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PAESI DELLA LEGA ARABA

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La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

giovedì 20 febbraio 2025

ESERCITO EUROPEO, CRESCE IL DIBATTITO, CRESCONO I DUBBI: UTOPIA O REALTÀ?



Negli ultimi anni l'idea di un esercito europeo ha assunto un ruolo sempre più centrale nel dibattito politico e strategico dell'Unione Europea (UE). Le recenti sfide geopolitiche, come la guerra in Ucraina, le tensioni in Medio Oriente e la crescente assertività della Cina, hanno reso questa questione ancora più urgente. Si aggiunge l'incertezza sul futuro della NATO, alimentata dal ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Alcuni Stati Membri vedono nella creazione di un esercito europeo un passo necessario per garantire maggiore autonomia e sicurezza all’UE. Tuttavia, il progetto incontra ostacoli politici, giuridici e operativi che ne rendono difficile la realizzazione. La posizione degli Stati Uniti gioca un ruolo chiave. Già durante il suo primo mandato Trump aveva criticato duramente la NATO, accusando gli alleati europei di non contribuire abbastanza alle spese per la difesa e minacciando di ridurre il coinvolgimento americano nella sicurezza del continente. In particolare, nel gennaio 2025, al World Economic Forum di Davos, Trump ha chiesto ai membri della NATO di incrementare la spesa militare fino al 5% del PIL, superando di gran lunga l’attuale soglia del 2%. Queste dichiarazioni hanno suscitato preoccupazione tra i leader europei, spingendo Emmanuel Macron a rilanciare l’idea di una maggiore autonomia strategica per l’Europa. La NATO rimane il principale pilastro della difesa europea, ma il deterioramento dei rapporti transatlantici ha riacceso il dibattito sull’autonomia strategica dell’UE. Il nodo cruciale è il rapporto tra un eventuale esercito europeo e l’alleanza atlantica. Da un lato alcuni leader sostengono che un’iniziativa del genere rafforzerebbe la sicurezza collettiva, consentendo all’Europa di affrontare crisi regionali senza dipendere dagli Stati Uniti. Dall’altro Paesi dell’Europa orientale come Polonia e Stati baltici temono che ciò possa compromettere le potenzialità della NATO, vedendo nella presenza americana un deterrente fondamentale contro la Russia. La Germania, invece, adotta un approccio più cauto, privilegiando il rafforzamento delle capacità europee all’interno dell’alleanza piuttosto che la creazione di una struttura parallela. Negli ultimi anni l’UE ha già avviato diverse iniziative per accrescere la propria autonomia militare. La Bussola Strategica è un piano per la sicurezza e la difesa dell’UE fino al 2030, con la previsione di una Forza di Reazione Rapida europea di 5.000 soldati entro il 2025. Il Fondo Europeo per la Difesa con un budget di 7,3 miliardi di euro per il periodo 2021-2027 finanzia progetti congiunti per migliorare la cooperazione tra gli Stati membri.  La PESCO (Cooperazione Strutturata Permanente), lanciata nel 2017, permette a gruppi di Stati di sviluppare progetti comuni. La Missione di Assistenza Militare UE per l'Ucraina, lanciata nel 2022, ha principalmente fornito addestramento e supporto operativo alle forze armate ucraine. Nonostante questi passi avanti, la realizzazione di un esercito europeo unificato resta complessa. Le priorità strategiche divergenti tra gli Stati membri rendono difficile raggiungere un accordo su missioni, comando e finanziamenti. Inoltre, la necessità di approvazioni unanimi per ogni operazione militare potrebbe rallentare le risposte alle crisi. A questo si aggiunge la disparità tra gli eserciti nazionali: mentre alcuni Paesi, come la Francia, dispongono di forze armate avanzate, altri hanno capacità più limitate. Un esercito comune richiederebbe inoltre un budget significativo, incontrando possibili resistenze da parte di economie più fragili. Anche l’eterogeneità culturale e linguistica potrebbe rappresentare una sfida operativa. Dal punto di vista giuridico, il Trattato di Lisbona non prevede esplicitamente la creazione di forze armate comuni e qualsiasi modifica richiederebbe l’approvazione unanime dei 27 Stati membri. Un esercito europeo potrebbe certamente rafforzare la sicurezza dell’UE e ridurre la dipendenza dalla NATO e dagli Stati Uniti, ma i numerosi ostacoli rendono improbabile una sua realizzazione nel breve termine. È più realistico pensare che l’Unione continui a rafforzare la cooperazione militare attraverso strumenti come PESCO, la Bussola Strategica e il Fondo Europeo per la Difesa. Tuttavia, se gli Stati Uniti dovessero effettivamente ridurre il loro impegno nella NATO e il contesto geopolitico si facesse ancora più instabile, la pressione per una difesa europea più integrata potrebbe crescere, trasformando quella che oggi appare come un’utopia in una necessità concreta. Solo il tempo dirà se l’UE riuscirà a compiere questo passo storico, ma è certo che il tema della difesa comune resterà una priorità nelle agende politiche dei prossimi anni. RR