Fino
a qualche decennio fa la condizione di povertà e sottosviluppo di quello che
veniva definito con un aristocratico distacco il ‘Terzo Mondo’ come se si
trattasse di un universo a sé stante, non creava problemi identitari negli
europei, in quanto non poteva mettere in crisi la coerenza con i valori
umanitari professati dalla spiritualità giudaico - cristiana o da quella laico
- illuminista. L’Africa infatti era un cosmo lontano, sia fisicamente che
culturalmente: le differenti condizioni di vita, il benessere dell’occidente
contrapposto alla sofferenza di una quotidiana lotta per la sopravvivenza era
accettato fatalisticamente, come se fosse una ineludibile conseguenza del
carattere aleatorio dei destini umani. Le migrazioni alimentate dal miraggio di
un occidente ricco e privo di problemi hanno creato un corto circuito fra
queste due realtà un tempo distanti. Peraltro l’arrivo in Europa di migranti,
prevalentemente islamici, si è collocato in un contesto già sofferente per le
gravi difficoltà economiche, il degrado sociale, la liquidità politica. In
proposito il 28 giugno si è tenuto un vertice dei Capi di Stato e di Governo
dei Paesi UE sull’immigrazione. Come era ampiamente previsto i risultati del
summit sono stati deludenti. In generale le riunioni dei vertici politici dei
Paesi UE si concludono solo con dichiarazioni di principio, che nei tavoli
tecnici vengono tradotte in soluzioni pratiche, successivamente esaminate ed
eventualmente approvate dal Consiglio dei Ministri UE competente. Nel vertice,
oltre alle affermazioni che ribadiscono la necessità di un approccio globale -
nel quale devono avere un ruolo centrale un coordinato controllo delle
frontiere esterne, il rafforzamento di Frontex, gli accordi di cooperazione con
i Paesi di provenienza dei migranti - non è emersa la volontà di aggiornare le
regole consolidate in materia di asilo. In particolare non sono state previste
quote o sanzioni per gli Stati che non accolgono i richiedenti asilo, né sono
state fornite indicazioni su possibili modifiche del Regolamento di Dublino.
Gli spostamenti dei migranti in un Paese diverso da quello in cui sia stata
avanzata richiesta di asilo – spostamenti che l’Italia avrebbe interesse
a incentivare - continuano ad essere considerati contrari ai principi su cui è
fondato il sistema europeo di gestione dell’immigrazione. È stato inoltre
chiarito che lo sforzo condiviso per un’equa redistribuzione dei richiedenti
asilo sarà possibile solo su base volontaria. Probabilmente per contenere i
flussi migratori sarebbe opportuno cominciare ad intervenire nei processi
socioeconomici che li alimentano nei Paesi d’origine. Roberto Rapaccini