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• Il Passato sarà un buon rifugio, ma il Futuro è l'unico posto dove possiamo andare. (Renzo Piano) •

PAESI DELLA LEGA ARABA

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La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

giovedì 8 maggio 2025

GERUSALEMME E' IN FIAMME. HAMAS INCITA E VEDE UN NUOVO POTENZIALE FRONTE DI SCONTRO

Gerusalemme torna ad essere teatro di tensioni, ma questa volta le armi sono le fiamme. Negli ultimi giorni vasti incendi hanno devastato le aree boschive circostanti la città, spingendo il governo israeliano a dichiarare lo stato di emergenza nazionale. Mentre le autorità indagano sull’origine dei roghi, l’intervento di Hamas ha rapidamente politicizzato la crisi ambientale, trasformandola in un potenziale nuovo fronte di scontro. Le fiamme sono divampate sulle colline che circondano Gerusalemme ovest, alimentate da forti venti, alte temperature e una stagione secca prolungata. Circa 2.900 acri di terreno sono stati ridotti in cenere minacciando infrastrutture, villaggi e persino luoghi simbolici come lo Yad Vashem, il museo della memoria dell’Olocausto. Oltre 7.000 persone sono state evacuate e l’autostrada 1, che collega Gerusalemme a Tel Aviv, è stata temporaneamente chiusa. Almeno 13 persone sono rimaste ferite, tra cui due donne incinte e due neonati, principalmente per inalazione di fumo. Il governo israeliano ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale e ha chiesto assistenza internazionale. L’Italia, la Croazia, la Grecia, Cipro e la Bulgaria hanno risposto inviando mezzi antincendio e aerei specializzati. In campo oltre 155 squadre di vigili del fuoco. In un contesto già teso per via della guerra in corso nella Striscia di Gaza e delle proteste in Cisgiordania, Hamas ha colto l’occasione per inserirsi nella narrazione degli incendi. Tramite i suoi canali Telegram il movimento ha esortato i palestinesi a bruciare tutto il possibile: boschi, foreste, case dei coloni. L’invito ha trasformato la devastazione ambientale in un atto di guerriglia e resistenza politica. Secondo fonti israeliane almeno un sospettato è già stato arrestato con l’accusa di incendio doloso: nella sua disponibilità sono stati trovati fazzoletti imbevuti e un accendino, probabili strumenti per appiccare il fuoco. Le autorità israeliane parlano apertamente di terrorismo ecologico, definizione che sta emergendo nei più recenti dibattiti di sicurezza nazionale e internazionale. Intifada delle fiamme? Diversi analisti ipotizzano che l'incitamento di Hamas possa rappresentare l'inizio di una nuova strategia di destabilizzazione: un’Intifada degli incendi. In questa visione il fuoco diventa una nuova arma asimmetrica, impiegata per colpire l’ambiente, il morale dei cittadini israeliani e l'immagine internazionale del Paese. Il rogo in questo senso non rappresenta solo un danno fisico: diventa un messaggio politico, un atto simbolico, uno strumento di pressione. È un modo per Hamas di dimostrare di poter agire anche lontano dai campi di battaglia tradizionali. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che le fiamme rappresentano una minaccia concreta per Gerusalemme e ha annunciato una risposta coordinata, forte e determinata. Le celebrazioni per il Giorno della Memoria (Yom HaShoah) e per l'Indipendenza (Yom HaAtzmaut) sono state cancellate o ridimensionate per concentrare risorse sull’emergenza. Le autorità hanno inoltre vietato l’accesso a parchi nazionali e foreste, nel timore di ulteriori incendi. La polizia e lo Shin Bet, il servizio di sicurezza interna israeliano, stanno monitorando le comunicazioni e intensificando i controlli nelle aree sensibili, soprattutto nella Cisgiordania. Sul piano diplomatico le reazioni sono contrastanti. L’Unione Europea ha condannato l’incitamento alla violenza da parte di Hamas, ma ha anche invitato Israele a moderazione e proporzionalità. Gli Stati Uniti, invece, hanno espresso pieno sostegno a Israele, denunciando l’uso cinico della natura come arma di guerra da parte dell’organizzazione palestinese. Anche le Nazioni Unite seguono da vicino gli sviluppi e hanno chiesto una de-escalation per evitare un allargamento del conflitto. In sintesi, Gerusalemme è da sempre al centro di tensioni politiche, religiose e militari. A questi elementi si aggiunge una crisi ecologica di dimensioni gravi. L’utilizzo del fuoco come arma nel cuore simbolico del conflitto israelo-palestinese ha aperto scenari drammaticamente nuovi. Mentre le squadre antincendio continuano a combattere contro il tempo e le fiamme, la società israeliana si interroga se siamo di fronte a una nuova forma di guerra, una battaglia dove l’ambiente, anziché essere vittima collaterale, diventa obiettivo deliberato. In una regione segnata da fanatismo, polarizzazione e violenza, il fuoco rischia di diventare l'ennesimo simbolo di una pace che si allontana sempre di più.