RASSEGNA STAMPA S.

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• Il Passato sarà un buon rifugio, ma il Futuro è l'unico posto dove possiamo andare. (Renzo Piano) •

PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

martedì 19 gennaio 2021

IL BELGIO E L'ISLAM 1. L'ISLAMIZZAZIONE JIHADISTA (18-4-2016)


La rilevanza politico sociale della comunità musulmana in Belgio non è una novità. Ne fu un primo segnale significativo la creazione nel 1967 di una grande moschea nel parco del Cinquantenario, nel cuore della capitale belga; la moschea è tuttora ubicata all'interno del grande palazzo che era stato costruito per ospitare il padiglione orientale in occasione dell'esposizione universale di Bruxelles del 1880. Successivamente l'edificio rimase per lungo tempo inutilizzato; nel 1967 il re Baldovino cedette la struttura in affitto per 99 anni all’Arabia Saudita durante la visita in Belgio di re Faisal Ben Abdelaziz. Allora l'immigrazione araba cominciava ad essere rilevante e perciò si pensò di destinare un grande spazio chiuso a luogo di culto dell'Islam. In realtà sulla benevolenza belga influirono molto gli accordi commerciali (soprattutto in materia di forniture petrolifere) che vennero conclusi fra i due Paesi nella circostanza. L'istituzione della moschea fu quindi il risultato di un’iniziativa saudita. Come conseguenza l'interpretazione wahabita (il Wahhabismo, che è il credo dominante nella Penisola Arabica, com'è noto, propone un'interpretazione del Corano letterale, integralista e ultraconservatrice) ha sempre esercitato molta influenza nelle predicazioni che si sono tenute in quel luogo di culto. La moschea, dopo un lungo restauro, venne inaugurata nel 1978 da re Baldovino e dal nuovo sovrano saudita Khalid. Da allora, sempre con i finanziamenti dell'Arabia Saudita e sotto l'influenza wahabita, sono cominciati a proliferare i centri islamici, spesso guidati da imam che si erano formati a Riad. Fin dagli anni novanta iniziarono nell'ormai famoso comune di Molenbeek, nella regione di Bruxelles, senza che le autorità di polizia belghe ne percepissero l'incombente pericolo, le predicazioni salafite di Bassam Ayachi; il Salafismo è una forma di radicalismo islamico. Le iniziative dello sceicco siriano costituirono la base ideologica dell'incipiente jihadismo belga e favorirono concretamente la crescita di un fondamentalismo organizzato. Le predicazioni ispirate al radicalismo trovavano un fertile terreno nel fallimento delle politiche di integrazione che acuivano quei sentimenti di discriminazione e di frustrazione sui quali facevano leva i reclutatori di foreign fighters, che promettevano un futuro da eroi a giovani in una condizione di indigenza.  Bassam Ayachi nel 2008 era stato arrestato in Italia per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Emerse dalle indagini che Bassam era un personaggio influente del fondamentalismo islamico; in relazione a suoi progetti di attentati e all'organizzazione di una cellula terroristica gli furono mosse accuse più gravi, e nel 2011 fu condannato in primo grado a otto anni. La sentenza venne poi annullata in Cassazione, cui seguì nel 2012 l'assoluzione in appello (non risultarono elementi sufficienti), a seguito della quale lo sceicco siriano venne scarcerato. La svolta salafita, di cui si è detto, esercitò la sua influenza anche in altre città del Belgio. Ad Anversa nel 2010 Fouad Belkacem, attualmente detenuto, fondò l’organizzazione Sharia4Belgium, che si proponeva, come chiaramente indica il nome, l'instaurazione della legge islamica. L’organizzazione creò propri centri anche in alcune città delle Fiandre, come Mechelen e Vilvoorde, dalle quali successivamente sono partiti per la Siria e l'Iraq numerosi foreign fighters. Da un punto di vista strategico, il Belgio ha una particolare importanza per il jihadismo europeo: per la sua collocazione al centro dell’Europa, nel cuore dello Spazio Schengen, il territorio belga è un facile transito per la Francia, per il Lussemburgo, per i Paesi Bassi e per la Germania; negli aeroporti tedeschi è inoltre possibile disporre di molti voli a buon mercato per la Turchia e, da qui, si può raggiungere la Siria con mezzi di fortuna e connivenze turche. Ovviamente per gli stessi motivi non è complicato avventurarsi per l'itinerario inverso (ovvero dalla Siria all'Europa). La libera circolazione interna - che resta un'importante conquista dell'Unione Europea - in questo momento offre indubbi vantaggi ai terroristi, che possono spostarsi su un vasto territorio, valersi di connivenze in altri Paesi, occultare più facilmente la  loro presenza, portare a termine quei programmi criminosi che richiedono trasferimenti transnazionali (come è avvenuto per gli spostamenti fra Belgio e Francia in occasione degli attentati di Parigi); questi vantaggi non sono  sufficientemente compensati dal potenziamento dei controlli di sicurezza alle frontiere che hanno messo in atto alcuni Paesi. Le limitazioni interne alla libertà di circolazione dello spazio Schengen - se possono non essere giustificate in relazione all'emergenza 'immigrati' in quanto la soluzione della questione dei flussi di profughi richiede quella solidarietà di tutti i Paesi che è preclusa dalla chiusura delle rispettive frontiere - potrebbero invece trovare temporaneo fondamento nelle esigenze di sicurezza (così come previsto dalla Convenzione di Schengen) connesse al contrasto del terrorismo transnazionale. La solidarietà europea, basata sulla ricerca dell'interesse comune e di cui anche la cooperazione di polizia fra gli Stati membri per il contrasto del terrorismo è un corollario, è sempre più compromessa dal rafforzamento di un'ideologia liberale che privilegia gli interessi nazionali su sacrifici che non sono condivisi perché non solo non sembrano sempre giustificati ed equi, ma anche perché non raramente sembrano trovare fondamento solo nella (ritrovata) volontà  di egemonia di alcuni Paesi (la Germania in particolare). Al contrario, la solidarietà europea ha come presupposto la pari dignità di tutti gli Stati membri e uno spirito europeista che si manifesti non solo nel percepire i benefici dell'Unione, ma anche nel condividerne i sacrifici. Roberto Rapaccini