Nel corso
dell’offensiva militare di Israele sulla Striscia di Gaza, esplosa con nuova
intensità nell’ottobre 2023 e tuttora in corso, si sono verificate azioni di estrema
gravità. Secondo fonti internazionali decine di migliaia di civili palestinesi
hanno perso la vita, interi quartieri sono stati rasi al suolo, ospedali
distrutti o resi inaccessibili e la popolazione è stata privata di acqua, cibo,
elettricità e cure mediche. A prescindere da quale sarà la qualificazione
giuridica di queste condotte, è evidente che esse rappresentano una grave
violazione del diritto internazionale umanitario, in particolare delle
Convenzioni di Ginevra, che tutelano i civili in tempo di guerra. Colpire
infrastrutture civili, ostacolare gli aiuti umanitari, attuare assedi che
provocano fame e sofferenza collettiva sono atti inaccettabili,
indipendentemente dall’inquadramento delle fattispecie nel diritto
internazionale. Il genocidio secondo l’art. 2 della Convenzione ONU del 1948 si
configura quando atti violenti sono commessi con l’intento di distruggere, in
tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. Nel
gennaio 2024 il Sudafrica ha presentato un ricorso alla Corte Internazionale di
Giustizia, accusando Israele di genocidio nei confronti del popolo palestinese.
La Corte, pur non avendo ancora deciso nel merito, ha riconosciuto che esistono
elementi plausibili per ritenere che Israele possa aver commesso atti genocidari,
e ha disposto misure preventive provvisorie. Tra gli elementi sotto
osservazione figurano l’altissimo numero di civili uccisi, la distruzione
sistematica di infrastrutture vitali, l’uso della fame come arma di guerra, e
alcune dichiarazioni pubbliche di funzionari israeliani che lascerebbero
intendere intenti distruttivi nei confronti dei palestinesi. Stabilire
giuridicamente che si tratti di genocidio non è solo una questione
terminologica, ma comporta implicazioni di rilievo. Sul piano legale, gli Stati
parte della Convenzione sul genocidio hanno l’obbligo di prevenire, punire e
non tollerare tale crimine, e ciò potrebbe legittimare azioni politiche e
giuridiche anche molto incisive nei confronti di Israele. Sul piano
internazionale, una condanna per genocidio ridefinirebbe radicalmente i
rapporti tra Israele e altri Stati, mettendo in discussione alleanze, forniture
militari e accordi. Sul piano storico e simbolico il termine genocidio
identifica un crimine assoluto, che grava sulla memoria collettiva.
Qualificarlo implica un’assunzione di responsabilità collettiva e impone un
cambiamento di paradigma nella gestione del conflitto israelo-palestinese.
Anche qualora non si riconoscesse la sussistenza del genocidio, la condotta di
Israele potrebbe comunque configurare crimini di enorme gravità. In
particolare, gli attacchi sproporzionati e deliberati a ospedali e scuole,
l’uso della fame come metodo di guerra e la distruzione di infrastrutture
civili possono costituire crimini di guerra, ai sensi dello Statuto di Roma
della Corte Penale Internazionale. Se si dimostrasse che tali azioni sono parte
di un attacco sistematico e su vasta scala contro una popolazione civile, si
configurerebbero crimini contro l’umanità. Tali violazioni comportano la responsabilità
penale individuale per i leader militari e politici coinvolti, e la
responsabilità internazionale dello Stato. La situazione a Gaza rappresenta uno
snodo fondamentale per il diritto internazionale. La guerra in corso non è solo
una catastrofe umanitaria, ma anche una sfida al sistema di norme costruito
dopo la Seconda Guerra Mondiale per limitare gli orrori dei conflitti armati e
proteggere la dignità umana. L’attribuzione di responsabilità per genocidio o
per altri crimini internazionali richiede un processo rigoroso, basato su
prove, e non su emozioni o prese di posizione politiche. Questo processo non
può essere eluso o rinviato indefinitamente, pena la perdita di credibilità
delle istituzioni giuridiche internazionali. È inoltre essenziale che la
giustizia internazionale non sia selettiva: se Israele dovrà rispondere delle
proprie azioni, lo stesso dovrà valere per altri attori coinvolti in crimini
nel conflitto, comprese le milizie palestinesi che hanno preso di mira civili
israeliani. La giustizia, per essere davvero tale, deve essere equa e
indipendente. Oggi il mondo guarda a Gaza con orrore. Ma oltre
all’indignazione, servono strumenti concreti per l’accertamento della verità,
l’assunzione di responsabilità giuridica e, soprattutto, per impedire che
crimini.
Grammatica del mondo islamico, Medio Oriente, dialogo interreligioso, interetnico e multiculturale, questioni di geopolitica, immigrazione.
PAESI DELLA LEGA ARABA

TESTO SC.
domenica 1 giugno 2025
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