente contava molti
proseliti soprattutto nei grandi centri urbani dei Paesi mediterranei. Il
moderno proselitismo cristiano iniziò in Africa tra il XV e il XVI secolo dopo
l’arrivo di mercanti portoghesi. Le missioni cattoliche, nonostante le
esternazioni di ostilità e l’aggressività del radicalismo islamista contro i
Cristiani, generalmente manifestano una considerazione positiva dell’Islam al
fine di non compromettere eventuali occasioni di dialogo. Analogamente le
iniziative assistenziali contro la miseria e contro le malattie sono intraprese
dalle missioni cristiane nei confronti della popolazione africana a prescindere
dalle scelte religiose individuali: in questo modo i missionari evidenziano che
il loro obiettivo primario è la solidarietà umana e poi eventualmente
l’evangelizzazione. In questo modo i Cristiani minimizzano l’odio nei loro
confronti, che spesso è alimentato dalla predicazione violenta degli estremisti
islamici. Con la loro neutralità nel portare fraterno soccorso i missionari
evitano quindi di creare i presupposti per una guerra di religione. Con
riferimento all’impegno delle missioni cristiane viene in mente una frase dello
scrittore bengalese Tagore: “Sognai e vidi che la vita è gioia; mi destai e
vidi che la vita è servizio. Servii e vidi che nel servire c’è gioia”.
Libertà di coscienza nell’Islam e nel Cristianesimo
La libertà personale ha un diverso valore nell’Islam e nel Cristianesimo. L’essenza dell’Islam è la sottomissione. La libertà personale, che è il presupposto per un cammino spirituale individuale, è considerata come un ostacolo dall’ortodossia islamica[7]. Al contrario nel Cristianesimo il discernimento individuale è il fondamento morale di opzioni che solo se sono responsabili hanno valore. L’apostolato cristiano privilegia il dialogo con la singola persona piuttosto che rivolgersi con proclami ad una collettività indiscriminata[8]. Le scelte di libertà e di indipendenza, e la coerenza con i principi etici e religiosi hanno un costo. Paradigmatica è la situazione in Nigeria; qui i Cristiani sono minacciati non solo dal fondamentalismo islamista e dalle derive terroristiche di Boko Haram, ma anche dagli scontri etnico-tribali, dagli incerti equilibri di potere, dalle ingiustizie e dalle violenze quotidiane[9]. Inoltre i Cristiani sono discriminati in tutti gli aspetti della vita sociale. Il Cristianesimo ha le potenzialità per colmare il vuoto spirituale dei culti naturistici e pagani di origine tribale, che sembrano in parziale sintonia con l’Islam in quanto fondati su una ritualità esteriore e collettiva. Alle missioni cristiane si chiede sempre più un impatto sulle situazioni concrete, ovvero l’elaborazione di soluzioni - radicate sugli insegnamenti del Vangelo - ai tanti problemi insoluti della realtà africana. Il cristiano nell’agire missionario ha un’importante motivazione, fondata sulla consapevolezza che quello che si fa per sé è destinato a finire, mentre quello che si fa per gli altri sopravvive alla morte. RR
[1] Tuttavia
da recenti statistiche è emerso che attualmente il numero in percentuale degli
islamici nel continente nero sarebbe in diminuzione in modo consistente,
almeno in percentuale, mentre è in aumento il numero dei cristiani.
[2] Nelle
piccole realtà locali nelle quali attecchisce il disagio sociale con
ingiustizie, tensioni, povertà e diseguaglianze, la propaganda
islamista fa facilmente proseliti. Le soluzioni vanno ricercate pertanto in
politiche che considerino il fenomeno nella sua complessità, e ne individuino
le cause al fine di contrastarle.
[3] Si
parla molto dei social media come strumento di reclutamento utilizzato dai
gruppi islamici soprattutto fondamentalisti, ma in Africa in molti Stati come
il Sudan il sistema scolastico con la complicità delle istituzioni ha svolto un
ruolo primario nel processo di islamizzazione.
[4] Questo
fenomeno può essere contrastato fornendo servizi e opportunità all’interno dei
confini nazionali.
[5] La
differenza fra islamizzazione dell’Africa e africanizzazione dell’Islam non è
solo terminologica. L’Islam in Africa è molto aggressivo e tendenzialmente più
violento di quello arabo. Quindi la versione africana dell’Islam più facilmente
degenera nel fondamentalismo.
[6] Attualmente
in Africa molti musulmani specialmente nelle aree rurali sono sunniti e nello
stesso tempo sono fedeli al culto dei propri antenati.
[7] Per
contrastare questo aspetto l’Associazione filantropica islamica Makassed di
Beirut, impegnata nella diffusione di valori educativi islamici e nazionali,
nel 2015 ha pubblicato la Dichiarazione di Beirut sulle libertà religiose,
confermando la tradizione libanese che promuove il rispetto della dignità
umana, al fine di salvare e proteggere la religione da coloro che tentano di
prenderla in ostaggio con false affermazioni. Il documento è stato valutato
positivamente dai circoli intellettuali libanesi cristiani. La Dichiarazione è
strumentale anche a contrastare l’islamofobia generata dall’intolleranza
fondamentalista.
[8] L’apostolato
cristiano preferisce articolarsi all’interno di una dimensione di amicizia e di
confidenza. Un atteggiamento che rivela un interesse reale per ogni persona e
si sviluppa normalmente nella conversazione personale tra due amici.
[9] La
Nigeria è divisa in un nord musulmano e un sud cristiano che controlla la
maggior parte delle risorse petrolifere. La Nigeria da dieci anni subisce
attentati e rapimenti drammatici perpetrati dal movimento islamico Boko Haram.
In questo modo il conflitto che avrebbe motivazioni economiche e tribali è
condizionato dal fondamentalismo islamico con grave pregiudizio per i
cristiani.