Qualche
giorno fa è stata presentata in Parlamento la relazione annuale dei Servizi di
Sicurezza. Il rapporto, oltre a costituire un resoconto dell'attività svolta
nel 2015, consente, in relazione all'analisi degli elementi acquisiti, di
formulare lo scenario dell'attuale minaccia nei confronti degli obiettivi
sensibili del nostro Paese. Sicuramente, anche in assenza di specifici
riscontri (a parte l'arresto a Campobasso dell'iman somalo che sembra
stesse progettando un evento criminoso a Roma), si sta incrementando il
pericolo di attentati analoghi a quelli che hanno già colpito altre capitali
europee (Parigi, Londra, Madrid). Oltre all'impegno contro il terrorismo
internazionale, alla solida collocazione nel fronte occidentale (sono particolarmente
indicative in proposito l'alleanza con gli USA e l'amicizia con Israele), e
allo svolgimento del Giubileo (che rafforza l'immagine di Roma come capitale
della Cristianità), l'imminente attività dell'Italia in prima linea nella
normalizzazione della Libia - ancora da precisare nella sua consistenza e nella
sua articolazione operativa - contribuirà ad un aumento dell'esposizione
del nostro Paese, che appare elevata nonostante la professionalità dell'intelligence e
il puntuale monitoraggio di possibili centri con presenze jihadiste. Cresce
anche il reclutamento dei foreign fighters, sempre di entità
modesta rispetto alla consistenza del fenomeno in altri Stati europei; in
Italia i foreign fighters si stimano in poco più di un
centinaio di elementi - prevalentemente si tratta di immigrati o di figli di
immigrati - mentre quelli presenti in Siria e in Iraq sono oltre 3 mila, metà
dei quali provenienti dalla Francia, e poi dal Regno Unito, dalla Germania,
dall'Olanda e dal Belgio. Il fenomeno consiste soprattutto nell'auto
reclutamento di giovanissimi e si realizza attraverso un processo di
radicalizzazione che si consuma in tempi rapidi e generalmente all'infuori
della propria famiglia. La libera circolazione in area Schengen può facilitare
il loro eventuale spostamento da un Paese europeo all'altro, o il loro rientro
da scenari di guerra in Medio Oriente (si tratta dei così detti 'returnees' o
'commuters'): la collaborazione informativa internazionale fra gli apparati di
sicurezza assume in questo ambito un'importanza preventiva decisiva. Pertanto,
la minaccia terroristica proviene non solo da noti gruppi strutturati come Al
Qaeda o l'Isis, ma anche da individui isolati che possono improvvisamente e inaspettatamente
attivarsi verso bersagli locali, di più basso profilo e pertanto meno
prevedibili, sono i così detti 'soft target'. Anche se il rischio di
infiltrazioni terroristiche nei flussi migratori non ha
trovato specifici riscontri, la rotta balcanica, particolarmente affollata
dal transito anche bidirezionale di profughi provenienti dall'area
siro-irachena, appare un contesto territoriale particolarmente vulnerabile e
quindi da monitorare attentamente. La Libia, così divisa e politicamente
incerta, è un focolaio nel quale iniziative ostili e traffici illeciti possono
essere concepiti e organizzati con facilità. Per questo appare decisiva la
presenza sul territorio libico di unità italiane innanzitutto con funzioni
informative, non solo nell'ottica di favorire una stabilizzazione regionale, ma
soprattutto al fine di prevenire la progettazione o l'attuazione di iniziative
criminose nei confronti della nostra sicurezza. Deve essere attentamente
valutata nella regione libica la presenza particolarmente attiva non solo
dell'Isis, ma anche di Al Qaeda nel Maghreb, e Ansar Al Shariah, che utilizzano
quest'area per condurre attività di rifornimento logistico (considerata la
larga disponibilità 'in loco' di armi, uomini, mezzi), di addestramento di
combattenti, di miglioramento delle proprie capacità operative ed
offensive. Purtroppo, anche l'analisi dei Servizi di Sicurezza conferma che il
terrorismo è la nuova forma di guerra, particolarmente incisiva e inquietante
anche per l'assenza di una localizzazione e per il carattere indefinito del
nemico. Evidentemente anche i conflitti bellici del nostro tempo sono
riflessi della globalizzazione e della modernità 'liquida' (intesa come assenza
di riferimenti oggettivi) applicata alla nuova geopolitica. Roberto
Rapaccini