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PAESI DELLA LEGA ARABA

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La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

lunedì 4 gennaio 2021

LA VICENDA RELATIVA ALLA NOMINA DI FIAMMA NIRENSTEIN COME NUOVO AMBASCIATORE DI ISRAELE A ROMA (13-5-2016)

 

La vicenda relativa alla nomina di Fiamma Nirenstein a nuova ambasciatrice di Israele a Roma, e alla sua successiva rinuncia dopo più di cinque mesi dall'indicazione da parte dello stesso Netanyahu, provano che le opzioni politiche di Israele stanno attraversando un momento nel quale si confrontano posizioni discordanti. Fiamma Nirenstein è una nota giornalista, pubblicista e scrittrice di origine ebraica con cittadinanza italiana, ora israeliana, molto attiva anche come blogger. Fiamma Nirenstein, eletta come candidata nelle liste del Popolo delle Libertà, è stata parlamentare dal 2008 al 2013, ricoprendo importanti incarichi nel corso della legislatura. Nel 2013 Fiamma Nirenstein si è trasferita in Israele; nell'agosto dello scorso anno (2015) è stata designata ambasciatrice di Israele a Roma direttamente dal primo ministro Benjamin Netanyahu, del quale la giornalista israeliana ha in più occasioni manifestato di condividerne pienamente le linee politiche. Da più parti sono state manifestate perplessità nei confronti di questa designazione. Il popolare quotidiano indipendente di Tel Aviv, Haaretz, vicino alla sinistra israeliana e spesso critico nei confronti del governo, ha apertamente assunto una posizione contraria alla nomina. L'autorevole giornale ha rivelato che il presidente del consiglio italiano Renzi, riservatamente e attraverso canali informali, avrebbe espresso riserve su questa decisione del governo israeliano, invitandolo ad un ripensamento. L'inopportunità della designazione scaturirebbe da un potenziale conflitto di interessi in cui potrebbe trovarsi la neo diplomatica in relazione ai pregressi trascorsi istituzionali e politici in Italia. Le riserve del governo italiano sono state smentite da fonti di Palazzo Chigi. Probabilmente anche l'orientamento politico della neo designata ha inciso sulle posizioni contrarie al mandato. Si è anche precisato che il figlio della ex parlamentare presta servizio nell'intelligence italiana, e anche questo elemento, considerato il carattere delicato dell'incarico investigativo, non verrebbe visto con favore in quanto esigenze di prudenza e riservatezza prescrivono in linea di massima l'inopportunità di legami significativi del personale dei servizi di sicurezza con dipendenti e funzionari diplomatici di altri Paesi. La testata giornalistica israeliana ha anche ricordato che Fiamma Nirenstein alcuni anni fa avrebbe espresso valutazioni negative su Sarah Netanyahu, la moglie del Premier. La circostanza non sembra aver tuttavia influito sui rapporti fra il leader israeliano e la sig.ra Nirenstein. Anche esponenti della comunità ebraica italiana, conferendo particolare rilievo al possibile potenziale conflitto di interessi di cui si è detto in precedenza, relativo ai trascorsi istituzionali italiani, hanno evidenziato che queste passate esperienze potrebbero incidere sulla lealtà del neo diplomatico nello svolgimento del delicato incarico. In proposito, Fiamma Nirenstein, per evitare questa confusione di ruoli, dopo la nomina ad ambasciatore ha prontamente rinunciato alla cittadinanza italiana. In ogni caso qualche giorno fa, ponendo termine alle polemiche, Fiamma Nirenstein ha annunciato di voler rifiutare la designazione, pur ribadendo il suo impegno a concorrere nel miglior modo possibile al bene dello Stato di Israele. Anche la nomina, sempre da parte di Netanyahu, del nuovo ambasciatore in Brasile, Dani Dayan, l'ex leader del movimento dei coloni, al momento sta incontrando difficoltà, in quanto non è stato ancora espresso il richiesto gradimento del governo brasiliano. Queste vicende sembrano il riflesso di un momento di non particolare popolarità di Netanyahu. Per quanto riguarda la politica interna l'ultima sua elezione, da quanto emerse dai sondaggi che hanno preceduto le consultazioni, sembra essere stata motivata più dalla paura di cambiamenti nel contesto di una congiuntura così delicata, che da una reale convinzione degli elettori. Nella società israeliana sono sempre più numerosi i segnali che auspicano una composizione della questione palestinese, presupposto per un futuro di pace. Sembra esserci pertanto una frattura fra la gente comune, stanca delle rigidità e delle posizioni preconcette governative che costringono ad una vita in trincea e sotto assedio, e l'attuale leadership politica. Anche a livello internazionale probabilmente i tempi sono maturi per dei cambiamenti strategici che consentano a Israele di uscire da una condizione che di fatto lo allontana da numerosi partner. In proposito, Israele potrebbe sfruttare sia i dissidi all'interno del mondo sunnita che stanno indebolendo i suoi tradizionali rivali arabi, sia l'attuale congiuntura internazionale caratterizzata dalla contrapposizione dei Paesi occidentali al fronte islamico fondamentalista, per ritagliarsi un ruolo politico più attivo nell'ambito della comunità internazionale. Il premier Netanyahu continua a mantenere una ferma chiusura nei confronti dell'Iran, che sembrarebbe preconcetta, e non tiene presente che un avvicinamento alla Repubblica Islamica destabilizzerebbe i consolidati equilibri mediorientali, che creano una cortina di isolamento intorno ad Israele. Al riguardo, l'Iran - nonostante un ufficiale atteggiamento anti israeliano che sembra dettato soprattutto dalla necessità di rassicurare la base popolare circa la fedeltà agli ideali della rivoluzione - ha cessato di finanziare il movimento terroristico Hamas, principale nemico di Israele, ora probabilmente supportato dalle monarchie saudite. Questa nuova politica della Repubblica Islamica è un aspetto da non trascurare. Al contrario l'attuale leadership israeliana non sembra aver colto o dato importanza a questi segnali di cambiamento che potrebbero suggerire di intraprendere, con un po’ di coraggio, nuove linee strategiche. Tuttavia si deve tener presente che sulla prudenza della politica estera israeliana, fedele ai rigidi consolidati stereotipi, forse influisce anche l'ambiguità dell'attuale politica estera americana, che non rassicura come in passato, l'alleato israeliano. Roberto Rapaccini