La morte di Papa
Francesco, avvenuta il 21 aprile 2025, ha segnato la fine di un'epoca per la
Chiesa Cattolica e per la diplomazia globale. In un mondo sempre più
frammentato e guidato da interessi di potere, si è aperto un nuovo capitolo
anche sul piano simbolico e morale. Donald Trump, attuale presidente degli
Stati Uniti, potrebbe vedere in questo evento un’opportunità per imporre la sua
influenza anche ideologica. Ma se è vera questa affermazione, ovvero che in
concreto Trump voglia mettere tutta la geopolitica sotto il suo controllo, quali
saranno le sue iniziative conseguenti alla morte del Pontefice? La reazione di
Trump immediatamente successiva alla notizia della scomparsa del capo della
Cristianità cattolica non è stata coerentemente uniforme. In un primo momento,
il presidente ha rilasciato una dichiarazione estremamente sintetica sul suo profilo
di Truth Social: "Riposa in pace,
Papa Francesco! Che Dio lo benedica e benedica tutti coloro che lo hanno
amato!" Il commento ha suscitato perplessità per la sua freddezza,
considerato il peso dell'evento. Tuttavia, nelle ore successive la
comunicazione si è fatta più articolata. Durante una cerimonia ufficiale alla
Casa Bianca, accanto alla First Lady Melania, Trump ha definito il Papa ‘un brav'uomo’
e ha espresso cordoglio nei confronti della comunità cattolica mondiale. È
seguito un provvedimento simbolico ma significativo: la dichiarazione ufficiale
di lutto nazionale con l’ordine di abbassare tutte le bandiere federali e
statali a mezz’asta fino al tramonto del giorno della sepoltura. Questo
passaggio da una reazione lapidaria a un protocollo istituzionale più solenne ha
evidenziato la volontà di Trump di uniformarsi pubblicamente al contesto
globale del lutto, evitando di apparire indifferente e al contempo sfruttando
il momento per rientrare nella narrazione ordinaria dei grandi leader. Mentre la Casa Bianca manteneva un tono
ufficiale e rispettoso, le prime dichiarazioni dissonanti sono arrivate proprio
da ambienti vicini al fronte Maga. Il Maga (acronimo di Make America Great
Again) indica l’insieme di politici, di attivisti e dei media che costituiscono
l’ala più radicale, fedele e militante del trumpismo. Si tratta di un movimento
che mira a cambiare radicalmente il volto della politica americana, partendo da
uno spirito di crociata patriottica, ovvero richiamandosi - spesso con forti
toni nazionalisti, protezionisti, antiglobalisti e conservatori - a un presunto
passato glorioso da recuperare. Segnatamente,
la deputata repubblicana Marjorie Taylor Greene, figura di spicco dell'estrema
destra americana e alleata politica di Trump, ha commentato su X: “Oggi ci sono
stati cambiamenti di grande importanza nelle leadership globali. Il male sta
venendo sconfitto per mano di Dio”. Una frase ambigua ma dai chiari toni
trionfalistici, letta da molti come una celebrazione implicita della scomparsa
del Papa. Questa esternazione può essere interpretata anche come uno strumento che
consente a Trump - che si attiene al protocollo istituzionale - di
beneficiare del consenso degli estremisti senza esporsi direttamente. Donald
Trump non è un tradizionale stratega geopolitico nel senso accademico del
termine. La sua visione del mondo è piuttosto transazionale: valuta le
relazioni internazionali sulla base di guadagni immediati per gli Stati Uniti e
per il proprio brand politico. Tuttavia, durante e dopo la prima presidenza, e
ancor più nel suo secondo mandato in corso, ha mostrato un chiaro interesse a
rimodellare l’ordine globale in funzione dei suoi valori: nazionalismo,
sovranismo, e la narrativa di un occidente cristiano sotto assedio. Non si
tratta di voler controllare il mondo, quanto di esigere che le nazioni, le
istituzioni internazionali e persino gli organismi religiosi condividano
l’esaltazione dell’identità nazionale e del primato della forza. In questa
prospettiva la sua ostilità verso la Nato, verso l’Onu e perfino verso la
diplomazia multilaterale non indica disinteresse, ma piuttosto un desiderio di
sostituire queste strutture con rapporti bilaterali asimmetrici dominati da
logiche di potere. Trump, invece di intervenire direttamente per strutturare le
alleanze in chiave classica, preferisce ridefinire le relazioni in base alla
fedeltà personale e all’allineamento ideologico. Questo approccio rafforza dinamiche binarie (amico/nemico),
spesso basate su omogeneità culturali e religiose, più che su interessi di
sicurezza. Papa Francesco ha rappresentato per oltre un decennio una voce
indipendente nel panorama globale, criticando i populismi, mostrando aperture
all’accoglienza dei migranti e sensibilità per i temi ambientali e sociali.
Tutti elementi spesso in contrasto con la retorica e la politica dell’attuale
presidente americano. La scomparsa di una figura così influente come Bergoglio
rappresenta per Trump non solo la fine di un contropotere simbolico, ma anche la
prospettazione di un’opportunità narrativa. Con Francesco fuori scena, il
presidente potrebbe infatti ampliare il proprio spazio di influenza morale,
rivolgendosi direttamente a quei fedeli che valutavano il pontificato troppo
progressista. Potrebbe essere un’occasione per ricalibrare il discorso pubblico
intorno alla fede, all’ordine mondiale e al ruolo degli Stati Uniti. Trump pertanto
potrebbe posizionarsi come leader morale alternativo - anche se laico - che
difende i valori cristiani attraverso l’azione politica piuttosto che la
predicazione. Come si è detto, dopo la comunicazione iniziale, Trump ha
mostrato una crescente attenzione formale e diplomatica. Ha ordinato il lutto
nazionale, ha parlato pubblicamente del Papa con rispetto e ha confermato la
sua presenza ai funerali che si terranno il 26 aprile a Roma. Sarà un’occasione
importante per mostrarsi sulla scena internazionale, con la First Lady Melania,
in un contesto che unisce politica, religione e diplomazia. È probabile che la
sua presenza alla cerimonia venga amplificata mediaticamente come segno di
leadership globale, che si concreta anche nel rispetto per l'autorità
spirituale, indipendentemente dalle divergenze ideologiche del passato. Papa
Francesco è stato un’autorità morale globale, capace di influenzare il
dibattito mondiale ben oltre i confini del mondo cattolico. Trump, pur non
avendo ambizioni religiose dirette, se tenterà di colmare quel vuoto simbolico,
potrebbe adottare un tono più pastorale nei suoi discorsi, invocando valori
cristiani e difesa dell’occidente, e promuovere eventi, comitati e iniziative
che ricolleghino la fede alla politica nazionalista. In questo modo si
accrediterebbe come l’uomo della verità in un mondo che ha perso una delle sue
guide spirituali. Un’analisi più profonda rivela che questa strategia rientrerebbe
in un modello consolidato di appropriazione simbolica: Trump non si porrebbe
come figura spirituale, ma come custode dei valori che lui ritiene autentici.
Questo gli consentirebbe di strutturare un consenso trasversale, cioè tra
politica, religione e cultura popolare. In estrema sintesi, la morte di Papa
Francesco rappresenta un momento fondamentale non solo per la Chiesa, ma per
l’intera architettura morale del pianeta; Donald Trump potrebbe cogliere questa
occasione per rafforzare la sua influenza e ridefinire il ruolo degli Stati
Uniti come guida spirituale e politica di un nuovo ordine mondiale. Non si
tratterebbe di un tentativo di controllo diretto, ma di una sofisticata
occupazione di spazi vuoti. La geopolitica di Trump non è fatta di confini e
truppe, ma di simboli, alleanze e identità. E in un mondo affamato di certezze,
questo tipo di potere è forse il più pericoloso. RR
Grammatica del mondo islamico, Medio Oriente, dialogo interreligioso, interetnico e multiculturale, questioni di geopolitica, immigrazione.
PAESI DELLA LEGA ARABA

TESTO SC.
giovedì 24 aprile 2025
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