I
divergenti punti di vista nella valutazione dell’Islam, soprattutto per quanto
riguarda il grado di tolleranza dei fedeli nei confronti di altre realtà
religiose o che si evidenziano nelle differenti opinioni sulla sua pericolosità
per il possibile ricorso alla violenza come strumento di affermazione e di
espansione della fede musulmana, sono la conseguenza non solo di ambiguità
contenute nei testi sacri, ma anche della disomogeneità di questa religione. Il
suo carattere aggressivo viene enfatizzato nei media occidentali attraverso un
ampio ricorso al termine jihad. Jihad correntemente viene
tradotto guerra santa. Jihad in arabo vuol dire sforzo ed è
seguito spesso dall’espressione fi sabil Allah, cioè lungo il
sentiero di Dio: pertanto, al termine jihad dovrebbe essere attribuito
il significato di lotta interiore. L’Islam è spesso considerato una monade dai
tratti definiti. Innanzitutto manca un’autorità capace di esprimere una
posizione ufficiale su ogni specifica questione. (questa caratteristica
riguarda l’Islam di professione sunnita, l’80/90 % circa del mondo musulmano).
Nell’Islam convivono tante confessioni, come avviene nel Cristianesimo. I
fatti che hanno dato origine alla scissione fra Sunniti e Sciiti risalgono al
periodo di poco posteriore alla morte di Maometto; emerse un contrasto sui
criteri per l’individuazione del califfo, ovvero del successore del Profeta,
che avrebbe dovuto assumere il ruolo di capo politico e spirituale della
comunità musulmana. Per gli Sciiti, poiché Maometto non aveva figli maschi, il
primo successore andava individuato in Alì, cugino e genero del Profeta, che
sposò la figlia Fatima; in questo modo, la successione si sarebbe attuata
all’interno della discendenza del Profeta. Per i Sunniti era invece necessario
individuare il califfo mediante un’investitura che sarebbe dovuta provenire
dalla comunità dei fedeli, riconosciuta come una vera autorità religiosa. Il
principio di autodeterminazione della comunità dei fedeli si fa risalire
all’affermazione di Maometto: “La comunità dei credenti non si accorderà mai su
un errore”. Attualmente la differenza fondamentale fra queste due principali
componenti dell’Islam riguarda l’esistenza e il ruolo della gerarchia
religiosa. Il Paese più grande nel quale gli Sciiti sono al potere è l’Iran. La
rivoluzione del 1978, che trasformò la monarchia persiana in una
repubblica islamica, fu guidata dalle autorità religiose, fra le quali ebbe
particolare rilievo l’ayatollah Khomeini. Gli ayatollah sono le guide
spirituali dei fedeli sciiti iraniani: si tratta di un vero e proprio clero. La
Repubblica Islamica Iraniana è di fatto una teocrazia. In altri Paesi, come il
Bahrain, nonostante la maggioranza della popolazione sia sciita, è al potere la
minoranza sunnita. Per quanto riguarda i fondamenti della fede, fra Sciiti
e Sunniti non ci sono rilevanti differenze. La divisione fra Sciiti e Sunniti
non è la sola: il mondo musulmano è caratterizzato da molte altre
frammentazioni. Nella deriva fondamentalista e antioccidentale di alcuni Stati
arabi hanno avuto notevole influsso il movimento wahabita e
quello salafita, che promuovono un ritorno all’Islam delle origini. Il
termine wahabita deriva da Muhammad bin Abd al-Wahhab, vissuto
all’inizio del XVIII secolo, alleato di Muhammad bin Saud, principe di un’oasi
della regione del Neged, capostipite della dinastia che nel XX secolo
unificherà l’Arabia e che tuttora governa il Paese. Punto fondamentale della
dottrina wahabita è l’affermazione del tawhid, ovvero l’assoluta unità
di Dio e la lotta con ogni mezzo contro tutte le forme di culto devianti o
atipiche. Il buon governo è adeguamento della prassi politica e giuridica
ai fondamentali principi della Sharia, che, con rigore, deve regolare ogni
comportamento umano. Per questo la dottrina wahabita manifesta una
radicale ostilità nei confronti di quei governi che si allontanano dalla via
tracciata dal Corano: non c’è spazio per forme di legittimità democratica di
tipo occidentale in quanto l’unica legittimità viene dal letterale rispetto
della legge divina. Il wahabismo ha sempre goduto del sostegno
finanziario dei potentati sauditi; oltre a quello dei regnanti sauditi,. È
contraddittorio che l’Arabia Saudita, nonostante sia uno Stato nel
quale la dottrina wahabita, contraria alle seduzioni del mondo
occidentale, sia particolarmente radicata, abbia sempre mantenuto ottimi
rapporti politici e d’affari con gli Stati Uniti. Analoghe posizioni
anti-occidentali e di rifiuto di qualsiasi modernità si riscontrano nel
movimento salafita. Il salafismo prende il nome dal termine
arabo salaf al ṣaliḥīn (i pii antenati) che identifica le prime tre
generazioni dei musulmani. Anche il Salafismo è di professione sunnita; il
movimento fu fondato dall’egiziano Rashid Rida verso la fine dell’Ottocento. Roberto
Rapaccini