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PAESI DELLA LEGA ARABA

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La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

martedì 17 giugno 2025

LA CHIESA CATTOLICA IN AFRICA A UN BIVIO TRA IDENTITÀ, AUTONOMIA E FUTURO GLOBALE



La Chiesa cattolica in Africa si trova di fronte a un bivio storico. Da una parte custodisce un’eredità millenaria fatta di fede, spiritualità e testimonianza; dall’altra sente l’urgenza di affermare un’identità autonoma, capace di parlare al mondo con voce propria, radicata nella propria cultura e nella propria storia. Contrariamente a una visione eurocentrica ancora diffusa, l’Africa non è solo terra di missione, cioè una periferia religiosa da evangelizzare. La storia del Cristianesimo africano affonda le radici nei primi secoli dopo Cristo, prima dell’arrivo dei missionari europei nel XV secolo. Figure come Sant’Antonio Abate, San Pacomio e Sant’Agostino testimoniano un Cristianesimo autoctono, originale e radicato nel pensiero e nella spiritualità africani. Questa consapevolezza storica è stata rilanciata già negli anni Sessanta da papa Paolo VI, che nel pieno della decolonizzazione affermava con forza che gli africani sono i loro missionari. Era un invito a riscoprire e rivendicare la propria identità religiosa e culturale, non come semplice replica della Chiesa europea, ma come Chiesa pienamente africana, protagonista del suo destino. Oggi l’Africa è il continente in cui la Chiesa Cattolica cresce più rapidamente, sia in termini di fedeli, sia di seminaristi e sacerdoti. Tuttavia, a questa espansione numerica non corrisponde sempre una riflessione approfondita sulla natura e l’identità della Chiesa africana. C’è una tensione evidente tra la crescita delle statistiche e il bisogno di una teologia, una filosofia e un modello ecclesiale propri, capaci di sintetizzare fede, cultura e società. Segnali importanti arrivano anche sul piano politico. La Conferenza Episcopale Africana (SECAM, Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar) ha assunto negli ultimi anni orientamenti chiari e autonomi, come dimostrano le prese di posizione sui colpi di Stato nel Sahel. In quei contesti la Chiesa africana ha evitato di appiattirsi sulle narrative occidentali, mostrando una maturità nuova e una volontà di camminare al fianco dei propri popoli, riconoscendo le radici profonde di instabilità e sofferenza. Il colonialismo, oltre a saccheggiare le risorse e le economie africane, ha cercato di annullare la soggettività dei popoli del continente. Pensatori come Hegel consideravano l’Africa una terra priva di storia autentica, incapace di progettualità e sviluppo autonomo. La Chiesa in molti casi ha contribuito a questa visione, imponendo modelli culturali e teologici occidentali come se fossero universali. Ma negli ultimi decenni filosofi e teologi africani hanno reagito. Alcuni pensatori hanno evidenziato che l’Africa possiede una filosofia propria, profondamente radicata nella propria visione del mondo. Un esempio emblematico è la filosofia bantu, che si basa sul concetto di forza vitale e sulla dimensione relazionale dell’esistenza. Questi elementi non sono solo valori culturali: sono chiavi di lettura del reale e potenziali basi per una teologia africana autentica. In questo senso la teologia africana non può che nascere da una filosofia africana: solo così potrà esprimere la fede in modo coerente con il vissuto e la sensibilità dei popoli del continente. Il richiamo all’identità africana lanciato da Paolo VI è stato raccolto e rilanciato con forza da papa Francesco, che con i suoi viaggi e le sue chiare posizioni ha posto la dignità del continente al centro del dibattito globale. L’elezione di papa Leone XIV, particolarmente sensibile alle dinamiche africane, rappresenta non solo un evento di grande rilievo ecclesiastico, ma anche un segnale chiaro di continuità e di apertura verso un continente che da tempo si conferma come il cuore pulsante del Cattolicesimo mondiale. Leone XIV, con la sua esperienza e attenzione verso le questioni africane, porta nel suo magistero la consapevolezza delle sfide complesse che il continente deve affrontare: dalla povertà diffusa alle tensioni politiche, dalle difficoltà sociali alla ricchezza culturale e spirituale. Il suo impegno testimonia la volontà di una Chiesa che vuole accompagnare l’Africa non come spettatrice passiva, ma come protagonista attiva del proprio destino. La sua sensibilità si traduce in un messaggio di speranza per i popoli africani e per la Chiesa locale: una chiamata a valorizzare le identità culturali, a promuovere una teologia autenticamente africana e a sostenere il ruolo crescente che l’Africa ha all’interno della comunità cattolica globale. Sotto la guida di papa Leone XIV, la Chiesa africana potrà contare su un sostegno maggiore per approfondire e sviluppare una teologia radicata nelle esperienze, nelle lingue e nelle tradizioni africane. Questo processo è cruciale per superare l’eredità colonialista che ha spesso imposto modelli teologici e pastorali estranei alle realtà locali. Leone XIV potrà anche promuovere una presenza più incisiva della Chiesa nei contesti sociali e politici africani, sostenendo la giustizia, la pace e lo sviluppo umano integrale. La Chiesa, già voce autorevole in molte crisi locali, potrebbe assumere un ruolo ancora più attivo nel favorire il dialogo e la riconciliazione, affermandosi come un ponte di unità e speranza per intere comunità. Infine, l’ascesa di un papa così attento alle realtà africane suggerisce un cambiamento più ampio nel volto del cattolicesimo mondiale. Il continente africano non è più una periferia, ma un cuore vitale e propulsore di spiritualità, vocazioni e nuovi modi di essere Chiesa. Le prospettive, quindi, sono di un cattolicesimo più pluralista, interculturale e inclusivo, dove le periferie diventano centri di innovazione e rigenerazione. In questo senso papa Leone XIV può essere il pontefice che segna una svolta decisiva nella storia della Chiesa universale. Una delle contraddizioni più gravi dell’attuale scenario geopolitico riguarda la mancanza, da parte dell’Europa, di una strategia unitaria e rispettosa verso l’Africa. Le politiche europee oscillano tra interessi economici, retaggi coloniali e una retorica di aiuto allo sviluppo che spesso ignora la dignità e la complessità delle società africane. Questa assenza di visione si traduce in interventi frammentari e contraddittori. L’Africa non è più un semplice osservatore, ma un attore imprescindibile nel futuro globale, anche dal punto di vista spirituale e culturale. L’Europa, segnata da crisi economiche, declino demografico e fragilità sociale, non può più permettersi di ignorare la centralità dell’Africa. Non si tratta solo di economia o migrazioni, ma di costruire un rapporto paritario, fondato sulla reciprocità e sul rispetto. Una Chiesa africana forte, pensante e radicata culturalmente può essere un fattore di stabilità, dialogo e sviluppo. Il cammino è lungo e richiede una volontà politica reale di superare le logiche di sfruttamento. Ma in questo percorso la Chiesa – con la sua dimensione transnazionale e la sua profonda presenza nel continente – può diventare ponte tra Europa e Africa, promotrice di una nuova stagione di collaborazione e riconciliazione. Il futuro della Chiesa cattolica in Africa è una questione che supera i confini della religione: è un simbolo della sfida dell’intero continente per affermare la propria identità, autonomia e dignità. È anche un banco di prova per l’Occidente, chiamato a scegliere se continuare a dominare o finalmente dialogare. Europa e Africa si trovano ora davanti a un’opportunità storica: costruire un nuovo rapporto basato sul rispetto e sulla valorizzazione delle differenze. Solo così potrà nascere un’alleanza spirituale e culturale, in grado di affrontare le sfide del mondo globale.

 

Roberto Rapaccini