L'approssimarsi
del Giorno della Memoria - il 27 gennaio p.v. - può indurre alcune riflessioni
sulla diffusione del pregiudizio antisemita sul Web, in particolare nei sui
social network. Analogamente al passaggio del Web da 1.0 a 2.0 è stato definito
antisemitismo 2.0 quello che si avvale di reti sociali come Twitter e Facebook.
Le reti sociali creano una comunità virtuale che può avere una dimensione
transnazionale; sono infiniti non solo le potenzialità, ma anche i rischi,
perché in questo ambito le informazioni circolano, si amplificano, e possono
essere facilmente manipolate e falsificate. L'antisemitismo nei social network
ha sottilmente determinato una banalizzazione dell’aggressione antiebraica.
Prima della nascita di Internet, l’antisemitismo era un fenomeno circoscritto
all’interno di una limitata cultura, se così può essere definita (si
manifestava «[…] in forma residuale e ridotta con graffiti sui muri delle città
o in certe pubblicazioni di nicchia» - dal Documento conclusivo
dell’indagine parlamentare conoscitiva sull’Antisemitismo, 2011).
L’avversione per gli ebrei in Internet è un fenomeno diffuso e si avvale anche
della costituzione di gruppi ad hoc a cui si aderisce per
emulazione, per solidarietà amicale, per superficiale suggestione. Con il Web,
ma soprattutto attraverso i social network, l’incremento di iniziative
antiebraiche, oltre a perseguire fini propagandistici, ha indotto la comunità
virtuale a considerare erroneamente l’antisemitismo un punto di vista
socialmente accettabile come tanti altri. L’ampiezza del fenomeno e la sua
espansione, banalizzando il pregiudizio razziale, lo fanno percepire al pari di
una qualsiasi ideologia politica o, peggio, al pari del tifo per un club
sportivo. Le autorità, considerata la natura estesa dei social network, hanno
difficoltà ad adottare nei loro confronti i provvedimenti di oscuramento,
facilmente applicabili per i siti che hanno un'identità più definita. L’unico
rimedio efficace è una fattiva collaborazione con i gestori delle reti sociali
per fini preventivi e repressivi, attraverso il monitoraggio, la rimozione dei
contenuti illeciti, l’acquisizione dei dati dei responsabili per avviare le
procedure sanzionatorie. Tuttavia non sempre è facile ottenere la
collaborazione dei gestori, che possono risiedere all’estero e sollevare
eccezioni fondate sulla normativa del proprio Paese. Anche se segue la
rimozione, la pubblicazione di messaggi che incitano all’odio razziale, pur
temporanea, è di già per sé un danno. In proposito nel 2008, in coincidenza con
il settantesimo anniversario della notte dei cristalli, sono apparsi su
Facebook messaggi di contenuto razzista; anche se i messaggi sono stati prontamente
rimossi dal gestore dalla rete, il direttore delle relazioni internazionali del
Centro Wiesenthal, Shimon Samuels, ha evidenziato l’opportunità di evitare la
pubblicazione di materiale di questo tipo, in quanto, anche se temporanea, la
pubblicazione costituisce già di per sé un danno. Di fronte alle informazioni
fornite da un sito o da un blog la prima rilevante questione è quella
dell’attendibilità. Per i mass media tradizionali questo problema si pone in
maniera molto più ridotta, in quanto essi dispongono di una soggettività dai
tratti definiti (ad esempio, è nota la proprietà dell’organo di informazione, e
può quindi essere presumibile il suo orientamento politico e ideologico).
L’informazione poi è in ogni tempo verificabile nei media tradizionali: nei
giornali scripta manent, nelle trasmissioni radiotelevisive si
conservano per un periodo di tempo le registrazioni. L’informazione sul Web è
invece facilmente rimovibile o manipolabile. L’avvento di Internet induce
inoltre a rivedere i meccanismi di formazione dell’opinione pubblica, che ha
tratti costitutivi differenti nei diversi Paesi occidentali: dove la democrazia
ha un carattere maggiormente diffuso e partecipativo, l'opinione pubblica è
sicuramente il risultato della somma dei punti di vista dei cittadini che
comunicano le loro convinzioni (soprattutto attraverso i sondaggi oltre che con
gli strumenti tipici delle relazioni umane). Al contrario, in alcuni Paesi
europei la popolazione sembra subire passivamente l’influsso dei media e del potere
politico; questo avviene negli Stati che sono definiti post-democrazie proprio
per sottolineare che le prassi democratiche in queste realtà si vanno
progressivamente svuotando della partecipazione attiva e dell’interesse dei
cittadini. Ivi, terminate le elezioni politiche, epilogo di un sistema gestito
da gruppi di potere e da professionisti esperti nelle tecniche persuasive, le
attività di governo sono amministrate come un fatto privato dalle componenti al
potere, che eventualmente interagiscono con lobby portatrici di interessi
economici nell’assenza di un coinvolgimento generale. In tali situazioni si
evidenzia un individualismo che impedisce l’emergere di una definita coscienza
collettiva: la democrazia si avvia al tramonto e la società civile è sempre più
lontana dalla società politica. L’opinione che ha come oggetto questioni di
interesse generale è collocata dall’individuo nei recessi della coscienza;
l’indifferenza rende i cittadini maggiormente permeabili agli influssi esterni
e per questo l’opinione pubblica in questi Stati è più facilmente
condizionabile dai media e dagli opinion-maker, anche se di basso profilo
culturale. Nelle democrazie partecipative, considerata la reattività del
singolo individuo, le campagne per influire sulle convinzioni dei cittadini
sono efficaci se sono particolarmente capillari. Al riguardo, si va riducendo
l’importanza dei mass media tradizionali, ovvero giornali e reti
radiotelevisive, mentre sono in forte ascesa, come strumento di diffusione
delle idee, web-site e social network: i presupposti del loro operare sono
completamente diversi rispetto a quelli dei media tradizionali. Il linguaggio
del Web è molto più sintetico e immediato rispetto a quello giornalistico e
televisivo, e l’informazione viene spesso diffusa senza la necessità di
particolari approfondimenti, avvalendosi però di opportunità multimediali, come
ad esempio di video, di foto, o di collegamenti vari. Inoltre, l’informazione
sulla stampa cartacea e su radio-tv ha mediaticamente una vita limitata strettamente
al tempo della diffusione dei contenuti; ad esempio, il quotidiano ha una
durata giornaliera, mentre un evento radiotelevisivo di norma viene visto solo
durante la sua trasmissione. Dopo, l’uno e l’altro sono archiviati dalla nostra
memoria. Diversamente, tutto quello che è su Internet è nella costante
disponibilità dei destinatari, in quanto si presta ad accessi ripetuti e a
letture successive; in concreto, ha maggiori occasioni di persuasione. I media
tradizionali inoltre vivono in una sorta di conchiusa individualità, mentre la
pagina web, come detto, può contenere collegamenti con materiale multimediale,
con altri siti e fonti di informazioni. Così, la pagina web può apparire come
una realtà inserita in un contesto più ampio e coerente, e questo aspetto
influisce positivamente sulla sua affidabilità persuasiva. Con un click è
possibile per il fruitore dell'informazione girare contenuti ad altrettanti
fruitori: il contenuto della notizia così, oltre ad avere un’ulteriore
diffusione, sarà implicitamente certificato dalla credibilità di chi lo
diffonde, che spesso è ignaro di questo valore aggiunto che apporta. (da R.
Rapaccini, Il pregiudizio religioso sul Web, 2013).
Grammatica del mondo islamico, Medio Oriente, dialogo interreligioso, interetnico e multiculturale, questioni di geopolitica, immigrazione.
venerdì 13 novembre 2020
RIFLESSIONI SULLA DIFFUSIONE DEL PREGIUDIZIO ANTISEMITA SUL WEB (16-1-2016)
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