RASSEGNA STAMPA S.

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• Il Passato sarà un buon rifugio, ma il Futuro è l'unico posto dove possiamo andare. (Renzo Piano) •

PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

martedì 19 gennaio 2021

LA MAPPA DEL TERRORISMO ISLAMICO - 4. DA AL QAEDA ALL’ISIS (4-4-2016)


Prima di analizzare gli altri movimenti di matrice islamista si impone un'ulteriore riflessione sull'evoluzione del terrorismo da Al Qaeda all'Isis. L'Isis non è un'organizzazione terroristica in senso tradizionale, strutturata in un apparato gestito in maniera gerarchica da un vertice di tipo politico-militare, con adepti che hanno come riferimento un più noto organismo, come potrebbe essere Al Qaeda. L'Isis è qualcosa di più, è uno stato terrorista, con forme elementari di governo sui territori nei quali esercita il suo potere imponendo regole particolarmente rigide; mentre coltiva il sogno di un'espansione nel nome di Allah nel Maghreb, e dalla Spagna all'Estremo Oriente, includendo tutta la Penisola Arabica, conferisce concretezza ad un modello. Al momento lo Stato Islamico si estende su alcune zone della Siria e dell'Iraq, mentre sta progressivamente aumentando la sua sfera di influenza in Libia al punto di voler trasferire la sua capitale da Rakka (in territorio ex siriano) a Sirte. Dispone di un esercito formato da miliziani locali e da oltre 30.000 foreign fighters. Nella conquista dei territori può valersi di un'agile struttura caratterizzata da unità mobili che nella conquista di nuovi territori stabiliscono un controllo preliminare parziale seguito da un controllo successivo totale, nel quale si radica la sua presenza stabilendo forme elementari di governo. L'Isis articola queste iniziative 'di conquista' in distinte fasi. Valendosi di un'intelligence che si è formata alle dipendenze di Saddam Hussein, individua le tribù e i clan che possano sostenere la sua azione e i gruppi potenzialmente nemici; successivamente infiltra propri uomini nel tessuto sociale locale, prima nei quartieri periferici poi nei grandi agglomerati. Segue un'attività di propaganda e di proselitismo, che si consolida attraverso iniziative di welfare: il neo istaurato Stato Islamico aiuta chi ha perso un lavoro fornendo un'occupazione e un salario, acquista terre e bestiame da allevatori poveri, ristruttura strade ed edifici, crea enti assistenziali per orfani o persone che necessitano di aiuto, pensa a cibo e a medicine, finanziandosi con l'imposizione di tasse oltre agli altri noti introiti.  In questo modo lo Stato Islamico diviene per la popolazione locale un apparato necessario: da questo momento rivela il suo reale volto di regime rigidissimo interprete di un Islam fondamentalista. Viene messa al bando qualsiasi attività che possa offendere il Corano: è vietato fumare - anche il tradizionale narghilè -, non è possibile consumare alcool e qualsiasi tipo di droga; è proibita qualsiasi forma d'Arte per il rischio che venga violata la più integralista iconoclastia; viene attuato un controllo rigidissimo su cibo e farmaci al fine di evitare che possano essere considerati impuri; è interdetto qualsiasi prodotto che venga dall'occidente. Il rispetto della Sharia è assicurato dai vigili controlli della Hisba, la polizia religiosa che opera per garantire vigenza al diritto islamico, e si avvale anche di improvvisati pubblici processi che applicano, nel caso di violazioni, 'esemplari' sanzioni che possono consistere nell'uccisione, in gravi mutilazioni, in frustate. Sembra che nell'area siriana e zone limitrofe dalla proclamazione dello Stato Islamico ad oggi siano stati giustiziati più di 2000 civili. Il Web, sottoposto ad un rigido controllo, è un fondamentale strumento di propaganda 'esterna'. Attraverso il Web vengono trasmessi martellanti messaggi di morte; le immagini dell'abbattimento dell'aereo russo, degli attentati di Parigi, dei fatti di Bruxelles sono la macabra pubblicità in Rete della sfida che lo Stato Islamico ha lanciato all'Occidente. Queste azioni hanno il chiaro fine di creare uno stato di insicurezza, di minare la solidità del nostro vivere quotidiano, di costringerci alla costante paura di un attentato e, nello stesso tempo, facilitano il reclutamento di foreign fighters, basato sulla fascinazione dell'immaginario di giovani emarginati, che si sentono privi di futuro e vittime di contesti di crisi e di depressione economica. Questa propaganda virtuale si avvale di una persuasione motivazionale e ideologica, soprattutto attraverso la retorica della guerra all'occidente e dell'eroismo dei Kamikaze, che spinge questi giovani, che percepiscono positivamente questi messaggi di ferocia e di violenza, ad unirsi ai combattenti jihadisti. In proposito, alla fine dello scorso anno è stato pubblicato dall'analista Charlie Winter un interessante documento, 'Documenting the Virtual Caliphate' (disponibile in Rete - http://www.quilliamfoundation.org/wp/wp-content/uploads/2015/10/FINAL-documenting-the-virtual-caliphate.pdf) che spiega i meccanismi di propaganda 'virtuale' del Califfato. Dalle considerazioni anzidette si evince che la guerra all'Isis, come ha precisato il criminologo Arije Antinori, non si esaurisce in iniziative belliche ma richiede il contrasto di una 'cultura'. Il proselitismo interno è capillare, non risparmia - opportunamente adattato - nemmeno i bambini, futuri miliziani. Le pratiche di addestramento militare sono durissime. L'arsenale è costituito soprattutto dalle armi sottratte all'esercito siriano e a quello iracheno; probabilmente è alimentato anche dal traffico di armi che transita per Paesi, come la Turchia e l'Arabia Saudita, che hanno un atteggiamento ambiguo nei confronti dell'Isis, non coerente con l'ufficiale condanna. Alle armi tradizionali si aggiunge l'uso di attentatori suicidi, il prodotto del fatto che l'Isis non ha solo il controllo di territori, ma anche quello di persone che arrivano ad immolarsi per la causa dell'Islam. In proposito, va precisato che il martirio per l'Islam non è un dovere, ma è una testimonianza di fede estrema, per cui chi si sottrae ad esso non è considerato un apostata. A sottolineare la rilevanza di questo fenomeno, si sottolinea che nella settimana dell'attentato a Bruxelles ci sono state 41 operazioni portate avanti da 'kamikaze'. Non solo in Belgio, ma anche in Siria, in Iraq, nel Sinai. Roberto Rapaccini