Gerusalemme torna ad
essere teatro di tensioni, ma questa volta le armi sono le fiamme. Negli ultimi
giorni vasti incendi hanno devastato le aree boschive circostanti la città,
spingendo il governo israeliano a dichiarare lo stato di emergenza nazionale.
Mentre le autorità indagano sull’origine dei roghi, l’intervento di Hamas ha
rapidamente politicizzato la crisi ambientale, trasformandola in un potenziale
nuovo fronte di scontro. Le fiamme sono divampate sulle colline che circondano
Gerusalemme ovest, alimentate da forti venti, alte temperature e una stagione
secca prolungata. Circa 2.900 acri di terreno sono stati ridotti in cenere
minacciando infrastrutture, villaggi e persino luoghi simbolici come lo Yad
Vashem, il museo della memoria dell’Olocausto. Oltre 7.000 persone sono state
evacuate e l’autostrada 1, che collega Gerusalemme a Tel Aviv, è stata
temporaneamente chiusa. Almeno 13 persone sono rimaste ferite, tra cui due
donne incinte e due neonati, principalmente per inalazione di fumo. Il governo
israeliano ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale e ha chiesto
assistenza internazionale. L’Italia, la Croazia, la Grecia, Cipro e la Bulgaria
hanno risposto inviando mezzi antincendio e aerei specializzati. In campo oltre
155 squadre di vigili del fuoco. In un contesto già teso per via della guerra
in corso nella Striscia di Gaza e delle proteste in Cisgiordania, Hamas ha
colto l’occasione per inserirsi nella narrazione degli incendi. Tramite i suoi
canali Telegram il movimento ha esortato i palestinesi a bruciare tutto il
possibile: boschi, foreste, case dei coloni. L’invito ha trasformato la
devastazione ambientale in un atto di guerriglia e resistenza politica. Secondo
fonti israeliane almeno un sospettato è già stato arrestato con l’accusa di incendio
doloso: nella sua disponibilità sono stati trovati fazzoletti imbevuti e un
accendino, probabili strumenti per appiccare il fuoco. Le autorità israeliane
parlano apertamente di terrorismo ecologico, definizione che sta emergendo nei
più recenti dibattiti di sicurezza nazionale e internazionale. Intifada delle
fiamme? Diversi analisti ipotizzano che l'incitamento di Hamas possa
rappresentare l'inizio di una nuova strategia di destabilizzazione: un’Intifada
degli incendi. In questa visione il fuoco diventa una nuova arma asimmetrica,
impiegata per colpire l’ambiente, il morale dei cittadini israeliani e
l'immagine internazionale del Paese. Il rogo in questo senso non rappresenta
solo un danno fisico: diventa un messaggio politico, un atto simbolico, uno strumento
di pressione. È un modo per Hamas di dimostrare di poter agire anche lontano
dai campi di battaglia tradizionali. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha
dichiarato che le fiamme rappresentano una minaccia concreta per Gerusalemme e
ha annunciato una risposta coordinata, forte e determinata. Le celebrazioni per
il Giorno della Memoria (Yom HaShoah) e per l'Indipendenza (Yom HaAtzmaut) sono
state cancellate o ridimensionate per concentrare risorse sull’emergenza. Le
autorità hanno inoltre vietato l’accesso a parchi nazionali e foreste, nel
timore di ulteriori incendi. La polizia e lo Shin Bet, il servizio di sicurezza
interna israeliano, stanno monitorando le comunicazioni e intensificando i
controlli nelle aree sensibili, soprattutto nella Cisgiordania. Sul piano
diplomatico le reazioni sono contrastanti. L’Unione Europea ha condannato
l’incitamento alla violenza da parte di Hamas, ma ha anche invitato Israele a
moderazione e proporzionalità. Gli Stati Uniti, invece, hanno espresso pieno
sostegno a Israele, denunciando l’uso cinico della natura come arma di guerra
da parte dell’organizzazione palestinese. Anche le Nazioni Unite seguono da
vicino gli sviluppi e hanno chiesto una de-escalation per evitare un
allargamento del conflitto. In sintesi, Gerusalemme è da sempre al centro di
tensioni politiche, religiose e militari. A questi elementi si aggiunge una
crisi ecologica di dimensioni gravi. L’utilizzo del fuoco come arma nel cuore
simbolico del conflitto israelo-palestinese ha aperto scenari drammaticamente
nuovi. Mentre le squadre antincendio continuano a combattere contro il tempo e
le fiamme, la società israeliana si interroga se siamo di fronte a una nuova
forma di guerra, una battaglia dove l’ambiente, anziché essere vittima
collaterale, diventa obiettivo deliberato. In una regione segnata da fanatismo,
polarizzazione e violenza, il fuoco rischia di diventare l'ennesimo simbolo di
una pace che si allontana sempre di più.
Grammatica del mondo islamico, Medio Oriente, dialogo interreligioso, interetnico e multiculturale, questioni di geopolitica, immigrazione.
PAESI DELLA LEGA ARABA

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