Premessa
Il Diritto
Internazionale nella sua vigenza risente spesso del peso politico dei Paesi nei
confronti dei quali si invoca l’applicazione di norme o principi. In proposito,
è paradigmatica la diversa opinione dell’Amministrazione americana nei
confronti di due fattispecie dai caratteri a prima vista analoghi. Segnatamente
si tratta dell’annessione delle Alture del Golan da parte di Israele e
dell’acquisizione della Crimea da parte della Russia. Il Segretario di Stato
americano Mike Pompeo, sentito sulla questione nel corso di un’audizione di
fronte al Senato, ha affermato che, secondo (non meglio precisati) principi di
diritto internazionale, il riconoscimento della sovranità israeliana sulle
Alture del Golan[1]
non avrebbe nulla in comune con l'annessione della Crimea da parte della
Russia. Israele infatti avrebbe ottenuto le Alture del Golan legittimamente,
perché si sarebbe limitato a difendersi anche attraverso l’acquisizione del
territorio conquistato. Diversamente la Russia non avrebbe agito trovandosi in
una posizione difensiva: in un momento favorevole avrebbe deciso di strappare
illegittimamente un territorio ad uno Stato che non la minacciava. Le predette
affermazioni, peraltro non suffragate da nessun riferimento normativo, non
sembrano molto plausibili. In relazione a questi casi e a situazioni simili,
senza entrare nel merito delle specifiche questioni, ci si potrebbe chiedere se
il Diritto Internazionale da un punto di vista pratico esista realmente. O
meglio, non si ritiene di poter negare la vigenza di patti, di trattati, di
accordi, di convenzioni. Si vuole semplicemente affermare che spesso nella
pratica l’interpretazione dei dispositivi giuridici - che siano norme o
principi - è condizionata dal peso politico, strategico o militare dei suoi
destinatari. Sembra infatti che il criterio seguito sia quello di tutelare il
diritto affermato o millantato dallo Stato più forte.
L’annessione territoriale secondo il Diritto Internazionale
A proposito dei
casi della Crimea e delle Alture del Golan, si precisa quanto segue. Attraverso
l’annessione uno Stato ottiene un incremento del proprio territorio[2]. L’acquisizione
territoriale può consistere solo in un’area limitata o nell’intero territorio
di un altro Stato che di conseguenza cessa di esistere[3]. L’annessione può
realizzarsi:
1 A mediante
l’occupazione di un territorio che non appartiene a nessuno con l’intenzione
dell’occupante di estendervi la propria sovranità;
2 B attraverso
la conquista, ovvero utilizzando la forza militare;
3 C con
una convenzione internazionale; questo avviene quando una porzione del
territorio di uno Stato viene ceduta ad un altro Stato a titolo gratuito o a
titolo oneroso. Questa ipotesi spesso integra clausole di trattati che seguono
la fine di una guerra. Secondo alcuni - ma la questione è controversa[4] - nel caso di cessione
territoriale, il consenso della popolazione ceduta espresso mediante
consultazione ad hoc sarebbe condizione di validità dell’annessione[5].
Le Alture del Golan
Le Alture del
Golan sono un altopiano montuoso di particolare importanza strategica[6] che, appartenente alla
Siria dal 1923, fu occupato da Israele nel 1967 nelle fasi conclusive della
Guerra dei 6 giorni, diventando successivamente parte integrante dello Stato
ebraico[7]. 2 La maggior parte degli
abitanti siriani arabi fuggirono dalla zona durante il conflitto. Quasi
immediatamente Israele cominciò a colonizzare il Golan[8]. Nel 1973 la Siria con un
attacco a sorpresa cercò senza successo di riappropriarsi della regione. I due
Paesi posero fine alle ostilità firmando un armistizio nel 1974. Fallirono
successivamente numerosi tentativi di trovare una condivisa soluzione negoziale
della questione. Il territorio pertanto attualmente de iure appartiene alla
Siria, mentre de facto è occupato militarmente ed è amministrato da Israele,
che ha proceduto alla sua annessione unilaterale nel 1981, non riconosciuta
dalle Nazioni Unite. Di fatto la situazione si trova in una fase di pericoloso
stallo. Non ha cambiato molto la situazione l’iniziativa del presidente
statunitense Trump che nel marzo 2019 alla presenza del premier israeliano
Benyamin Netanyahu ha firmato alla Casa Bianca la dichiarazione con cui gli
Stati Uniti riconoscono la sovranità e il controllo di Israele sulle Alture del
Golan[9]. La Russia ha condannato
questa decisione affermando che l’iniziativa, oltre a costituire una flagrante
violazione del diritto internazionale, ostacola il processo di pace e peggiora
la situazione in Medio Oriente. Dal punto di vista del Diritto Internazionale
l’articolo 2 della Carta dell’Onu prevede che gli Stati Membri risolvano le
loro controversie internazionali con mezzi pacifici astenendosi dalla minaccia
o dall’uso della forza per insidiare l’integrità territoriale o l’indipendenza
politica di qualsiasi altro Stato. Tuttavia per contrastare un’azione ostile
l’occupato deve reagire da solo, come fece il Regno Unito quando l’Argentina
invase le isole Falkland. Durante la guerra del Golfo (1990 - 1991), dopo che
l’Iraq invase il Kuwait, molti Paesi arabi e occidentali offrirono
volontariamente le proprie forze militari per opporsi a tale conquista,
ottenendo peraltro il sostegno legale dell’Onu. Quando è una grande potenza a
invadere[10], l’Onu generalmente è
paralizzato dai veti del Consiglio di sicurezza, e la maggior parte degli altri
Paesi non si prende la responsabilità di intervenire. L’invasione, anche se non
ha copertura legale, di fatto non viene contrastata. Quando gli invasori non
sono grandi potenze[11], ugualmente le vittime di
fatto non hanno tutela salvo che qualche grande Paese intervenga, o la
popolazione locale reagisca con una guerriglia abbastanza forte da respingere
l’occupante.
a Crimea
La Crimea è la più
grande penisola che si affaccia sul Mar Nero; è collegata alla terraferma solo
dall'istmo di Perekop, che la unisce all'Ucraina, mentre è unita alla Russia
dal ponte di Crimea, situato sullo stretto di Kerc. Come si dirà più ampiamente
di seguito, secondo la comunità internazionale il territorio della Crimea
appartiene di diritto alla Repubblica di Ucraina, ma il controllo
amministrativo dal 2014 è esercitato de facto dalla Russia, che l'ha annesso. In
proposito nel febbraio 2014 il Parlamento della Crimea, dopo alcune
manifestazioni popolari e importanti cambiamenti politici, decise di indire un
referendum che aveva come oggetto un aumento dell’autonomia dal governo
centrale. La legittimità dell’iniziativa fu subito contestata dal Parlamento
ucraino. Il Parlamento della Crimea, anziché recedere, decise di confermare la
consultazione modificandone l’oggetto: non più una maggiore autonomia ma
l’adesione alla Federazione Russa. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu,
convocato su richiesta dell’Ucraina, dichiarò l’illegittimità dell’iniziativa:
la relativa risoluzione[12] non fu approvata a causa
del veto della Russia. Nella consultazione gli elettori si espressero per
l’unificazione della Crimea con la Russia[13]. 3 A seguito dell’esito
plebiscitario il Consiglio Superiore della Repubblica autonoma di Crimea
proclamò l’indipendenza e formalizzò la richiesta alla Russia di annettere la
Crimea come una nuova repubblica della Federazione. Dopo tale istanza il presidente
russo Putin adottò un decreto con il quale si riconosceva la Crimea come Stato
sovrano. Successivamente presentò al Consiglio della Federazione russa una
legge di riforma costituzionale che prevedeva la creazione di due nuove
soggettività all'interno dello Stato russo, ovvero la Repubblica di Crimea e la
città di Sebastopoli; la normativa conteneva inoltre una bozza di trattato
internazionale che sanciva il passaggio della Crimea all’interno della
Federazione russa. Il Parlamento russo approvò le proposte del presidente,
mentre l´Unione Europea e altri attori internazionali (fra i quali l’Osce)
decisero di adottare sanzioni economiche contro la Russia. Il Consiglio
dell’Unione Europea, in particolare, rilevò l’illegittimità del referendum sia
perché organizzato in violazione della Costituzione Ucraina, sia perché si era
svolto in condizioni tali da non permettere il libero esercizio del diritto di
voto[14]. I tentativi di trovare
una soluzione negoziata nella crisi finora non hanno portato ad alcun risultato.
Gli strumenti del diritto internazionale stanno palesando pienamente incertezza
e concreta inefficacia. L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno deciso di
ricorrere all’adozione di misure sanzionatorie per cercare di indurre la Russia
a recedere dal proprio comportamento. Si deve inoltre considerare
l’impossibilità pratica di ottenere una pronuncia del Consiglio di Sicurezza
dell’Onu a causa del probabile veto della Russia. L’intera vicenda potrebbe
essere portata all’attenzione dell’Assemblea Generale dell’Onu che potrebbe
adottare una Risoluzione di condanna o chiedere un parere giuridico alla Corte
Internazionale di Giustizia; si tratterebbe in ambedue i casi di soluzioni
dotate di scarsa effettività. Nel frattempo il fronte degli Stati che applicano
le sanzioni nei confronti della Russia è sempre meno compatto e determinato.
Resta sullo sfondo la controversa individuazione dei presupposti e dei limiti
del diritto di un popolo di autodeterminarsi. Il principio di
autodeterminazione è pacificamente ritenuto dalla dottrina una forma di
espressione della libertà di scelta di un popolo del regime politico, economico
e sociale, ma non può disconoscersi come il suddetto diritto vada contemperato
con le esigenze di tutela dell’integrità territoriale dello Stato[15]. L’autodeterminazione può
essere invocata nelle ipotesi in cui un gruppo di identità infrastatuale non
abbia accesso a forme di rappresentanza o sia escluso da processi decisionali.
Si può legittimamente reclamare l’autodeterminazione in presenza di gravi
violazioni dei diritti dell’uomo. Va tuttavia sempre considerato che la tutela
dell’integrità territoriale di uno Stato è un elemento di stabilità della
comunità internazionale, che tende pertanto a limitare l’appoggio di queste
istanze[16].
Conclusioni. L’insostenibile leggerezza del Diritto Internazionale
I due casi
mostrano i limiti del Diritto Internazionale nella sua pratica applicazione.
Un’ulteriore fattispecie concreta che conferma questa constatazione è l’accordo
sul programma nucleare iraniano. L’accordo fu siglato con l’Iran (ma anche con
l’Onu, la Ue e la Russia) dal presidente degli Usa Barack Obama nel 2015.
Successivamente un altro presidente americano, Donald Trump, ha dichiarato
nullo l’accordo, mentre la Ue e le Nazioni Unite continuino a ritenerlo valido.
Il Diritto Internazionale, che è il sistema di norme e principi che hanno il
fine di regolare i rapporti fra Stati con lo scopo di impedire che prevalga
sempre chi dispone di maggiore forza militare, strategica o politica, esiste,
ma nella sua applicazione risente di troppe varianti perché possa essere
realmente considerato garanzia di pace e di giustizia.
[1] Le Alture del
Golan - che prima dell’annessione appartenevano alla Siria - sono state
conquistate da Israele nel 1967 durante la ‘guerra dei 6 giorni’.
[2] L’annessione non
modifica la personalità dello Stato annettente.
[3] Più precisamente
solo il primo caso si definisce annessione; nel secondo caso si parla di
incorporazione (questo è avvenuto, ad esempio, nel 1990 con l'estensione della
sovranità della Repubblica Federale Tedesca sul territorio che era stato della
Repubblica Democratica).
[4] La teoria sarebbe
errata da un punto di vista giuridico in quanto, se il titolare della sovranità
è lo Stato e non il popolo, la volontà dello Stato, espressa nella convenzione,
non può essere vanificata da quella della popolazione ‘ceduta’. Da un punto di
vista politico si è rilevato che i plebisciti non riflettono pienamente le
aspirazioni dei popoli; possono inoltre fomentare tendenze separatiste.
[5] Generalmente specifiche
norme disciplinano la condizione giuridica degli abitanti del territorio
annesso (ad esempio il cambiamento di cittadinanza).
[6] Le altezze
consentono a Israele un eccellente punto di osservazione per monitorare i
movimenti siriani. La topografia fornisce un cuscinetto naturale per
fronteggiare più efficacemente eventuali iniziative militari dalla Siria.
[7] Le Alture del
Golan hanno un’estensione di circa 1.800 km² e un'altitudine massima di 2.814
metri (Monte Hermon). Sono un territorio fertile di origine vulcanica e sono
ricche di falde acquifere.
[8] Ci sono più di 30
insediamenti ebraici sulle alture, con una stima di 20.000 coloni. Ci sono
circa 20.000 siriani nella zona, la maggior parte dei quali membri della setta
dei drusi.
[9] L’iniziativa di
Trump probabilmente era semplicemente finalizzata a fornire al leader
israeliano un ‘aiuto’ in vista delle consultazioni elettorali israeliane.
[10] Questo avvenne
nel caso della Cina in Tibet (1950), dell’Unione Sovietica in Afghanistan
(1979), degli Stati Uniti a Grenada (1983), a Panama (1989) o in Iraq (2003).
[11] Come nel caso
della presa di Timor da parte dell’Indonesia, o dell’annessione (fallita) del
Sahara Occidentale da parte del Marocco, entrambe avvenute nel 1975.
[12] La risoluzione
ebbe 13 voti favorevoli e un’astensione (la Cina).
[13] Il Referendum si
tenne il 16 marzo e, secondo le fonti ufficiali della Repubblica Autonoma di
Crimea, parteciparono 1.274.096 elettori (circa l’83,1% degli aventi diritto) e
l’opzione riguardante la riunificazione con la Russia avrebbe ottenuto circa il
97% dei voti validi espressi.
[14] “… strongly
condemns the holding of an illegal referendum in Crimea on joining the Russian
Federation on 16 March, in clear breach of the Ukrainian Constitution. The EU
does not recognize the illegal “referendum” and its outcome. It also takes note
of the draft opinion of the Venice Commission on this “referendum”. It was held
in the visible presence of armed soldiers under conditions of intimidation of
civic activists and journalists, blacking out of Ukrainian television channels
and obstruction of civilian traffic in and out of Crimea” (Council Conclusions
on Ukraine, Foreign Affairs Council meeting - Brussels, 17 March 2014).
[15] Si richiama in
proposito un passo della Dichiarazione dell’Assemblea Generale delle Nazioni
Unite del 14 dicembre 1960 n. 1514, relativa alla concessione dell’indipendenza
ai popoli e ai Paesi colonizzati: “[…] All peoples have the right to self-determination;
by virtue of that right they freely determine their political status and freely
pursue their economic, social and cultural development […] All armed action or
repressive measures of all kinds directed against dependent peoples shall cease
[…] Any attempt aimed at the partial or total disruption of the national unity
and the territorial integrity of a country is incompatible with the purposes
and principles of the Charter of the United Nations […] All States shall
respect for the sovereign rights of all peoples and their territorial integrity”.
[16] Queste ipotesi
normalmente hanno come esito una remedial secession, ovvero l’extrema ratio
della secessione della minoranza penalizzata.