Alla luce delle continue evoluzioni del contesto mediorientale - sempre più il
principale fulcro delle vicende geopolitiche - può essere interessante una
ricognizione sulle politiche dell'informazione televisiva nel mondo arabo in
relazione alle attività di censura che limitano l'espressione del libero
pensiero che caratterizzano questi Paesi (e di cui si è già detto a proposito
della satira). Già dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale l’attività
giornalistica si sviluppò anche nei Paesi arabi; la mancanza di democrazia e il
carattere confessionale della maggior parte di quegli Stati impedì tuttavia
l’affermarsi di una piena libertà di stampa. In proposito, nel mondo arabo
l'informazione è sempre stata non solo filogovernativa, ovvero controllata dai
rispettivi regimi, ma anche panaraba, cioè finalizzata a garantire e a
sottolineare una omogeneità di vedute fra le nazioni di cultura araba
(un'omogeneità più apparente che reale - si dice che gli arabi siano d'accordo
solo nel non essere d'accordo). Le divisioni che hanno sempre caratterizzato i
rapporti fra queste nazioni infatti sono sempre rimaste in un secondo piano
rispetto all'enfatizzazione dei valori comuni dell'Islam. Fino agli accordi di
Camp David (1978) il monopolio radiotelevisivo in Medio Oriente era nelle mani
dell'Egitto. L'accordo dell'Egitto con Israele e la conseguente rottura con la
Lega Araba posero fine a questa egemonia, che venne subito sostituita da quella
dei 'media' dell'emergente potenza saudita, caratterizzati da una modesta
professionalità e condizionati dal rigore religioso della visione islamica
wahabita; questi 'media' tuttavia godevano della grande disponibilità economica
che proveniva dal commercio del petrolio. Con la guerra del Golfo (1990/1991)
per la prima volta sui canali satellitari delle televisioni arabe comparve un'informazione
globalizzata, ovvero quella garantita dalla CNN e dai 'media' americani ed
europei. Questo nuovo modo di fare informazione, sebbene sbilanciato verso una
prospettiva occidentale, determinò il tramonto dei canali egiziani e sauditi,
dei quali furono evidenti i limiti. Il modo di fare giornalismo delle Reti
occidentali ispirò la nascita del canale satellitare del Qatar Al Jazeera, che
si auto accreditava come la 'voce libera del mondo arabo', e che aveva
l'ambizione di applicare all'informazione araba i canoni occidentali, sia dal
punto di vista organizzativo ed editoriale, sia nell’impaginazione e
presentazione dei servizi, sia nel coinvolgimento di tutte le parti in causa in
una questione al fine di realizzare un libero dibattito. L’emittente televisiva
Al Jazeera fu voluta, creata e finanziata dall’Emiro sunnita del Qatar Hamad
bin Khalifa al Thani con l’intento di modernizzare ed elevare il suo Stato,
irrilevante da un punto di vista politico, a principale centro culturale della
regione del Golfo. L’emittente fu lanciata nel 1996 in lingua araba, mentre dal
2005 trasmette anche in lingua inglese. L’Arabia Saudita, da sempre ostile ad
Al Jazeera, - che, stabilendo un contatto con le masse e dando spazio alle voci
'zittite' dalla censura politica, era giudicata dal resto del mondo arabo
pericolosa ed estremista - ha cercato di farle concorrenza strutturando Al
Arabiya, una televisione di lingua araba, imitando i format e l’impostazione di
Al Jazeera senza tuttavia riscuotere particolare successo. Il Qatar attraverso
Al Jazeera ha sostenuto (non solo mediaticamente ma anche finanziariamente)
tutte le Primavere arabe (si è mostrata tuttavia prudente nei confronti delle
controverse vicende del Bahrein sostenendo la 'normalizzazione' saudita - il Bahrein
è infatti un Paese a maggioranza sciita governato da una monarchia sunnita).
Con la rivoluzione operata da Al Jazeera il sistema mediatico arabo si è
liberato dagli stereotipi, dalle convenzioni e dai localismi, cambiando il
ruolo dei giornalisti emancipandoli dalle limitazioni del panarabismo.
Naturalmente la libertà dell'emittente non giunge fino alla critica della linea
politica e delle vicende personali dell'Emiro del Qatar e della sua famiglia.
Ma la libertà nei confronti del potere non è piena, nonostante le apparenze,
nemmeno in occidente. In fondo, sarcasticamente, si può osservare che anche lì
la piena libertà di informazione di fatto è garantita solo a chi possiede i
mezzi di informazione. Roberto Rapaccini
Grammatica del mondo islamico, Medio Oriente, dialogo interreligioso, interetnico e multiculturale, questioni di geopolitica, immigrazione.
martedì 3 novembre 2020
L'INFORMAZIONE TELEVISIVA NEL MONDO ARABO (10-3-2016)
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