RASSEGNA STAMPA S.

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• Il Passato sarà un buon rifugio, ma il Futuro è l'unico posto dove possiamo andare. (Renzo Piano) •

PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

venerdì 13 novembre 2020

L'IRAQ E L'ARTE BELLICA (10.12.2016)

Recentemente Al Jazeera, la tv satellitare del Qatar, ha trasmesso un interessante servizio, l'Iraq e l'arte della guerra, su due noti artisti iracheni, le cui opere al momento sono esposte a Doha. Si tratta di Dia Al Azzawi e di Mahmoud Obaidi. I loro lavori si propongono come interpretazioni, da un punto di vista creativo, dei recenti tragici avvenimenti mediorientali. Nell'intervista resa all'emittente araba Dia Al Azzawi e Mahmoud Obaidi si soffermano in particolare sui massacri e sulle distruzioni che dilaniano l'Iraq, sede 7000 anni fa di una delle più antiche civiltà. La difficile condizione del Paese, sconvolto da una decennale guerra, è vissuta dagli iracheni con un senso di rassegnazione e approssimativa neutralità rispetto alle parti in conflitto, quasi essi fossero assuefatti e indifferenti al degrado in atto. L'Arte, con il suo linguaggio non convenzionale, pertanto ha la responsabilità di risvegliare in quel popolo un senso di consapevolezza che stimoli una reazione che contrasti la tentazione di sentirsi parte di un cosmo che non ha futuro. I movimenti artistici, sebbene traggano ispirazione da questa realtà, sono entità esterne, quasi estranee, perchè nascono e si sviluppano all'estero, dal momento che gli artisti mediorientali ormai vivono quasi tutti in Paesi occidentali.  Mahmoud Obaidi è un apprezzato scultore concettuale: con la sua mostra 'Frammenti' ha esplorato la distruzione e il saccheggio del suo Paese, producendo opere che ripetono manufatti, presenze, dettagli che evocano una Baghdad parcellizzata e violentata dalla drammatica aggressione bellica; utilizza superfici e materiali ricoperti di ruggine, perchè è così - dice - che vede l'Iraq ora. Obaidi cita una sua opera che raffigura la statua della libertà appesa con una corda al soffitto che sembra manovrata in maniera sinistra e incombente, che è metafora dell'invasione subita dai territori iracheni. Con una scultura composta da una testa di Bush, circondata da scarpe, ha invece celebrato un noto episodio: quando, durante un discorso del ex Presidente americano, un giornalista iracheno gli scagliò contro le sue scarpe. Dia Al Azzawi ha avuto invece una formazione culturale profonda e globale, che comprende anche studi di archeologia, grazie ai quali ha potuto lavorare per due anni per il museo archeologico di Mosul. La distruzione sistematica nel 2015 da parte dell'Isis dei reperti ivi esposti, molti dei quali provenienti dalle rovine della città assira di Hatra, ha cancellato una parte fondamentale della memoria degli iracheni. E il popolo di un Paese senza memoria è disorientato e più debole, perchè è compromessa e resa incerta la sua identità: questo probabilmente, oltre alla lotta all'idolatria, è il vero fine delle scelleratezze dello Stato Islamico.  Con le sue opere Dia Al Azzawi realizza una ricognizione dei momenti fondamentali della storia irachena, che dice radicata nel profondo della sua anima. Le sue grandi superfici, talvolta monocromatiche, con intense raffigurazioni che si avvalgono di un linguaggio tenacemente simbolico, suscitano profonde suggestioni. Dal servizio di Al Jazeera emerge l'importanza dell'impegno morale dell'Arte e della Cultura nella ricostruzione dell'identità di un popolo travagliato dalle vessazioni della storia. La prima vittima della guerra è sempre la verità. Roberto Rapaccini