RASSEGNA STAMPA S.

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• Il Passato sarà un buon rifugio, ma il Futuro è l'unico posto dove possiamo andare. (Renzo Piano) •

PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

mercoledì 30 dicembre 2020

ALTRO CAPITOLO DEL CASO 'REGENI' (12-6-2016)

 


Il caso 'Regeni' si è arricchito in questi giorni di un ulteriore doloroso capitolo: l'Università inglese di Cambridge, presso la quale il ricercatore italiano svolgeva i suoi studi, ha manifestato l’intenzione di non collaborare con gli inquirenti italiani e in particolare di non fornire indicazioni sulla corrispondenza tra lo studioso ucciso al Cairo e i docenti inglesi suoi referenti. Dal carteggio intercorso con l'ateneo inglese sarebbero potuti emergere elementi utili per comprendere i moventi dell'oscuro delitto. Giulio Regeni era in contatto con la professoressa Anne Alexander, che aveva a lungo studiato i sindacati egiziani e il movimento islamista dei Fratelli Musulmani, che, come noto, è attualmente fuori legge in Egitto. La Alexander è un'attivista particolarmente impegnata nella contestazione del Presidente Al Sisi. Dopo la tragica fine del ricercatore italiano la professoressa Alexander ha subito precisato di non conoscere i dettagli del lavoro che Giulio stava svolgendo all'estero, difendendo inoltre la professionalità dei 'supervisori' che dovevano seguire la sua ricerca e proteggerlo dalla sua giovanile ed esuberante curiosità intellettuale in un contesto come quello del Cairo, cioè in una città piena di insidie, nella quale è pericoloso anche parlare con i passanti dal momento che le strade sono piene di spie e di informatori. Non è difficile dare significato alla condotta dell'università di Cambridge. Probabilmente l'Ateneo inglese con il suo silenzio ha cercato di evitare che gli venissero attribuite responsabilità morali per la morte del ricercatore, ovvero che in concreto gli venisse imputata la colpa di non aver intuito e di aver sottovalutato i rischi a cui si stava esponendo lo studioso italiano con le sue iniziative accademiche. Il silenzio dell'università - che di fatto ha rifiutato la collaborazione ad un magistrato di un Paese amico - è in palese contraddizione con l'appello che venne inoltrato dall'Ateneo stesso al governo britannico all'indomani della drammatica morte di Regeni. Con quel documento si chiedeva che fossero svolte indagini accurate e indipendenti affinché si facesse piena luce sull'omicidio. Sarebbe particolarmente squallido se il censurabile atteggiamento dell'università inglese fosse strumentale ad evitare di fornire elementi che potrebbero essere utilizzati per una richiesta di risarcimento da parte dei familiari di Regeni per averlo esposto a fatali pericoli; in altri termini la censurabile condotta potrebbe essere dettata dall’intento di sottrarsi all'eventualità che la responsabilità da morale si trasformi in responsabilità giuridica. Se così fosse si tratterebbe di una decisione eticamente inaccettabile, perché equivarrebbe a rinunciare alla possibilità che si faccia piena luce su una tragica palese violazione di diritti fondamentali, che riguarda un proprio collaboratore, per tutelare i propri beni patrimoniali dal rischio di un'aggressione radicata su una pronuncia giudiziaria sfavorevole. Ci si chiede, se quest'ultima ipotesi fosse fondata, con quale autorità morale potrebbe in futuro atteggiarsi un ateneo che compia una scelta di questo genere? Roberto Rapaccini