RASSEGNA STAMPA S.

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PAESI DELLA LEGA ARABA

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La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

martedì 16 febbraio 2021

LO SCAMBIO DI INFORMAZIONI IN AMBITO EUROPEO NELLA LOTTA AL TERRORISMO DOPO I TRAGICI FATTI DI BRUXELLES (24-3-2016)

 

Dopo i tragici fatti di Bruxelles, molti opinion maker, soprattutto politici e giornalisti, insistono sulla necessità di un maggiore scambio di informazioni fra i Paesi Membri dell'Unione Europea e sulla creazione di un organismo centrale di intelligence europeo, ovvero di una specifica procura. Sicuramente si tratta di due strade che è necessario percorrere, ma la problematica è molto ampia e antica, e si ha l'impressione che la maggior parte di coloro che ne parlano non ne conosca la reale portata. La cooperazione di polizia in ambito comunitario è sempre stata molto avanzata. In proposito nei documenti approvati nell'ambito dell'ex terzo Pilastro (quello che era deputato alle problematiche giudiziarie e di polizia) lo scambio di informazioni inerenti alle attività di intelligence è sancito in maniera chiara e nei dettagli; tuttavia da un punto di vista pratico la collaborazione produce scarsi risultati, soprattutto per quanto riguarda la lotta al terrorismo. Innanzitutto si deve tener presente che i rapporti fra organismi di polizia di Stati diversi hanno una confidenzialità più formale - ovvero codificata - rispetto a quello che avviene nel contesto nazionale. Conseguentemente molte informazioni inerenti alla prevenzione dell'eversione, poiché particolarmente sensibili e sfumate, sono scambiate con prudenza finché non siano accertate nella reale portata (e questo comporta una condivisione tardiva). Infatti è rischioso comunicare 'all'esterno' nell'urgenza notizie da verificare, in quanto questo può mettere in moto da parte dei collaterali organismi di Paesi stranieri iniziative di polizia che, se si rivelassero infondate, potrebbero essere fonte di responsabilità anche gravi. Si dice anche che esista una gelosia degli Stati circa le informazioni di polizia di cui dispongono. Questo avviene soprattutto per quelle notizie inerenti indagini in corso che impongono una particolare riservatezza e che potrebbero essere compromesse da una gestione che abbia come conseguenza una qualche forma di divulgazione. Aggiungo che spesso già all'interno di uno stesso ufficio di polizia nazionale non c'è una generale condivisione di notizie criminis, ovvero non tutti gli appartenenti sono messi al corrente di tutto, non solo per motivi di riservatezza operativa ma anche semplicemente di fiducia personale. Ci sono poi le legislazioni nazionali che possono essere un ostacolo concreto alla cooperazione in questo contesto. Non è di aiuto inoltre la mancanza di una nozione di terrorismo unanimemente condivisa a livello internazionale.  Quindi gli ostacoli a ben vedere, sono 'culturali', non dipendono da una inefficienza europea, e possono essere superati attraverso una maggiore fiducia reciproca che può essere conseguita solo lavorando insieme. Anche una maggiore omogeneità strutturale e sostanziale fra gli apparati giudiziari e di polizia degli Stati membri sarebbe auspicabile. Ma pure in questo ambito si è fatto molto. Gli stessi problemi vanno superati per l'eventuale costituzione di un organismo centrale di intelligence europeo: è necessario che questo costituendo ente si possa avvalere dei flussi informativi di cui dispongono gli Stati membri, diversamente è destinato a non produrre risultati operativi significativi. Sicuramente Europol è un esempio concreto molto positivo da considerare come modello per meglio strutturare la lotta europea al terrorismo. In conclusione non è sufficiente creare organismi centrali o stabilire obblighi di collaborazione fra gli Stati, ma è necessario un salto culturale, sentirsi poliziotti europei e acquisire quella fiducia reciproca che può nascere solo dal lavoro congiunto (come nei già consolidati 'joint investigation teams') e dalla buona volontà degli Stati membri di superare le divisioni e la recrudescenza degli egoismi nazionali. Se vogliamo andare avanti sulla strada della cooperazione comunitaria - anche per una valutazione opportunistica conseguente ad una maggiore forza che deriva dall'unione - questa è l'unica via. L'Europa, prima di essere una entità politica, è una realtà culturale. Roberto Rapaccini