RASSEGNA STAMPA S.

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PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

domenica 22 novembre 2020

LA CRISI DEL MULTICULTURALISMO (2.5.2018)


Un saggio dell’intellettuale britannico di origine pakistana Kenan Malik qualche anno fa ha sollevato un interessante dibattito sul multiculturalismo. Una politica è multiculturale quando all’interno di uno stesso Paese si attribuisce particolare spazio alle identità culturali e linguistiche di altre componenti etniche. Su questo tema si sono solitamente contrapposte due posizioni: da una parte si considera il multiculturalismo un potenziale attacco all’identità nazionale, dall’altra si afferma l’opportunità di salvaguardare le diversità che possono costituire elementi di  reciproco arricchimento. In Europa in questi ultimi anni il dibattito su questo tema si è intensificato con l’affermarsi dell’emergenza terroristica di matrice islamica e con l’incremento dei flussi migratori dal nord-Africa. Così il multiculturalismo si è inserito nel più ampio dibattito sui rapporti fra Islam e Occidente. Le derive del multiculturalismo possono in questo modo diventare un’espressione dello ‘scontro di civiltà’ ipotizzato da Samuel Huntington nel suo celebre libro[1], dal momento che in questa prospettiva le aperture multiculturali potrebbero alimentare la minaccia di un’islamizzazione della civiltà occidentale, con  il rischio di dare spazio a movimenti e associazioni islamiche violente o semplicemente ambigue o passive nei confronti dell’estremismo jihadista.  Un atteggiamento di rispetto e protezione delle istanze multiculturali porta inevitabilmente a collocare i diversi gruppi etnici in specifici ambiti anche normativamente circoscritti da limiti fisici e virtuali. Da questo punto di vista il relativismo multiculturale è in antitesi con la visione illuministica che auspica una società cosmopolita nella quale ogni differenza fra individui è bandita per affermare la pari dignità di tutti. La visione universalistica dell’illuminismo, contrapposta al relativismo multiculturale, presuppone valori condivisi come l’inviolabilità della persona, l’attribuzione ad ognuno degli stessi diritti e libertà, la parità dei sessi: il riconoscimento di questi principi diviene pertanto la condizione perché un gruppo etnico possa aspirare alla completa integrazione in una società occidentale. Questa constatazione può portare a conseguenze paradossali. Il riconoscimento della piena legittimità di altre culture, quasi sempre animato da nobili intenzioni, può diventare infatti uno strumento potenzialmente conservatore e antiprogressista, dal momento che alcune culture sono agli antipodi degli ideali di uguaglianza e di libertà di derivazione illuminista su cui si strutturano le società occidentali. In questo quadro si colloca la recente presentazione in Belgio del Partito Islamico, che ha tra gli obiettivi l’introduzione in Europa della Sharia. Pur partendo dal presupposto che tutte le culture hanno pari dignità, le politiche di integrazione - che mirano all’edificazione di una comune società di uguali - possono essere in antitesi con i modelli multietnici, nei quali invece la comunità è staticamente frammentata in distinti sistemi che conservano integralmente i principi e le regole su cui si fondano e che potrebbero anche causare il proliferare di sfere di arretratezza o che ripudiano la democrazia. Il relativismo multiculturale può portare a casi estremi come, ad esempio, il delitto d’onore consumato ai danni di quelle figlie che si sono sentimentalmente unite con un ‘infedele’: per i musulmani la sua uccisione è un atto dovuto, mentre è un omicidio nelle società ispirate a valori liberali. Autonomi sistemi  culturali spesso coesistano pacificamente e si tollerano perché raramente entrano in relazione fra di loro. La più nota esemplificazione di società multiculturale è quella britannica.  In essa tuttavia esiste una cultura egemone, quella di cui è espressione la società inglese, mentre i valori e le regole degli altri gruppi etnici possono avere riconoscimento solo se non confliggno con le norme dell’ordinamento giuridico dello Stato. Nella pratica quindi è difficilmente ipotizzabile un multiculturalismo ‘integrale’, ovvero un sistema nel quale tutte le culture che obbediscono a regole diverse convivano senza compromessi o reciproche concessioni o rinunce, e nello stesso tempo non entrino in situazioni conflittuali. La libertà di parola, la libertà di fede, la democrazia, lo Stato di diritto, diritti uguali per tutti indipendentemente dall’etnia, dal genere o dall’orientamento sessuale definiscono la società occidentale; non è possibile che culture differenti vivano vite separate, l’una dall’altra, e indipendenti dalla cultura che è espressione della maggioranza. Queste considerazioni hanno spinto recentemente molti intellettuali a prendere atto amaramente del fallimento della multi etnicità. Tuttavia i processi identitari hanno natura dinamica; se si i gruppi etnici sono disponibili al confronto e al dialogo, si possono evitare le cristallizzazioni che costringono il pluralismo a ghettizzare chi è intollerante con i tolleranti. Roberto Rapaccini

[1] ‘Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale’ di Samuel P. Huntington