Si avvicina l'8 marzo e vorrei condividere una riflessione su donna e cinema arabo. In realtà non ho mai avuto simpatia per la festa dell'8 marzo, ipocritamente retorica e consumistica. Come è noto, nella società araba la donna ha in generale un ruolo subordinato rispetto a quello maschile. Eppure, uno sguardo sommario alla cinematografia dei Paesi arabi, islamici, o mediorientali evidenzia che spesso protagonisti sono personaggi femminili. Cito alcuni film: 'Caramel' e 'Ora dove andiamo?' della regista libanese Nadine Labaki, 'Il Giardino dei Limoni' dell'israeliano Eran Riklis, nel quale la positività viene solo da figure femminili, o 'Il cerchio' dell'iraniano Jafar Panahi che contiene otto storie di donne, o il film iraniano di animazione 'Persepolis' di Marjane Satrapi, e 'Donne senza uomini', del persiano Shirin Neshat, nel quale la vita di quattro donne si intreccia con drammatiche congiunture storiche. Paradossalmente sarei tentato di dire che le società di quelle aree geografiche hanno in concreto un'impronta matriarcale. Infatti, anche in esse la donna sopporta i pesi e gli oneri dell'esistenza. Roberto Rapaccini
Grammatica del mondo islamico, Medio Oriente, dialogo interreligioso, interetnico e multiculturale, questioni di geopolitica, immigrazione.
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