Dopo
i tragici fatti di Londra della sera del 3 giugno si sono riaccese le
discussioni nei media su quali iniziative possano garantire una maggiore
sicurezza. Molti tornano ad insistere sulla necessità di un incremento dello
scambio di informazioni fra organismi di intelligence dei Paesi dell'Unione
Europea. Questa forma di cooperazione anche se codificata dai documenti
comunitari in maniera chiara e dettagliata da un punto di vista pratico non
sempre si articola in maniera efficace. I rapporti fra i collaterali organi di
polizia di Stati diversi hanno una confidenzialità molto formale, diversamente
da quello che avviene nel contesto nazionale. Pertanto le informazioni più
sensibili sono scambiate con prudenza finché non siano accertate nella loro
reale portata (e questo comporta una condivisione tardiva). È rischioso infatti
comunicare a livello transnazionale notizie da verificare, in quanto queste
iniziative possono mettere in moto all’estero attività che, se si rivelassero
infondate, potrebbero essere fonte di responsabilità e conseguenze anche gravi.
Si dice che esista una gelosia degli Stati circa le informazioni di polizia di
cui dispongono. Questo avviene soprattutto per quelle notizie inerenti indagini
in corso che potrebbero essere compromesse da una divulgazione impropria di
quanto acquisito. Deve essere considerato che spesso già all'interno di uno
stesso ufficio di polizia di livello locale per un generale principio di
prudente riservatezza operativa non c'è una generale condivisione di notizie
criminis, ovvero non tutti gli appartenenti alla struttura sono messi al
corrente di tutto. Le legislazioni nazionali possono creare difficoltà
concrete: non è di aiuto la mancanza di una nozione di terrorismo unanimemente
condivisa a livello internazionale. Quindi gli ostacoli a ben vedere sono
culturali, non dipendono da una mancanza di strumenti, che tuttavia vanno
costantemente implementati. Le diffidenze possono essere superate solo
attraverso una maggiore fiducia reciproca che può essere conseguita lavorando
insieme. Anche una più puntuale omogeneità strutturale e sostanziale fra gli
apparati giudiziari e di polizia degli Stati sarebbe auspicabile. Sicuramente
Europol è un riferimento importante per meglio strutturare la lotta europea
all’eversione jihadista. In conclusione non è necessario stabilire ulteriori
obblighi di collaborazione fra gli Stati, ma è necessario un salto culturale,
ovvero che gli operatori si sentano sempre più poliziotti europei e
acquisiscano una fiducia reciproca che può nascere solo dal lavoro congiunto.
La creazione di squadre investigative multinazionali per il contrasto del
terrorismo è una preziosa predisposizione in linea con questa direttiva.
L'Europa, prima di essere una entità politica, deve essere una realtà
culturale. Roberto Rapaccini