RASSEGNA STAMPA S.

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PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

domenica 1 giugno 2025

LA VENDETTA DI NETANYAHU CONTRO HAMAS. AL CONFINE DELA BARBARIE C’È IL GENOCIDIO



Nel corso dell’offensiva militare di Israele sulla Striscia di Gaza, esplosa con nuova intensità nell’ottobre 2023 e tuttora in corso, si sono verificate azioni di estrema gravità. Secondo fonti internazionali decine di migliaia di civili palestinesi hanno perso la vita, interi quartieri sono stati rasi al suolo, ospedali distrutti o resi inaccessibili e la popolazione è stata privata di acqua, cibo, elettricità e cure mediche. A prescindere da quale sarà la qualificazione giuridica di queste condotte, è evidente che esse rappresentano una grave violazione del diritto internazionale umanitario, in particolare delle Convenzioni di Ginevra, che tutelano i civili in tempo di guerra. Colpire infrastrutture civili, ostacolare gli aiuti umanitari, attuare assedi che provocano fame e sofferenza collettiva sono atti inaccettabili, indipendentemente dall’inquadramento delle fattispecie nel diritto internazionale. Il genocidio secondo l’art. 2 della Convenzione ONU del 1948 si configura quando atti violenti sono commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. Nel gennaio 2024 il Sudafrica ha presentato un ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia, accusando Israele di genocidio nei confronti del popolo palestinese. La Corte, pur non avendo ancora deciso nel merito, ha riconosciuto che esistono elementi plausibili per ritenere che Israele possa aver commesso atti genocidari, e ha disposto misure preventive provvisorie. Tra gli elementi sotto osservazione figurano l’altissimo numero di civili uccisi, la distruzione sistematica di infrastrutture vitali, l’uso della fame come arma di guerra, e alcune dichiarazioni pubbliche di funzionari israeliani che lascerebbero intendere intenti distruttivi nei confronti dei palestinesi. Stabilire giuridicamente che si tratti di genocidio non è solo una questione terminologica, ma comporta implicazioni di rilievo. Sul piano legale, gli Stati parte della Convenzione sul genocidio hanno l’obbligo di prevenire, punire e non tollerare tale crimine, e ciò potrebbe legittimare azioni politiche e giuridiche anche molto incisive nei confronti di Israele. Sul piano internazionale, una condanna per genocidio ridefinirebbe radicalmente i rapporti tra Israele e altri Stati, mettendo in discussione alleanze, forniture militari e accordi. Sul piano storico e simbolico il termine genocidio identifica un crimine assoluto, che grava sulla memoria collettiva. Qualificarlo implica un’assunzione di responsabilità collettiva e impone un cambiamento di paradigma nella gestione del conflitto israelo-palestinese. Anche qualora non si riconoscesse la sussistenza del genocidio, la condotta di Israele potrebbe comunque configurare crimini di enorme gravità. In particolare, gli attacchi sproporzionati e deliberati a ospedali e scuole, l’uso della fame come metodo di guerra e la distruzione di infrastrutture civili possono costituire crimini di guerra, ai sensi dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale. Se si dimostrasse che tali azioni sono parte di un attacco sistematico e su vasta scala contro una popolazione civile, si configurerebbero crimini contro l’umanità. Tali violazioni comportano la responsabilità penale individuale per i leader militari e politici coinvolti, e la responsabilità internazionale dello Stato. La situazione a Gaza rappresenta uno snodo fondamentale per il diritto internazionale. La guerra in corso non è solo una catastrofe umanitaria, ma anche una sfida al sistema di norme costruito dopo la Seconda Guerra Mondiale per limitare gli orrori dei conflitti armati e proteggere la dignità umana. L’attribuzione di responsabilità per genocidio o per altri crimini internazionali richiede un processo rigoroso, basato su prove, e non su emozioni o prese di posizione politiche. Questo processo non può essere eluso o rinviato indefinitamente, pena la perdita di credibilità delle istituzioni giuridiche internazionali. È inoltre essenziale che la giustizia internazionale non sia selettiva: se Israele dovrà rispondere delle proprie azioni, lo stesso dovrà valere per altri attori coinvolti in crimini nel conflitto, comprese le milizie palestinesi che hanno preso di mira civili israeliani. La giustizia, per essere davvero tale, deve essere equa e indipendente. Oggi il mondo guarda a Gaza con orrore. Ma oltre all’indignazione, servono strumenti concreti per l’accertamento della verità, l’assunzione di responsabilità giuridica e, soprattutto, per impedire che crimini.