Il
concetto di democrazia è strettamente correlato a quello di libertà. La
nozione di libertà nella tradizione araba è di recente acquisizione in quanto
storicamente l’aspirazione di questi popoli è sempre stata prevalentemente la
giustizia. L’organizzazione tribale che è alla base delle società arabe,
infatti, implica l’accettazione - come realtà ineludibile - dell’esistenza di
un potere superiore a cui ci si sottopone pacificamente purché venga esercitato
con equità. Come corollario gli Stati arabi non hanno avvertito nel
tempo la necessità di elaborare una struttura amministrativa decentrata in
quanto era sufficiente al potere centrale - per poter governare - garantirsi
l’appoggio delle comunità stanziate su specifici territori (le tribù), nelle
quali - come già detto - si accettava che il potere centrale non fosse
esercitato democraticamente, ma amministrato secondo giustizia. La tribù,
che aveva una specifica autonomia e omogeneità, era caratterizzata da propri
stili di vita, da autosufficienza, da un forte legame con il territorio
e, in alcuni casi, da una sua lingua o dialetto. In essa mancava
qualsiasi espressione di democrazia diretta o rappresentativa;
l’attribuzione del potere era fondata su meccanismi dinastici, di anzianità o
su forme pseudo-istituzionali che predeterminavano automaticamente il
destinatario di funzioni di governo sulla comunità: era del tutto estraneo a
questo modello organizzativo qualsiasi strumento che assicurasse facoltà di
libera scelta. La società tribale pertanto - e gli Stati arabi che ne
ereditarono la cultura giuridica - non si fondava sui diritti di libertà e di
uguaglianza prerogativa delle democrazie. Un membro della comunità tribale
poteva aspirare a poteri di governo solo se apparteneva a una specifica linea
dinastica o fosse titolare di aspettative di poteri di governo in virtù di
meccanismi di automatica predeterminazione; la condizione di un qualsiasi
altro individuo si esauriva invece nell’accettare pacificamente di essere
governato purché tale supremazia venisse esercitata con equità. Gli Stati
arabi, al momento della loro nascita, riconoscendo la preesistente struttura
tribale e demandando alle tribù la gestione locale del potere, ne ottenevano
come corrispettivo la fedeltà e il sostegno. In questi ultimi anni si
assiste in molte aree del mondo musulmano a un processo di re-islamizzazione.
Per poter avere un quadro completo della concreta rilevanza della normativa
islamica nei Paesi musulmani non è sufficiente considerare l’eventuale
promulgazione di principi laici, ma il modo in cui queste normative vengono
applicate: ad esempio, anche laddove è stata proclamata la libertà religiosa,
tuttavia la concreta professione di atti di fede diversi dall’Islam o la
conversione di un musulmano ad altra fede vengono di fatto sanzionati in quanto
equiparati ad atti contrari all’ordine pubblico. Fatta eccezione per la
Turchia (in questi anni anche in Turchia è in atto un attacco allo Stato laico)
in nessuno Stato musulmano viene tutelata sufficientemente la libertà di
coscienza. La tolleranza per le scelte religiose e politiche individuali nella
cultura giuridica occidentale trova fondamento principalmente nella
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (firmata a Parigi il 10 dicembre
1948 - clikka qui), che non è
riconosciuta dagli Stati arabi i quali in maniera specularmente contraria
ritengono che le posizioni giuridiche soggettive individuali debbano essere
sacrificate in favore delle esigenze della comunità islamica; pertanto, per
rapportare i diritti e le libertà individuali alle esigenze religiose e
culturali di quei Paesi, è stata elaborata una Dichiarazione Islamica dei
Diritti dell’Uomo (proclamata il 19 settembre 1981 a Parigi - clikka qui). Un altro
strumento attraverso il quale, pur essendo in corso un processo di
modernizzazione, si è assicurata la vigenza dei principi della tradizione
islamica, è stato quello di affermare la necessaria non contraddittorietà tra
le nuove leggi e i principi fondamentali dell’Islam, non suscettibili di essere
modificati dalla normativa positiva. In conclusione, il mondo arabo-islamico è
sempre stato caratterizzato da regimi autoritari e probabilmente la
motivazione di questa caratteristica risiede nella genesi degli Stati arabi,
nati con modalità storicamente diversificate dalla fusione di tribù. (da R.
Rapaccini, Paura dell'Islam, 2012) Roberto Rapaccini