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PAESI DELLA LEGA ARABA

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La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

martedì 28 gennaio 2025

ZONA DI INTERESSE, NEL FILM L'AMBIGUITA' FRA CONOSCENZA NEGATA E ACCETTATA




In occasione della Giornata della Memoria, che ricorreva ieri 27 gennaio, ho rivisto il film "La Zona d'Interesse". Questo film esplora il quotidiano della famiglia del comandante del campo di concentramento di Auschwitz, Rudolf Höss. Mentre la vita borghese del nucleo familiare si svolge in una villa elegante, il confine del campo di sterminio, con tutto il suo orrore, è appena al di là del muro del giardino. La storia si sviluppa senza mostrare le atrocità del campo, ma il loro costante eco rende la contrapposizione tra la normalità e il terrore molto disturbante. Il regista non narra la Shoah in maniera spettacolarizzata, ma costruisce un’atmosfera inquietante attraverso l’uso dei dettagli visivi e sonori. Il film, infatti, ha un approccio minimalista. Le immagini sono freddamente curate, spogliate di sentimentalismo. Le riprese statiche e composte con precisione pongono l'accento sulla routine della famiglia Höss, mostrando il contrasto agghiacciante tra la tranquillità domestica e l’orrore inimmaginabile che avviene a pochi passi di distanza. Senza una colonna sonora tradizionale, il film usa rumori ambientali - come il fischio dei treni, urla e spari lontani, il crepitio del forno crematorio – per costruire una tensione costante. Lo spettatore si trova immerso in un’esperienza che evoca un senso di paura latente, senza mai rendere esplicito l’orrore. Il tema principale del film è l’idea della normalità del male. Il concetto di normalità del male è strettamente legato all'idea della banalità del male, introdotta dalla filosofa H. Arendt, che descrive come gli orrori più indicibili possano essere perpetrati non da mostri straordinari, ma da persone ordinarie che agiscono all'interno di sistemi disumanizzanti con una spaventosa normalità. In altri termini il male non è necessariamente il risultato di azioni crudeli o intenzionalmente sadiche, ma può derivare dalla capacità umana di adattarsi a qualsiasi situazione, anche la più mostruosa. I coniugi Höss incarnano questo principio in modo devastante. Vivono una vita apparentemente ordinaria e agiata, non solo ignorando ma partecipando attivamente al sistema di sterminio. La coppia cura il giardino e si occupa di crescere i figli, tutto mentre al di là del muro si consuma uno dei peggiori crimini della storia. Lo spettatore si confronta con l'orrore non attraverso immagini esplicite, ma tramite il vuoto morale dell’indifferenza e della disumanizzazione. Il comportamento della moglie del carnefice nazista oscilla fra l’arroganza e l'autoindulgenza di una donna che si sente al sicuro e privilegiata mentre prospera sul dolore altrui. "La Zona d’Interesse" è un film complesso e disturbante che sfida il pubblico a riflettere sul male. L’opera rappresenta un contributo significativo al cinema sull’Olocausto, grazie alla sua capacità di spingere lo spettatore a riflettere non solo sulla storia, ma anche sulla natura umana. La zona d’interesse era un termine tecnico usato dai nazisti per indicare l'area pertinente ai campi di concentramento – nello specifico Auschwitz – che comprendeva non solo il campo stesso, ma anche i territori circostanti destinati alle infrastrutture di supporto al sistema di sterminio (fabbriche, caserme, abitazioni dei funzionari, ecc.). Nel film, la zona d’interesse diventa una metafora potente per il contrasto tra l'orrore e la normalità. La villa della famiglia Höss, situata accanto al campo, rappresenta questo concetto: un luogo apparentemente sicuro, lussuoso e tranquillo che convive con l’orrore di Auschwitz. I due mondi sono separati solo da un muro fisico, ma la vera separazione è quella morale e psicologica, incarnata dall'indifferenza e dalla disumanizzazione dei protagonisti. La vita privata e familiare dei funzionari nazisti era perfettamente integrata nel sistema di sterminio. Per i protagonisti del film la zona d’interesse è il loro microcosmo domestico, dove ignorano deliberatamente ciò che accade oltre il muro. C’è un’ironia macabra nel titolo: ciò che i nazisti consideravano una "zona d’interesse" dal punto di vista pratico e logistico diventa uno specchio delle dissonanze cognitive e della depravazione morale di chi viveva a contatto con gli orrori senza esserne mai realmente toccato. In questo senso il titolo non descrive solo un luogo fisico, ma diventa una critica all’indifferenza, alla complicità e alla normalizzazione del male. Ripensando al film, mi sono chiesto se il popolo tedesco durante il nazismo era consapevole dello sterminio degli ebrei. La risposta degli storici non è univoca: varia in base a diversi fattori, come il periodo storico, la posizione geografica, il livello di coinvolgimento personale o professionale nelle istituzioni naziste, e il tipo di informazione disponibile. Alcuni settori della popolazione tedesca avevano una conoscenza diretta dello sterminio. Coloro che lavoravano nelle SS, nella Gestapo o in altre istituzioni naziste, come le ferrovie, erano pienamente consapevoli delle deportazioni e delle uccisioni; inoltre, chi viveva vicino a campi di concentramento o di sterminio spesso notava i trasporti ferroviari, il fumo dei crematori, o sentiva voci riguardanti le atrocità. La maggioranza della popolazione, invece, non era direttamente esposta a tali evidenze ma poteva avere una consapevolezza indiretta: le leggi di Norimberga e la propaganda antisemita erano visibili a tutti, così come le violenze; gli arresti e le sparizioni di vicini e conoscenti ebrei erano osservabili in molte comunità, sebbene spesso spiegati dal regime come deportazioni o ricollocamenti. La macchina propagandistica del regime nazista, guidata da J. Goebbels, cercò di nascondere la realtà dello sterminio di massa attraverso un controllo capillare dell'informazione e una retorica che minimizzava o giustificava le azioni contro gli ebrei. Termini come trattamento speciale venivano usati per mascherare le uccisioni. Tuttavia, alcune notizie trapelavano: rumors sugli eccidi nei territori occupati dell'Est circolavano attraverso soldati che tornavano dal fronte; radio straniere, come la BBC, trasmettevano notizie sul genocidio, ma ascoltarle era proibito e punibile. Anche tra chi aveva una certa consapevolezza, vi era spesso un fenomeno di negazione collettiva o rimozione psicologica. Alcuni tedeschi non volevano sapere o facevano finta di non sapere, sia per paura di rappresaglie sia per conformismo. L'enorme portata dello sterminio poteva essere difficile da immaginare per chi viveva lontano dai luoghi delle atrocità. In concreto gli storici distinguono tre diversi livelli di conoscenza: 1. Conoscenza generale - La popolazione sapeva delle persecuzioni, delle deportazioni e delle discriminazioni sistematiche che erano visibili; non sapeva dei dettagli. 2. Conoscenza specifica - Molti sapevano dei dettagli dei campi di sterminio come Auschwitz o Treblinka. 3. Conoscenza negata o tacitamente accettata. Questo livello si riferisce a chi sospettava la verità senza approfondirla: alcuni tedeschi avevano intuizioni o informazioni parziali sugli stermini ma sceglievano di non approfondire per paura, per conformismo o per disinteresse. Questo terzo livello riflette il complesso rapporto tra consapevolezza, omissione e complicità che ha caratterizzato una parte della società tedesca durante il nazismo. In sintesi, mentre alcuni settori della popolazione tedesca erano pienamente consapevoli, la maggioranza era probabilmente a conoscenza di elementi delle persecuzioni e delle deportazioni, ma non necessariamente della scala e della sistematicità dello sterminio. Queste ambiguità sono ancora oggetto di riflessione storica e morale. RR