Nel
mondo di oggi non bastano più carri armati o portaerei per esercitare il
potere. La vera battaglia si combatte ogni giorno sugli schermi di smartphone e
computer: è la guerra dell’informazione. Non si tratta di un conflitto visibile, ma di una sfida continua fatta di
notizie, immagini, video e post che mirano a orientare l’opinione pubblica. Il
vero potere è ormai detenuto da chi controlla i flussi di informazione, decide
quali notizie diffondere e quali nascondere, e influenza così ciò che pensiamo,
come interpretiamo gli eventi e perfino come votiamo. Questa è la geopolitica
dell'informazione: il nuovo fronte di competizione globale, dove Stati, aziende
e attori digitali si contendono il controllo della narrazione. Un tempo
dominava chi controllava i mari o le rotte commerciali. Oggi il dominio passa
da chi gestisce dati, algoritmi e piattaforme. I social network – Facebook,
TikTok, X (l'ex Twitter), YouTube – sono le nuove trincee, e i contenuti sono
le munizioni. In questo nuovo panorama le fake news non sono più semplici bugie
occasionali, ma strumenti raffinati di guerra. Servono a destabilizzare
società, interferire nei processi democratici, diffondere paura. Ma la vera
minaccia spesso non è ciò che viene detto bensì ciò che non ci viene mostrato.
Gli algoritmi invisibili, infatti, scelgono per noi cosa vedere e cosa no. Con
il loro funzionamento finiscono per premiare le notizie più divisive, emozionali
e a effetto, chiudendo le persone in bolle informative da cui è difficile
uscire. Chi vive in queste bolle rischia di non confrontarsi mai con idee
diverse dalle proprie: una manipolazione silenziosa ma potentissima. Questa
battaglia dell'informazione è oggi centrale in ogni conflitto. L'invasione
russa dell'Ucraina lo dimostra chiaramente. Accanto alla guerra sul campo si è
combattuta una vera guerra mediatica. Mosca ha diffuso la sua versione degli
eventi parlando di denazificazione e difesa delle popolazioni russofone. Kyiv e
l'Occidente hanno risposto denunciando un'aggressione illegale. Il presidente
Zelensky grazie a un uso strategico dei social media è diventato il simbolo
della resistenza ucraina, riconosciuto a livello mondiale. La stessa dinamica
si osserva attorno a Taiwan, dove la Cina diffonde l’idea che l'unificazione
sia inevitabile, usando media ufficiali, disinformazione mirata e pressione
diplomatica. Allo stesso tempo Pechino costruisce un'immagine internazionale
rassicurante, celando repressioni interne e minacce. Il conflitto
israelo-palestinese non fa eccezione. Dopo il 7 ottobre 2023 le piattaforme
digitali sono diventate il principale campo di battaglia per il consenso
globale. Immagini, video e testimonianze circolano senza sosta, rendendo
difficile distinguere cronaca da propaganda. E non sono solo i regimi
autoritari a usare queste strategie. Anche in democrazie consolidate come gli
Stati Uniti, la geopolitica dell'informazione ha assunto una dimensione
interna. La società americana è oggi divisa tra media conservatori e
progressisti, mentre interferenze straniere – come quelle russe nel 2016 –
continuano a minare la fiducia nel sistema democratico. Controllare la
narrazione significa influenzare l'opinione pubblica, legittimare decisioni
politiche e militari, consolidare alleanze e screditare avversari. In un mondo
dove l'informazione determina la percezione della realtà, chi racconta gli
eventi spesso decide chi vince. Ma questo pone una domanda cruciale: come
difendere la libertà di parola senza lasciare campo libero alla
disinformazione? La libertà di espressione è un valore fondamentale delle
democrazie. Tuttavia, può diventare un’arma a doppio taglio: se da un lato
garantisce il pluralismo, dall’altro può essere sfruttata per diffondere odio,
sfiducia e instabilità. Censurare i contenuti problematici sembra una soluzione
rapida, ma rischia di compromettere i principi di libertà. Anche nelle
democrazie più avanzate la linea tra moderazione e repressione è sottile. La
vera difesa non passa dalla chiusura dei canali informativi, bensì
dall'educazione. Formare cittadini critici e consapevoli è il miglior antidoto
contro la manipolazione. Serve insegnare a leggere il mondo digitale, a
riconoscere le fonti attendibili, a non cadere vittime della propaganda. E poi
c’è il ruolo delle piattaforme digitali, oggi paragonabili a vere superpotenze.
Aziende come Meta, Google o TikTok decidono cosa viene visto e cosa no, senza
controlli democratici. È indispensabile un nuovo patto globale tra Stati e Big
Tech, che fissi regole chiare: tutelare la trasparenza e il pluralismo,
impedendo gli abusi, ma senza ostacolare l’innovazione. A rendere tutto più
complesso è l’avvento dell’intelligenza artificiale generativa. I cosiddetti deepfake
– video e immagini realistici, ma completamente falsi – si diffondono a
velocità impressionante. Le IA sono oggi in grado di produrre in pochi secondi
contenuti persuasivi e notizie sintetiche, in grado di manipolare l’opinione
pubblica e distruggere reputazioni. Di fronte a questa ondata di informazioni
artificiali, giornalisti e cittadini rischiano di non riuscire più a
distinguere il vero dal falso. Il risultato? Un disordine informativo sempre
più profondo. La confusione sistemica e la perdita di fiducia nelle notizie
minano alla base la convivenza democratica. In questo scenario la geopolitica
dell’informazione è forse il potere più sottovalutato e al tempo stesso più
pervasivo del nostro tempo. In conclusione, le guerre si combattono ancora sui
campi di battaglia, ma sono le narrazioni – quelle che si costruiscono sui
media e sui social – a decidere chi vince davvero: chi domina la memoria
collettiva, l'immaginario e l'identità delle società. In un mondo dove
l’informazione viaggia più veloce della nostra capacità di comprenderla, la
vera domanda non è solo cosa è successo, ma chi ce lo sta raccontando, con
quali parole, con quale scopo e per quale interesse. Roberto Rapaccini
Grammatica del mondo islamico, Medio Oriente, dialogo interreligioso, interetnico e multiculturale, questioni di geopolitica, immigrazione.
PAESI DELLA LEGA ARABA

TESTO SC.
venerdì 22 agosto 2025
LA NUOVA GUERRA INVISIBILE: LA GEOPOLITICA DELL'INFORMAZIONE
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