Da
anni e in particolare in questi giorni la Striscia di Gaza è drammaticamente al
centro della crisi mediorientale. Negli ultimi mesi Gaza è stata teatro di
proteste represse con grave violenza dall’esercito israeliano. Il 6 aprile u.s.
8 manifestanti sono stati uccisi, mentre almeno un migliaio sono stati feriti.
L’esercito israeliano ha giustificato la sua sproporzionata reazione affermando
di aver sparato solo contro quei manifestanti (che non avevano armi) che
cercavano di attraversare il confine fra la Striscia e il resto del territorio
israeliano. Analogamente, nonostante le condanne e le critiche
internazionali, il governo israeliano ha difeso la condotta dell’esercito,
sostenendo che i militari hanno difeso la sicurezza dei confini. Queste giustificazioni
sono state ritenute mendaci dall’Autorità Palestinese. Il presidente
palestinese Abbas ha chiesto che il rappresentante della Palestina
all’ONU, quelli dei Paesi della Lega Araba, quello dell’Unione Europea
intraprendano iniziative per fermare le violenze israeliane. La Striscia di
Gaza è una piccola frazione di territorio della Palestina (di circa 360 kmq con
una popolazione di meno di 2 milioni di abitanti di etnia araba [1]). Una
premessa terminologica convenzionale: uso il termine ‘arabo’ come sinonimo di
‘palestinese’; i Palestinesi infatti non hanno una specifica connotazione
etnica, ma sono il popolo di lingua e cultura araba, e di religione musulmana,
che vive in Palestina. Nel XIV secolo la regione di Gaza cadde sotto
l’influenza dell’Impero Ottomano integrando la cosiddetta Grande Siria insieme
all’attuale Siria e a buona parte del Libano. Dopo la Prima Guerra Mondiale
Gaza divenne destinataria del mandato britannico insieme alla Palestina.
Successivamente alla guerra arabo-israeliana del 1948[2]la Cisgiordania e Gaza,
grazie al supporto militare di alcuni Paesi arabi solidali nel tentativo di
ostacolare la nascita dello Stato d'Israele, passarono sotto
l’amministrazione egiziana per poi tornare ad essere territori israeliani a
seguito della guerra dei sei giorni del 1967. Con il Trattato di pace del 1979
con l’Egitto, a seguito degli accordi di Camp David, gli israeliani
restituirono il Sinai all’Egitto ma non i territori di Gaza, essendo cominciati
nel frattempo gli insediamenti coloniali in quella zona. Dopo le intese di Oslo
del ’93, Israele riconobbe a Gaza il diritto di autogovernarsi: le forze
militari israeliane si ritirarono, mentre il leader dell’Autorità Palestinese
Yasser Arafat stabilì in Gaza City il centro politico della regione. Seguirono
negoziazioni per definire più chiaramente lo status permanente
di questa area, che avrebbe dovuto seguire le sorti della West Bank[3]. Queste
intese si interruppero nel 2000 con la Prima Intifada. Dopo la morte di Arafat
e l’elezione di Mahmoud Abbas, capo di Al Fatah [4], come presidente della
Palestina, la situazione sembrava avviata verso una stabile normalizzazione ed
emersero prospettive di pacificazione fra le due etnie, quella araba e quella
ebrea. Nel 2005 Israele decise unilateralmente l’evacuazione della popolazione
israeliana dalla Striscia; ne mantenne tuttavia il controllo del traffico
marittimo e dei confini; in proposito l’economia della Striscia da allora è
fortemente condizionata dal blocco israeliano delle sue frontiere terrestri e
marittime. Nel 2006 esponenti politici legati ad Hamas [5] vinsero le
elezioni palestinesi e inviarono rappresentanti a Gaza, che poterono insediarsi
nelle istituzioni governative e militari. Gaza divenne una delle principali
basi operative di Hamas anche per iniziative terroristiche. Gli equilibri
instabili fra Al Fatah e Hamas crearono contrasti fra i due movimenti, che
sfociarono anche in scontri violenti. In effetti l’ascesa di Hamas qualche
decennio prima probabilmente fu favorita anche dai servizi di sicurezza
israeliani, che avevano intuito che Hamas, movimento fondamentalista sunnita,
per le sue posizioni radicali prima o poi sarebbe entrato in collisione con il
più laico e moderato Al Fatah, e questo avrebbe indebolito la società
palestinese. Tuttavia gli israeliani forse non avevano previsto che Hamas
sarebbe diventata una delle più gravi minacce per Israele. Nel 2011 Hamas e Al
Fatah si accordano per unificare le sorti di Gaza a quelle di tutta la
Cisgiordania. Dal 2012 fu ribadito il controllo dell’Autorità Palestinese sulla
Striscia e sulla West Bank. A seguito della politica dell’attuale governo
israeliano, che si concreta in ingerenze e interferenze nell’amministrazione
palestinese di Gaza che causano situazioni conflittuali con la comunità araba,
sono iniziati gli scontri che in questi giorni hanno avuto una grave
recrudescenza. Le voci critiche all’interno del Paese e il dibattito sugli
organi di stampa (su Haaretz in particolare) inducono a ritenere che queste
iniziative violente, che in qualche modo vanno correlate alla deportazione di
migliaia di africani, non corrispondano alle scelte politiche della nazione
israeliana, ma abbiano la loro paternità nelle opzioni politiche di un governo,
il più di destra nei settant’anni di storia di Israele, che sta riportando il
Paese in una condizione di isolamento internazionale mentre sarebbe maturo e
legittimo il suo pieno ingresso nella comunità internazionale. Roberto Rapaccini
[1] La maggior parte della popolazione è composta da rifugiati fuggiti dalle loro case durante la prima guerra arabo-palestinese del 1948 e dai loro discendenti.
[2] Il conflitto fu caratterizzata dallo scontro fra la componente ebraica e quella araba insediate in Palestina.
[3] Cioè la Cisgiordania detta West Bank poiché è situata sulla riva occidentale del fiume Giordano.
[4] Al Fatah è il movimento di liberazione palestinese.
[5] Hamas è il movimento di resistenza islamica, braccio operativo dei Fratelli Musulmani per contrastare Israele. Hamas non ha un esercito vero e proprio nella Striscia di Gaza, ma possiede un’ala militare, le brigate 'Izz al-Din al-Qassam.