Trent’anni
fa, nel novembre del 1989, cadeva il Muro di Berlino: tutti conoscono le
implicazioni storiche e geopolitiche dell’evento. L’ordine mondiale era
strutturato sulla contrapposizione ideologica e militare fra Usa e Urss: i due
Paesi avevano la leadership rispettivamente del blocco dei Paesi occidentali e
di quello sovietico. La pace si fondava su un precario equilibrio,
caratterizzato da una condizione permanente di ostilità reciproche. Con la
caduta del Muro di Berlino e con la conseguente dissoluzione dell’Unione
Sovietica è venuta meno questa bipartizione e gli Usa di fatto sono diventati
l'unica potenza egemone. Il processo di globalizzazione, determinato dalla
tecnologia e dai flussi migratori, offrendo maggiori possibilità di conoscenza,
avrebbe dovuto conferire, alle diverse culture etniche, componenti ibride in
grado di mediare le differenze strutturali ed organiche. Al contrario l’epoca
della globalizzazione, oltre a generare inaspettate nuove marginalizzazioni, è
tuttora caratterizzata da una perversa polarizzazione, che divide l’umanità
attraverso profondi solchi ideologici. Questa radicalizzazione crea insanabili
contrapposizioni, che impediscono una dialettica e un libero confronto che
sarebbero altresì necessari per costruire concertate soluzioni su cui fondare
un futuro di progresso. Come premessa per la creazione di una società realmente
interculturale, dopo la demolizione fisica del Muro di Berlino, si impone
pertanto l’abbattimento di un altro steccato, quello delle frontiere
ideologiche. Roberto Rapaccini