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PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

lunedì 28 settembre 2020

ALTURE DEL GOLAN E CRIMEA: LA CRISI DEL DIRITTO INTERNAZIONALE (20.6.2019)

Premessa

Il Diritto Internazionale nella sua vigenza risente spesso del peso politico dei Paesi nei confronti dei quali si invoca l’applicazione di norme o principi. In proposito, è paradigmatica la diversa opinione dell’Amministrazione americana nei confronti di due fattispecie dai caratteri a prima vista analoghi. Segnatamente si tratta dell’annessione delle Alture del Golan da parte di Israele e dell’acquisizione della Crimea da parte della Russia. Il Segretario di Stato americano Mike Pompeo, sentito sulla questione nel corso di un’audizione di fronte al Senato, ha affermato che, secondo (non meglio precisati) principi di diritto internazionale, il riconoscimento della sovranità israeliana sulle Alture del Golan[1] non avrebbe nulla in comune con l'annessione della Crimea da parte della Russia. Israele infatti avrebbe ottenuto le Alture del Golan legittimamente, perché si sarebbe limitato a difendersi anche attraverso l’acquisizione del territorio conquistato. Diversamente la Russia non avrebbe agito trovandosi in una posizione difensiva: in un momento favorevole avrebbe deciso di strappare illegittimamente un territorio ad uno Stato che non la minacciava. Le predette affermazioni, peraltro non suffragate da nessun riferimento normativo, non sembrano molto plausibili. In relazione a questi casi e a situazioni simili, senza entrare nel merito delle specifiche questioni, ci si potrebbe chiedere se il Diritto Internazionale da un punto di vista pratico esista realmente. O meglio, non si ritiene di poter negare la vigenza di patti, di trattati, di accordi, di convenzioni. Si vuole semplicemente affermare che spesso nella pratica l’interpretazione dei dispositivi giuridici - che siano norme o principi - è condizionata dal peso politico, strategico o militare dei suoi destinatari. Sembra infatti che il criterio seguito sia quello di tutelare il diritto affermato o millantato dallo Stato più forte.

 L’annessione territoriale secondo il Diritto Internazionale

A proposito dei casi della Crimea e delle Alture del Golan, si precisa quanto segue. Attraverso l’annessione uno Stato ottiene un incremento del proprio territorio[2]. L’acquisizione territoriale può consistere solo in un’area limitata o nell’intero territorio di un altro Stato che di conseguenza cessa di esistere[3]. L’annessione può realizzarsi:

1     A mediante l’occupazione di un territorio che non appartiene a nessuno con l’intenzione dell’occupante di estendervi la propria sovranità;

2      B attraverso la conquista, ovvero utilizzando la forza militare;

3     C con una convenzione internazionale; questo avviene quando una porzione del territorio di uno Stato viene ceduta ad un altro Stato a titolo gratuito o a titolo oneroso. Questa ipotesi spesso integra clausole di trattati che seguono la fine di una guerra. Secondo alcuni - ma la questione è controversa[4] - nel caso di cessione territoriale, il consenso della popolazione ceduta espresso mediante consultazione ad hoc sarebbe condizione di validità dell’annessione[5].

 Le Alture del Golan

Le Alture del Golan sono un altopiano montuoso di particolare importanza strategica[6] che, appartenente alla Siria dal 1923, fu occupato da Israele nel 1967 nelle fasi conclusive della Guerra dei 6 giorni, diventando successivamente parte integrante dello Stato ebraico[7]. 2 La maggior parte degli abitanti siriani arabi fuggirono dalla zona durante il conflitto. Quasi immediatamente Israele cominciò a colonizzare il Golan[8]. Nel 1973 la Siria con un attacco a sorpresa cercò senza successo di riappropriarsi della regione. I due Paesi posero fine alle ostilità firmando un armistizio nel 1974. Fallirono successivamente numerosi tentativi di trovare una condivisa soluzione negoziale della questione. Il territorio pertanto attualmente de iure appartiene alla Siria, mentre de facto è occupato militarmente ed è amministrato da Israele, che ha proceduto alla sua annessione unilaterale nel 1981, non riconosciuta dalle Nazioni Unite. Di fatto la situazione si trova in una fase di pericoloso stallo. Non ha cambiato molto la situazione l’iniziativa del presidente statunitense Trump che nel marzo 2019 alla presenza del premier israeliano Benyamin Netanyahu ha firmato alla Casa Bianca la dichiarazione con cui gli Stati Uniti riconoscono la sovranità e il controllo di Israele sulle Alture del Golan[9]. La Russia ha condannato questa decisione affermando che l’iniziativa, oltre a costituire una flagrante violazione del diritto internazionale, ostacola il processo di pace e peggiora la situazione in Medio Oriente. Dal punto di vista del Diritto Internazionale l’articolo 2 della Carta dell’Onu prevede che gli Stati Membri risolvano le loro controversie internazionali con mezzi pacifici astenendosi dalla minaccia o dall’uso della forza per insidiare l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi altro Stato. Tuttavia per contrastare un’azione ostile l’occupato deve reagire da solo, come fece il Regno Unito quando l’Argentina invase le isole Falkland. Durante la guerra del Golfo (1990 - 1991), dopo che l’Iraq invase il Kuwait, molti Paesi arabi e occidentali offrirono volontariamente le proprie forze militari per opporsi a tale conquista, ottenendo peraltro il sostegno legale dell’Onu. Quando è una grande potenza a invadere[10], l’Onu generalmente è paralizzato dai veti del Consiglio di sicurezza, e la maggior parte degli altri Paesi non si prende la responsabilità di intervenire. L’invasione, anche se non ha copertura legale, di fatto non viene contrastata. Quando gli invasori non sono grandi potenze[11], ugualmente le vittime di fatto non hanno tutela salvo che qualche grande Paese intervenga, o la popolazione locale reagisca con una guerriglia abbastanza forte da respingere l’occupante.

 a Crimea

La Crimea è la più grande penisola che si affaccia sul Mar Nero; è collegata alla terraferma solo dall'istmo di Perekop, che la unisce all'Ucraina, mentre è unita alla Russia dal ponte di Crimea, situato sullo stretto di Kerc. Come si dirà più ampiamente di seguito, secondo la comunità internazionale il territorio della Crimea appartiene di diritto alla Repubblica di Ucraina, ma il controllo amministrativo dal 2014 è esercitato de facto dalla Russia, che l'ha annesso. In proposito nel febbraio 2014 il Parlamento della Crimea, dopo alcune manifestazioni popolari e importanti cambiamenti politici, decise di indire un referendum che aveva come oggetto un aumento dell’autonomia dal governo centrale. La legittimità dell’iniziativa fu subito contestata dal Parlamento ucraino. Il Parlamento della Crimea, anziché recedere, decise di confermare la consultazione modificandone l’oggetto: non più una maggiore autonomia ma l’adesione alla Federazione Russa. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, convocato su richiesta dell’Ucraina, dichiarò l’illegittimità dell’iniziativa: la relativa risoluzione[12] non fu approvata a causa del veto della Russia. Nella consultazione gli elettori si espressero per l’unificazione della Crimea con la Russia[13]. 3 A seguito dell’esito plebiscitario il Consiglio Superiore della Repubblica autonoma di Crimea proclamò l’indipendenza e formalizzò la richiesta alla Russia di annettere la Crimea come una nuova repubblica della Federazione. Dopo tale istanza il presidente russo Putin adottò un decreto con il quale si riconosceva la Crimea come Stato sovrano. Successivamente presentò al Consiglio della Federazione russa una legge di riforma costituzionale che prevedeva la creazione di due nuove soggettività all'interno dello Stato russo, ovvero la Repubblica di Crimea e la città di Sebastopoli; la normativa conteneva inoltre una bozza di trattato internazionale che sanciva il passaggio della Crimea all’interno della Federazione russa. Il Parlamento russo approvò le proposte del presidente, mentre l´Unione Europea e altri attori internazionali (fra i quali l’Osce) decisero di adottare sanzioni economiche contro la Russia. Il Consiglio dell’Unione Europea, in particolare, rilevò l’illegittimità del referendum sia perché organizzato in violazione della Costituzione Ucraina, sia perché si era svolto in condizioni tali da non permettere il libero esercizio del diritto di voto[14]. I tentativi di trovare una soluzione negoziata nella crisi finora non hanno portato ad alcun risultato. Gli strumenti del diritto internazionale stanno palesando pienamente incertezza e concreta inefficacia. L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno deciso di ricorrere all’adozione di misure sanzionatorie per cercare di indurre la Russia a recedere dal proprio comportamento. Si deve inoltre considerare l’impossibilità pratica di ottenere una pronuncia del Consiglio di Sicurezza dell’Onu a causa del probabile veto della Russia. L’intera vicenda potrebbe essere portata all’attenzione dell’Assemblea Generale dell’Onu che potrebbe adottare una Risoluzione di condanna o chiedere un parere giuridico alla Corte Internazionale di Giustizia; si tratterebbe in ambedue i casi di soluzioni dotate di scarsa effettività. Nel frattempo il fronte degli Stati che applicano le sanzioni nei confronti della Russia è sempre meno compatto e determinato. Resta sullo sfondo la controversa individuazione dei presupposti e dei limiti del diritto di un popolo di autodeterminarsi. Il principio di autodeterminazione è pacificamente ritenuto dalla dottrina una forma di espressione della libertà di scelta di un popolo del regime politico, economico e sociale, ma non può disconoscersi come il suddetto diritto vada contemperato con le esigenze di tutela dell’integrità territoriale dello Stato[15]. L’autodeterminazione può essere invocata nelle ipotesi in cui un gruppo di identità infrastatuale non abbia accesso a forme di rappresentanza o sia escluso da processi decisionali. Si può legittimamente reclamare l’autodeterminazione in presenza di gravi violazioni dei diritti dell’uomo. Va tuttavia sempre considerato che la tutela dell’integrità territoriale di uno Stato è un elemento di stabilità della comunità internazionale, che tende pertanto a limitare l’appoggio di queste istanze[16].

 Conclusioni. L’insostenibile leggerezza del Diritto Internazionale

I due casi mostrano i limiti del Diritto Internazionale nella sua pratica applicazione. Un’ulteriore fattispecie concreta che conferma questa constatazione è l’accordo sul programma nucleare iraniano. L’accordo fu siglato con l’Iran (ma anche con l’Onu, la Ue e la Russia) dal presidente degli Usa Barack Obama nel 2015. Successivamente un altro presidente americano, Donald Trump, ha dichiarato nullo l’accordo, mentre la Ue e le Nazioni Unite continuino a ritenerlo valido. Il Diritto Internazionale, che è il sistema di norme e principi che hanno il fine di regolare i rapporti fra Stati con lo scopo di impedire che prevalga sempre chi dispone di maggiore forza militare, strategica o politica, esiste, ma nella sua applicazione risente di troppe varianti perché possa essere realmente considerato garanzia di pace e di giustizia.



[1] Le Alture del Golan - che prima dell’annessione appartenevano alla Siria - sono state conquistate da Israele nel 1967 durante la ‘guerra dei 6 giorni’.

[2] L’annessione non modifica la personalità dello Stato annettente.

[3] Più precisamente solo il primo caso si definisce annessione; nel secondo caso si parla di incorporazione (questo è avvenuto, ad esempio, nel 1990 con l'estensione della sovranità della Repubblica Federale Tedesca sul territorio che era stato della Repubblica Democratica).

[4] La teoria sarebbe errata da un punto di vista giuridico in quanto, se il titolare della sovranità è lo Stato e non il popolo, la volontà dello Stato, espressa nella convenzione, non può essere vanificata da quella della popolazione ‘ceduta’. Da un punto di vista politico si è rilevato che i plebisciti non riflettono pienamente le aspirazioni dei popoli; possono inoltre fomentare tendenze separatiste.

[5] Generalmente specifiche norme disciplinano la condizione giuridica degli abitanti del territorio annesso (ad esempio il cambiamento di cittadinanza).

[6] Le altezze consentono a Israele un eccellente punto di osservazione per monitorare i movimenti siriani. La topografia fornisce un cuscinetto naturale per fronteggiare più efficacemente eventuali iniziative militari dalla Siria.

[7] Le Alture del Golan hanno un’estensione di circa 1.800 km² e un'altitudine massima di 2.814 metri (Monte Hermon). Sono un territorio fertile di origine vulcanica e sono ricche di falde acquifere.

[8] Ci sono più di 30 insediamenti ebraici sulle alture, con una stima di 20.000 coloni. Ci sono circa 20.000 siriani nella zona, la maggior parte dei quali membri della setta dei drusi.

[9] L’iniziativa di Trump probabilmente era semplicemente finalizzata a fornire al leader israeliano un ‘aiuto’ in vista delle consultazioni elettorali israeliane.

[10] Questo avvenne nel caso della Cina in Tibet (1950), dell’Unione Sovietica in Afghanistan (1979), degli Stati Uniti a Grenada (1983), a Panama (1989) o in Iraq (2003).

[11] Come nel caso della presa di Timor da parte dell’Indonesia, o dell’annessione (fallita) del Sahara Occidentale da parte del Marocco, entrambe avvenute nel 1975.

[12] La risoluzione ebbe 13 voti favorevoli e un’astensione (la Cina).

[13] Il Referendum si tenne il 16 marzo e, secondo le fonti ufficiali della Repubblica Autonoma di Crimea, parteciparono 1.274.096 elettori (circa l’83,1% degli aventi diritto) e l’opzione riguardante la riunificazione con la Russia avrebbe ottenuto circa il 97% dei voti validi espressi.

[14] “… strongly condemns the holding of an illegal referendum in Crimea on joining the Russian Federation on 16 March, in clear breach of the Ukrainian Constitution. The EU does not recognize the illegal “referendum” and its outcome. It also takes note of the draft opinion of the Venice Commission on this “referendum”. It was held in the visible presence of armed soldiers under conditions of intimidation of civic activists and journalists, blacking out of Ukrainian television channels and obstruction of civilian traffic in and out of Crimea” (Council Conclusions on Ukraine, Foreign Affairs Council meeting - Brussels, 17 March 2014).

[15] Si richiama in proposito un passo della Dichiarazione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 14 dicembre 1960 n. 1514, relativa alla concessione dell’indipendenza ai popoli e ai Paesi colonizzati: “[…] All peoples have the right to self-determination; by virtue of that right they freely determine their political status and freely pursue their economic, social and cultural development […] All armed action or repressive measures of all kinds directed against dependent peoples shall cease […] Any attempt aimed at the partial or total disruption of the national unity and the territorial integrity of a country is incompatible with the purposes and principles of the Charter of the United Nations […] All States shall respect for the sovereign rights of all peoples and their territorial integrity”.

[16] Queste ipotesi normalmente hanno come esito una remedial secession, ovvero l’extrema ratio della secessione della minoranza penalizzata.