Il 14 maggio 2025 un
incontro storico ha segnato una svolta inattesa nella politica estera degli
Stati Uniti: il presidente Donald Trump ha incontrato a Riad, in Arabia
Saudita, il presidente siriano Ahmed al-Sharaa, figura emergente e controversa
della Siria post-Assad. Si tratta del primo faccia a faccia tra i leader dei
due Paesi in un quarto di secolo. Durante il vertice Trump ha annunciato di
promuovere la revoca immediata di tutte le sanzioni statunitensi contro la
Siria. Al centro dell’incontro anche la possibilità di includere la Siria negli
Accordi di Abramo, ossia nel percorso di normalizzazione delle relazioni con
Israele. Ahmed al-Sharaa non è un politico tradizionale. Conosciuto in passato
come Abu Mohammed al-Jolani, fu comandante di Hayat Tahrir al-Sham (HTS),
gruppo jihadista nato da una costola di al-Qaeda. Dopo la caduta del regime di
Bashar al-Assad nel 2024 al-Sharaa è riuscito ad accreditarsi come il nuovo
leader della Siria, approfittando del vuoto di potere e della stanchezza della
popolazione dopo oltre un decennio di guerra civile. Negli ultimi mesi ha
intrapreso una campagna di legittimazione internazionale, adottando un profilo
più istituzionale e lanciando segnali di apertura verso i Paesi del Golfo, la
Turchia e persino gli Stati Uniti. Resta un leader divisivo: per alcuni è un personaggio
pragmatico che può riportare ordine in Siria; per altri è solo un ex fondamentalista
che ha cambiato abito ma non ideologia. La decisione di Trump di riabilitare la
Siria si inserisce in una strategia più ampia di ridisegno dell’architettura
mediorientale, iniziata già durante il suo primo mandato con gli Accordi di
Abramo, che hanno portato Emirati Arabi, Bahrein, Marocco e Sudan a stabilire
relazioni ufficiali con Israele. Trump ha definito al-Sharaa un giovane leader
forte, affermando che la Siria merita una possibilità di rinascita: revocare le
sanzioni è un passo necessario per premiare il cambiamento e favorire la
ricostruzione del Paese. Sebbene non sia stata ancora formalizzata una
normalizzazione tra Siria e Israele, fonti vicine alla Casa Bianca parlano di
trattative riservate in corso. La mossa di Trump ha suscitato reazioni
contrastanti. Israele ha accolto la notizia con freddezza e preoccupazione,
temendo che la legittimazione di al-Sharaa possa rivelarsi un boomerang. Il suo
passato militante – legato, come accennato, a gruppi fondamentalisti jihadisti
- rappresenta ancora un ostacolo per la fiducia. Arabia Saudita e Turchia
sembrano invece ben disposte a includere la Siria in un nuovo ordine regionale,
anche per arginare l’influenza iraniana. L’Unione Europea, pur cauta, vede
nella revoca delle sanzioni una possibile leva per spingere Damasco verso
riforme strutturali e una transizione più stabile. La revoca delle sanzioni
apre alla Siria la possibilità di tornare nella Lega Araba, attrarre
investimenti stranieri e riattivare rapporti commerciali. La ricostruzione
infrastrutturale e urbana, stimata in oltre 300 miliardi di dollari, potrebbe
ricevere nuovo slancio. Se la Siria si avvicinerà realmente ad Israele, ciò
costituirebbe un terremoto geopolitico. Non solo perché storicamente i due
Paesi sono formalmente in guerra, ma anche perché la Siria è stata — per
decenni — una pedina dell’asse sciita guidato dall’Iran. Un riavvicinamento a
Washington segnerebbe un clamoroso disallineamento da Teheran e da Hezbollah.
Tuttavia, la legittimazione rapida di al-Sharaa solleva interrogativi etici:
può un ex leader jihadista essere trasformato in interlocutore politico senza
una vera transizione democratica, senza giustizia per i crimini del passato e
senza garanzie per le minoranze interne? Il gesto di Trump è audace, ma
rischioso. Il presidente scommette sulla realpolitik come motore del
cambiamento: se un leader è utile alla stabilità, allora va integrato, a
prescindere dal suo passato. È una visione pragmatica che può portare a
successi a breve termine — come la riduzione delle tensioni regionali e il
rilancio economico siriano — ma che potrebbe rivelarsi miope se non
accompagnata da un vero processo di riforma interna. In fondo, il rischio più
grande è quello di costruire una pace apparente, basata su interessi immediati
e non su riconciliazioni reali. La Siria, per molti anni epicentro del
conflitto mediorientale, può davvero diventare oggi un laboratorio di pace? O
assisteremo all’ennesima illusione diplomatica? Le prossime mosse di Damasco, e
le reazioni delle potenze regionali, daranno risposta a questa domanda
cruciale. RR
Grammatica del mondo islamico, Medio Oriente, dialogo interreligioso, interetnico e multiculturale, questioni di geopolitica, immigrazione.
PAESI DELLA LEGA ARABA

TESTO SC.
sabato 17 maggio 2025
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