La
pubblicazione in questi giorni del Rapporto Annuale sul Terrorismo nel Mondo
da parte del Dipartimento di Stato americano contiene un dato
apparentemente banale: la brutalità dello Stato islamico pone il gruppo
jihadista davanti ad al Qaeda come leader del terrorismo globale. Questa
affermazione offre lo spunto per alcune riflessioni sulle strategie dei gruppi
violenti eversivi. L'iniziativa criminale dei movimenti di matrice islamica,
che spesso ha carattere suicida, consiste in una potente deflagrazione che
avviene generalmente in mezzo alla popolazione causando in maniera
indiscriminata molte morti innocenti. Questa modalità non è casuale. queste
iniziative, che generano un rischio al quale sono esposti tutti gli
appartenenti alla comunità civile in maniera indifferenziata, creano un sentimento
generale di insicurezza e paura. Diversamente si è rilevato che molti movimenti
terroristici di ispirazione non islamica pianificano atti criminali in modo da
colpire solo obiettivi predeterminati (come, ad esempio, progettare l’uccisione
di personalità istituzionali o politiche), evitando accuratamente il
coinvolgimento indiscriminato di civili. Questa attenzione nei confronti della
comunità è finalizzata a evitare che il movimento terroristico sia destinatario
di una diffusa ostilità. In questo modo infatti l’organizzazione eversiva evita
un generale dissenso, soprattutto quello che proverrebbe dalla parte
dell’opinione pubblica che ancora non ha maturato una posizione precisa sulle
questioni sociopolitiche che sono alla base delle iniziative criminose
eversive. Un esempio della fondatezza di questa riflessione erano le modalità
esecutive delle azioni dell’Eta, l’organizzazione terroristica che lotta per
l’indipendenza del popolo basco e che ora sembra aver abbandonato la strategia
violenta. Le iniziative eversive di questo movimento cercavano di evitare di
colpire civili estranei al fine di evitare di generare un diffuso
sentimento di terrore che avrebbe avuto come conseguenza una generale
avversione che avrebbe influito negativamente sui negoziati con le istituzioni.
Un movimento terroristico, quando agisce con questa cautela, infatti evita di
perdere il consenso delle persone moderate che simpatizzano o sono indifferenti
alle finalità che esso si propone; nello stesso tempo però gli atti criminali continuano
a esercitare una pressione sulle istituzioni governative al fine di conseguire
un obiettivo pratico come l’indipendenza, o una maggiore autonomia della
comunità, o una specifica composizione di interessi. Diversamente, l’iniziativa
terroristica di matrice islamica crea un generale senso di paura che consegue
all’ampio e indiscriminato coinvolgimento di civili; questa modalità esecutiva
radicalizza il conflitto con il mondo occidentale, manifestando una mancanza di
interesse per il raggiungimento di una pacificazione; al contrario in alcuni
casi gli attentati sono stati organizzati in prossimità di negoziati al fine di
farli fallire, enfatizzando così anziché ridimensionare, l’insanabilità del
conflitto e della divergenza delle posizioni. Zygmunt Bauman, già un pò di anni
fa profeticamente affermava che la minaccia terroristica si trasforma in
ispirazione per un nuovo terrorismo, disseminando sulla propria strada quantità
sempre maggiori di terrore e masse sempre più vaste di gente terrorizzata. Roberto
Rapaccini