Considerazioni Introduttive
Un
eventuale progetto normativo che affronti le problematiche emergenti
dell'integrazione multietnica deve essere preceduto da un'analisi che consenta
di individuare gli obiettivi da perseguire e le relative strategie.
Probabilmente, da un punto di vista di tecnica legislativa, si deve
privilegiare una normativa generale, ovvero l'individuazione chiara dei
principi di diritto positivo a cui si devono informare le politiche, piuttosto
che un'enunciazione della tipizzazione degli interventi. Infatti un'indicazione
tassativa delle linee su cui operare potrebbe indurre a ritenere escluse le
fattispecie non previste. In proposito, l'attività normativa relativa
all'integrazione multiculturale è ancora impostata in termini emergenziali e di
esclusivo controllo dei flussi. In realtà il perdurare delle crisi politiche
soprattutto in Africa e in Medio Oriente induce a ritenere che la presenza
straniera sia destinata a consolidarsi e ad incrementarsi. Si evidenzia
pertanto la necessità che gli interventi legislativi e le politiche di governo
- sia a carattere nazionale che locale - abbiano natura strutturale. Si deve
uscire dalla filosofia dell'emergenza per intraprendere quella degli interventi
che incidano in maniera organica sul tessuto sociale e urbano.
I quartieri degli immigrati e le economie etniche
Un
punto di partenza è la considerazione, da parte dei cittadini, che gli spazi
urbani destinati alle comunità ad elevata presenza etnica siano da ritenere
mondi a parte; questa congettura di fatto crea barriere che impediscono
l’interagire degli immigrati con il resto della società, rendendo problematici
i percorsi di integrazione. I quartieri abitati da stranieri spesso sono caratterizzati
da situazioni di degrado fisico degli edifici, degli alloggi e dello spazio
pubblico. Il dibattito su questi temi deve essere sereno e oggettivo, non
contaminato dall'acredine e dall'aggressività che non di rado caratterizza
l'opinione pubblica, soprattutto quando si discute di legalità, di sicurezza e
dell'aspetto, apparentemente meno problematico, della concentrazione in città
della presenza commerciale degli extracomunitari. In realtà, con riferimento a
quest'ultima questione le così dette economie etniche sono una risorsa ed
un'opportunità: innanzitutto si deve tenere presente la disponibilità degli
immigrati a farsi carico di professioni non più svolte da italiani. Va poi
considerato che alcune attività professionali intraprese dagli stranieri sono
articolate con maggiore flessibilità entro i margini della legalità. Inoltre,
non raramente le iniziative commerciali degli stranieri hanno garantito la
vitalità di quartieri - soprattutto periferie - che stavano subendo un trend
negativo attraverso la chiusura dei piccoli esercizi. La presenza degli
immigrati tuttavia, anche quando incide sul tessuto urbano in termini positivi,
è spesso avvertita dalla popolazione locale come un elemento di criticità in
quanto determina un cambiamento della pregressa situazione ordinaria. La
presenza degli stranieri è vissuta con diffidenza e timore da anziani, mentre
le giovani generazioni si dimostrano per lo più disponibili all'integrazione
anche attraverso la frequentazione degli esercizi commerciali
'extracomunitari'. In proposito, potrebbe essere opportuno che le
amministrazioni locali favorissero un allineamento degli esercizi commerciali
stranieri ai parametri generali, soprattutto dal punto di vista
igienico-sanitario e fiscale.
Il possibile impiego dei contratti di quartiere
Per
quanto non sia auspicabile la creazione o il perdurare di aree nelle quali si
concentri la presenza degli stranieri, in quanto questo - come già detto -
favorisce l'instaurazione di barriere e non di rado costituisce il presupposto
per una ghettizzazione - peraltro queste zone spesso sono più accessibili
economicamente essendo periferiche e già degradate - lo strumento del
'Contratto di quartiere' può essere utile per intervenire e pianificare su
questi spazi opere di ristrutturazione. I 'Contratti di quartiere' furono
introdotti nel 1998 dal Ministero dei Lavori Pubblici con il fine di coniugare
la riqualificazione urbanistica con elementi di sviluppo economico locale,
ponendo particolare attenzione a figure penalizzate, come disoccupati, donne
sole, giovani in cerca di prima occupazione, e alle zone più degradate, spesso
oggetto di edilizia economica e popolare, nonché alle periferie nelle quali il
degrado è anche sociale ed economico oltre che ambientale. In questo ambito, ai
fini di una maggiore sicurezza, può essere incrementato l'uso della
videosorveglianza integrato dall'inserimento di queste aree nei piani di
controllo del territorio da parte delle Forze dell'Ordine. In ogni caso la
destinazione di interi quartieri alla presenza di specifiche comunità etniche
rappresenta una soluzione da superare nel quadro di una reale integrazione. È
auspicabile una 'normalizzazione' della presenza straniera all'interno del
tessuto urbano. Quindi, l'uso dello strumento dei 'Contratti di quartiere' può
servire temporaneamente a traghettare il sistema verso la soluzione finale del
superamento dei 'mondi a sé', ovvero delle aree urbane destinate esclusivamente
a specifiche comunità etniche. Su questo tipo di progettualità positiva è
necessario operare. La dimensione spaziale determina la visibilità urbana
dell’immigrazione. Nei quartieri caratterizzati dalla concentrazione etnica si
radica il pregiudizio della problematicità di questa concentrazione, e questa
percezione comune può condizionare l'intervento pubblico. Conseguentemente
possono essere stimolate politiche che favoriscono un mix economico sociale.
Tuttavia deve essere in concreto verificato se lo sradicamento degli immigrati
in altre zone del tessuto urbano al fine di stimolare una presenza normalizzata
non comporti per lo straniero un danno in quanto il quartiere a concentrazione
etnica può costituire un network nel quale può trovare un più facile
riferimento la risoluzione di problemi concreti. In altri termini ogni
soluzione va verificata in concreto. L'obiettivo non è un'astratta e asettica
teoria ma contemperare il welfare dei cittadini con quello degli stranieri.
Il sistema scolastico
Un
importante contributo, oltre che un investimento ai fini dell'integrazione, è
l'inserimento degli stranieri nelle classi scolastiche comuni, prevedendo
specifici strumenti destinati a facilitare la conoscenza dell'italiano, che
accelera di fatto il reale inserimento. La piena garanzia del diritto
all'istruzione dei minori, qualunque sia la loro provenienza nazionale, deve
tener presente le specifiche esigenze e le peculiarità educative che sono
diverse anche fra stranieri, in quanto i bisogni dei minori stranieri nati in
Italia sono diversi da quelli dei minori che provengono da un contesto
socio-linguistico differente. Il modello scolastico è il presupposto di nuove modalità
di convivenza.
…un possibile intervento normativo
Sulla
base di questi riscontri concreti può essere elaborata una bozza di intervento
normativo che preveda anche il coinvolgimento di enti privati e istituzioni per
iniziative che favoriscano un reale e concreto processo di integrazione,
finalizzato ad un generale welfare, che abbia come presupposto di partenza la
valutazione della presenza multietnica come una risorsa ed un'opportunità e non
un problema da risolvere. La conseguenza più concreta sarà che programmi e
provvedimenti delle autorità locali non avranno carattere 'inibitorio' per il
mantenimento o il ritorno a un presunto pregresso ordine sociale 'felice', ma
prendano atto di un'evoluzione in senso multietnico della società, che richiede
la creazione di un nuovo assetto. RR