Le
vicende della bambola Barbie nel mondo arabo possono essere utili per fissare i
caratteri del modello di donna islamica. L'attenzione delle autorità nei
confronti dei giocattoli indica la volontà di farne un uso strumentale
all'educazione ai valori dell'Islam, anche attraverso l'abitudine e la
familiarità con la tradizione. Nei Paesi arabi la 'formosa' Barbie non ha avuto
vita facile. In particolare, dal settembre del 2003 la vendita della bambola fu
proibita in Arabia Saudita. Segnatamente, il Comitato per la Diffusione della
Virtù e la Prevenzione del Vizio dichiarò che "le bambole 'ebree' Barbie,
con i loro vestiti e le loro pose da sgualdrine" erano "un simbolo
della decadenza del perverso Occidente". Il divieto di vendita della
Barbie determinò il successo di Fulla, l'equivalente islamica. In realtà Fulla
era prodotta da un'azienda di Dubay fin dal 1999, ma solo il bando della Barbie
segnò la sua diffusione, anche in Cina, in Brasile, nel Nord Africa, in Egitto
e nell'Indonesia. Le argomentazioni pretestuose del Comitato saudita contengono
dunque riferimenti antisemiti; la Barbie, nella sua insana leggerezza, avrebbe
come modello la donna ebrea nella vita reale, che, con i suoi abiti e con i
suoi atteggiamenti, sarebbe simbolo del degrado occidentale. Già nel 2001,
alcuni leader religiosi arabi denunciarono l'immoralità dei Pokemon affermando
che le figurine erano parte di un complotto sionista che spingeva la gioventù,
occultamente corrotta, verso il gioco d'azzardo ed altre illiceità.
Probabilmente, all'iniziativa contro la Barbie non furono estranei intenti
commerciali, soprattutto quello di ricordare ai genitori, in coincidenza con
l'inizio dell'anno scolastico, la valenza negativa del giocattolo, e dei suoi
accessori ancora in commercio. In passato erano state prodotte altre bambole
vestite con il velo, come Razanne o la Barbie del Marocco, ma nessuna raggiunse
la popolarità di Fulla, che rappresenta un modello di comportamento per i
musulmani, ovvero è come i musulmani vorrebbero che fossero educate le proprie
figlie. Non è dotata di costumi da bagno o abiti succinti. È significativo che
non esistano bambole Fulla abbinate a carriere e mestieri. Per uscire in
pubblico usa come abito il classico abaya (si tratta - nella versione usata
dalla bambola - di un camice nero che copre anche la testa e si chiude sotto il
mento); ha anche un tappeto rosa che usa per pregare. Ci sono poi prodotti con
quel marchio, come lo zainetto per la scuola, ombrelli, orologi, biciclette, e
perfino i cereali per la prima colazione. Non esiste una controparte maschile,
cioè l'equivalente di Ken: Fulla è destinata ad essere single. Inoltre, non può
mai rimanere nuda: sotto agli abiti indossa un costume 'intimo' intero che non
può essere rimosso. Fulla e Barbie si somigliano molto: stessa altezza e stesso
faccino. Fulla però è mora, con gli occhi scuri, e naturalmente, in quanto
musulmana osservante, è coperta dalla testa ai piedi. È onesta, rispetta i
genitori, ama leggere. Ha due amiche (Yasmeen e Nada), un fratellino e una
sorellina. Negli spot pubblicitari trasmessi in Arabia Saudita, Fulla è
mostrata mentre prega, prepara una torta per un’amica e legge un libro. Si può
concludere che, mentre Barbie vive pubblicamente in quanto pratica sport e
frequenta ambienti di ogni genere, Fulla al contrario vive nell'intimità della
casa. Viene così promosso il modello arabo femminile. Se questo modello può
essere considerato non più attuale, tuttavia anche la Barbie non è esente da
critiche in occidente: uno dei più noti addebiti che le sono stati mossi è
quello di diffondere un'immagine della donna anatomicamente poco realistica,
con il rischio conseguente che le bambine aspirino ad avere quel tipo di corpo
e siano indotte all'anoressia; per questo dal 1997 Barbie è stata modellata con
un bacino più ampio. Roberto Rapaccini