L’8 maggio 2025 la
Loggia centrale della Basilica di San Pietro si è trasformata nel palcoscenico
di una svolta storica e spirituale: oltre 150.000 fedeli hanno assistito al
primo appuntamento pubblico di Papa Leone XIV, eletto dopo la morte di Papa
Francesco. Nell’occasione il Pontefice ha pronunciato una frase destinata a
entrare nel lessico del magistero pontificio: pace disarmata e disarmante. Una
formula potente, teologicamente densa, che sta marcando con chiarezza il tratto
programmatico del nuovo pontificato sin dall’inizio: la centralità della pace
non come semplice aspirazione ma come fondamento operativo e visione profetica.
Più precisamente, nel suo primo discorso Leone XIV ha ripetuto più volte la
parola pace, descrivendola con quattro aggettivi: disarmata, disarmante, umile
e perseverante. Ma sono state soprattutto le prime due qualità a catturare
l’attenzione. Secondo molti cronisti è stato il passaggio chiave
dell’intervento, capace di racchiudere l’identità stessa della sua missione
spirituale. Con pace disarmata il Papa ha evocato la pace evangelica del Cristo
Risorto, che non impone, non minaccia, non si difende con la forza ma si offre
nella fragilità dell’amore. È una pace che rifiuta la logica delle armi, perché
scaturisce da un Dio che ha scelto la via della croce, non della spada. Con
pace disarmante, invece, il Papa ha aggiunto una sfumatura complementare:
auspica una pace che non solo rifiuti le armi, ma che abbia anche il potere di
togliere le armi agli altri. Una pace che spiazza, sorprende, scuote le
coscienze e rompe il ciclo della violenza. È il paradosso della nonviolenza
cristiana: appare debole ma trasforma, sembra cedere ma conquista. Il
riferimento esplicito al Cristo Risorto non è casuale. La pace che annuncia
Leone XIV nasce dal Vangelo e si alimenta di fede: è la stessa pace che Gesù
porta ai discepoli impauriti, dicendo “Pace a voi” (Gv 20,19), senza mai
ricorrere alla forza. Il nuovo Papa, erede spirituale di Francesco, rilancia
così l’idea che la pace cristiana è per sua natura nonviolenta, fondata sul
dono e sulla mitezza. È una pace che nasce dal cuore disarmato e si propone
come stile di vita personale e sociale. Il legame tra disarmo interiore e
disarmo bellico è costante nella tradizione cattolica contemporanea. Da Paolo
VI a Giovanni Paolo II, da Benedetto XVI a Francesco, i papi hanno insistito
sul fatto che la pace non può fondarsi sulla paura e sulla deterrenza armata.
L’accumulo di armi non garantisce la
pace, ma la minaccia. Giovanni XXIII, con Pacem in Terris, parlava di fiducia
reciproca come fondamento della pace. Paolo VI all’ONU ammonì dicendo che non
si può amare con armi in pugno. Giovanni Paolo II definiva la guerra una
sconfitta per l’umanità. Papa Francesco nel suo ultimo messaggio pasquale
affermava che le armi della pace sono la giustizia, la solidarietà, l’aiuto ai
deboli. Leone XIV, con la sua espressione pace disarmata e disarmante,
riassume, raccoglie e rilancia tutto questo. Si tratta di un invito a spezzare
la logica della paura e della violenza. Nella situazione attuale molti
equilibri di pace sono basati sulla deterrenza armata, ossia sul timore
reciproco di conseguenze distruttive. La pace armata è instabile, è strutturata
sulla paura dell’attacco altrui e sul possesso di armi sempre più potenti. In
un mondo segnato da conflitti, dalla guerra in Ucraina al dramma del Medio
Oriente, dalle tensioni in Africa alla corsa globale al riarmo, la proposta di
Leone XIV assume un significato provocatorio, perché significa andare
controcorrente rispetto all’idea, ancora dominante, che la sicurezza si ottenga
mediante il rafforzamento militare. Il Papa, senza proporre soluzioni tecniche,
indica però un principio guida: la pace autentica si costruisce sulla fiducia,
non sul sospetto; sulla giustizia, non sull’equilibrio del terrore. È un
appello a rivedere le priorità politiche e strategiche, a investire nel
dialogo, nello sviluppo, nella giustizia sociale, invece che nelle armi. È
anche una denuncia implicita contro l’industria bellica, che Papa Francesco definiva
una fabbrica di morte e che Leone XIV sembra voler contrastare sin dai primi
passi del suo pontificato, suggerendo, in linea con la dottrina sociale della
Chiesa, che una pace reale non può essere costruita sull’armamento e la
minaccia, perché questo alimenta diffidenze e tensioni: un ordine mondiale
fondato sulle armi è insufficiente e illusorio. Il Presidente del Consiglio
Europeo António Costa, interpellato proprio sul messaggio del nuovo Papa, ha
affermato che in un mondo ideale non avremmo bisogno di armi, perché non
avremmo minacce, ma purtroppo, nella vita reale, le minacce ci sono. Costa ha
definito quello di Leone XIV un messaggio morale, evidenziandone tuttavia una
deriva utopistica in quanto gli armamenti sono necessari per difendersi da aggressori
o da potenziali nemici. Quindi, la pace senza mezzi di difesa sarebbe
un’illusione. Questa affermazione riflette una apparente contraddizione: da un
lato si auspica l’ideale di disarmo totale, dall’altro sottolinea la necessità
di difendere i popoli aggrediti. Il Papa, con pace disarmata, lancia una
provocazione profetica alla politica: non accontentiamoci di una pace fondata
sulla paura cioè sull’equilibrio del terrore, ma lavoriamo per una pace fondata
sulla fiducia reciproca e sul disarmo progressivo. In altri termini la logica
del ‘si vis pacem, para bellum’ (se vuoi la pace prepara la guerra), deve
essere sostituita con ‘si vis pacem, para pacem’, ovvero prepara la pace
costruendo la pace, attraverso il dialogo, la cooperazione, la giustizia sociale.
È un invito ai leader a non cedere alla logica della paura, e ad usare le
risorse a disposizione per aiutare i bisognosi, combattere la fame e favorire
iniziative che promuovano lo sviluppo. Sono queste le armi della pace:
costruiscono il futuro, non seminano morte. La pace disarmata è anche una
vocazione quotidiana: disarmare sé stessi dal rancore, dall’odio,
dall’aggressività verbale e relazionale. Oltre ai leader il Papa parla a ogni
individuo, chiedendo un cambiamento spirituale e culturale che coinvolga tutti:
famiglie, scuole, comunità, media. Non è solo questione di geopolitica, ma di
coscienza. Questo disarmo del cuore è il primo passo per rendere possibile
anche il disarmo concreto. In questa ottica la pace cristiana non è passività,
ma impegno attivo per costruire rapporti riconcilianti, ambienti di ascolto,
spazi di incontro. È uno stile di vita che rifiuta la logica del nemico e
abbraccia quella del fratello. Con “La pace sia con tutti voi” Papa Leone XIV
ha dichiarato il cuore del suo mandato: essere servo della pace. Non una pace
generica o diplomatica, ma una pace radicata nel Vangelo, disarmata nelle
intenzioni e disarmante negli effetti. Una pace che inquieta, che scuote, che
invita a un futuro possibile, anche se difficile. Il cammino è lungo e pieno di
ostacoli. Il mondo continua ad armarsi, e molti giudicano utopico pensare a una
pace senza difese militari. Ma la Chiesa non smette di indicare una direzione
diversa. ‘Mai più la guerra!’ resta il grido profetico che attraversa i decenni
e oggi trova nuova forza nella voce di Leone XIV. In conclusione, una pace
disarmata e disarmante non è un’illusione, ma una sfida morale e spirituale. È
la proposta di un mondo nuovo, che metta l’uomo al centro, non le armi. È la
pace di chi crede che un’umanità diversa sia possibile, e che, passo dopo
passo, possa essere costruita. Il messaggio di Papa Leone XIV non è solo per i
grandi della Terra, ma è un appello che interpella ciascuno di noi: disarmare
il cuore per disarmare il mondo.
Roberto Rapaccini