Nell’ultima
edizione da poco conclusa del Festival della Sociologia di Narni si è
consolidata l’intima relazione fra Scienze Sociali e Arte. In proposito nel
quadro degli eventi della manifestazione l’Arte Contemporanea è stata presente
(e lo sarà fino al 15 ottobre) con un’esposizione di opere sul tema ‘Oltre i
naufragi’, all’interno del complesso monumentale di San Domenico – Auditorium
Bortolotti di Narni. Curatrice della mostra è l’esperta Mariacristina Angeli,
che si è avvalsa della prestigiosa direzione artistica di Mauro Pulcinella e
della preziosa e insostituibile collaborazione di Ugo Antinori. L’evento,
magistralmente allestito, rende evidenti i legami fra Sociologia e Arte. L’Arte
con la capacità di ridurre la complessità delle contingenze del presente alla
sintesi unitaria ed ermetica di un pensiero complesso esibisce il suo tratto
sociologico; in maniera simmetricamente analoga la Sociologia nell’intento di
esplorare e di dare ordine logico e analitico alla realtà si avvale
dell’astrazione sistematica che impiega l’Arte per attingere valori dalla
coscienza collettiva comune. Nella mostra ‘Oltre i naufragi’ la difficile
coesistenza fra le installazioni e i tradizionali ‘quadri’ (le installazioni
adottano generalmente un linguaggio che emoziona in maniera coinvolgente,
mentre il quadro ostenta un aristocratico distacco fisico dal fruitore) è
felicemente risolta attraverso la creazione di atmosfere mediante ambienti nei
quali confluiscono energie che descrivono suggestive esperienze esistenziali.
In alcuni casi si celebra la solitudine della presenza di un’assenza; in altri
il tentativo di dare ordine ad un flusso di fotogrammi nei quali si perde
l’unicità degli istanti. Lo sguardo ha anche la possibilità di indugiare
sui tratti malinconici del dinamismo perverso e inconsistente di un paesaggio
marino nel quale si consumano drammatici naufragi. C’è pure la memoria di anni
felici di cui restano tracce attraverso forme geometricamente ridotte a un
inquieto schema minimale; o l’allusione alla vitalità tragicamente pietrificata
di una donna araba. C’è il lutto che affonda l’esistenza nel mistero del tempo,
mentre appare la metafora teneramente drammatica di un cuore trafitto dalle
api. Per citare solo alcuni momenti di un viaggio all’interno della mostra,
unica nella sua suggestiva bellezza e tutta da scolpire nel cuore e nella
memoria, che inizia e si perde nell’infinito. Roberto Rapaccini