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• Il Passato sarà un buon rifugio, ma il Futuro è l'unico posto dove possiamo andare. (Renzo Piano) •

PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

lunedì 5 giugno 2023

RIFLESSIONI A MARGINE DEL LIBRO 'IL JIHADISTA DELLA PORTA ACCANTO' DI KHALED FOUD ALLAM. (16-4-2016)

 


L'intellettuale algerino Khaled Fouad Allam, dopo la strage nella sede della rivista Charlie Hebdo di Parigi, in un recente saggio, 'Il jihadista della porta accanto', compie alcune riflessioni sul significato e la valenza simbolica di questo attentato. Innanzitutto, è significativo che il triste evento sia avvenuto in Francia, la patria della rivoluzione illuminista, il movimento che si è proposto di liberare la mente dell'uomo dall'ignoranza, dalla superstizione, valorizzando l'apporto della ragione e della scienza nella formazione del pensiero. L'Illuminismo è infatti mancato nel mondo arabo, e solo con l'avvento della Primavera araba quei popoli per la prima volta  hanno richiesto sistemi politici che, oltre a governare con giusti­zia, assicurassero libertà e democrazia. Il conflitto con il fondamentalismo islamico, di cui gli attentati a Parigi e a Bruxelles costituiscono la punta esponenziale, non è nuovo ma è completamente cambiato con la nascita del Califfato e la costituzione di un esercito che promuove nuove forme di lotta. L'Isis con i suoi proclami invita a forme individuali di 'guerra santa', coinvolgendo in una nuova missione 'sacra' ragazzi e ragazze nati in Europa e di seconda generazione; una missione che consiste nel compiere crimini che possono manifestarsi in qualsiasi luogo e che possono colpire chiunque,  penalizzando indiscriminatamente tutti i potenziali spazi di relazione fra persone con culture e religioni diverse. Per questo l'autore definisce 'di prossimità' questo terrorismo. Il messaggio del sedicente Califfo sembra essere 'andate e colpite ovunque'. Dice l'autore del saggio che la data del 7 gennaio 2015 suona già come l’11 settembre 2001, una specie di spartiacque, l’entrata in una nuova era, nella quale le nostre democrazie moderne dovranno abituarsi a non sottovalutare questa emergente forma di minaccia, quasi permanente, che può provenire da ogni punto del globo. L'unico modo attraverso il quale l'Occidente può contrastare i raccapriccianti scenari che prospetta la deriva fondamentalista di matrice islamista è una forte  e coesa cooperazione internazionale; l'Occidente - è stato autorevolmente affermato (Wael Farouq) - non deve essere un'entità geografica, ma un insieme di valori. Al contrario l'Occidente manifesta contraddizioni e mancanza di unione culturale, e non integra né  un interlocutore né un modello compatto, facilitando l'obiettivo dell'Isis di cancellare quella zona grigia nella quale si articola il dialogo fra mondo cristiano e mondo musulmano. Lo Stato Islamico, nel rivolgere il suo messaggio di guerra e di violenza a tutti i musulmani, vuole sottomettere l'Islam per creare un mondo diviso fra opposti. La fascinazione che il richiamo dei cattivi maestri del radicalismo esercita sui giovani trova un terreno fertile nella nostra difficoltà di fornire valori solidi, nel fatto che i giovani quando escono dalla realtà virtuale popolata dai discutibili ma chiari richiami dell'Isis, trovano il nulla. E Internet è uno strumento che facilità il terrorismo, perché è uno mezzo passivo, che non si avvale del confronto critico. Poi il termine jihad  ha una forte suggestione perché è molto più forte del termine guerra perché conferisce uno 'status' che è il precipitato di una cultura di riferimento, che si manifesta con  un'identità che prima ancora di essere spirituale è esteriore. La crisi non è politica o religiosa, ma è culturale. Peraltro, l'integrazione di etnie extraeuropee non si esaurisce nel fornire documenti di identità, ma necessita la condivisione di una civiltà. L'Occidente ha trascurato questa priorità, osserva acutamente l'intellettuale algerino. La pericolosità dell'Isis che non va sottovalutata né banalizzata - continua Khaled - è facilitata da una leggerezza della politica occidentale che sarebbe subentrata alla caduta del muro di Berlino. Forse la distruzione dei siti archeologici o l'accanimento verso i luoghi d'Arte hanno una loro logica perversa: la bellezza artistica e la cultura sono un formidabile collante che unisce popoli diversi e che va oltre le nazionalità e le visioni spirituali differenti. Al contrario, è necessario non essere involontariamente conniventi con il progetto di scontro dell'Isis e mantenere viva questa zona grigia del dialogo, distinguendo i terroristi e i fondamentalisti dal resto dei musulmani moderati. L'isolamento dei  criminali e del radicalismo è la premessa dell'unica possibile strategia vincente. L'Occidente vive invece nelle contraddizioni, come ad esempio, privilegiando i perversi interessi finanziari e commerciali su ogni altro valore, quella di essere nella lotta all'Isis alleato dell'Arabia Saudita, culla dell'ideologia wahabita, o di continuare a fare affari con lo Stato islamico (che così si procura armi e vende petrolio). Khaled Fouad Allan teme le semplificazioni, e che cioè l'Isis sia considerato solo l'incarnazione del male non valutando adeguatamente le potenzialità del suo messaggio di morte. La pericolosità dello Stato Islamico è anche quella, infatti, di aver trasformato la contestazione in un'istituzione, creando un modello, uno Stato con un territorio, un'alternativa concreta alle nostre contraddizioni e alla nostra identità divisa. Roberto Rapaccini