RASSEGNA STAMPA S.

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PAESI DELLA LEGA ARABA

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TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

domenica 15 novembre 2020

CONSIDERAZIONI SULL'ATTENTATO DI PARIGI A CHARLIE HEBDO (17.1.2015)

 8 gennaio 2015

Parigi, il giorno dopo. Nei fatti di ieri la Polizia francese è apparsa un po’ maldestra. L’intelligence poi si è dimostrata inefficace. Sarebbe opportuno che tutti gli Stati – almeno quelli europei – mettessero a disposizione reciprocamente il proprio patrimonio informativo attraverso la costituzione di un’intelligence sovrannazionale. Una vera intelligence e non un organismo burocratico. Come sanno gli esperti del settore, questa è una strada quasi utopistica, difficile da percorrere fino in fondo. Forse basterebbe potenziare soprattutto Europol, Interpol ed Eurojust. Almeno per ora. La risposta operativa è un problema dei singoli Stati, anche se lo scambio di ‘best practices’ può aiutare molto. I francesi nella circostanza mi sono sembrati un po’ incerti e confusi. I terroristi al contrario erano molto addestrati e sicuri. Hanno anche loro commesso alcuni errori e incertezze. Forse alcuni erano solo grossolani tentativi di depistaggio. Purtroppo poi il network informativo del fondamentalismo islamico è efficace e impenetrabile, complice una lingua che nelle varianti dialettali è compresa bene solo dai madrelingua. Nonostante questa analisi non benevola, credo che la minaccia del terrorismo di matrice islamica possa essere efficacemente contrastata. In Italia all’inizio le BR colsero di sorpresa lo Stato, che seppe poi reagire organizzandosi efficacemente, ricostituendo anche un consenso e una solidarietà intorno a sé. Ora è importante evitare un emotivo odio indiscriminato per l’Islam, un risentimento figlio dell’ignoranza, della disinformazione e della superficialità. Ad un pregiudizio non se ne deve sostituire un altro, all’intolleranza non si può rispondere con analoga intolleranza. Molti islamici e imam stanno dando segnali di dissociazione. Mi sembrano importanti le parole di Nasrallà, leader degli Hezbollah, che ha dichiarato: "I terroristi offendono l’Islam più delle vignette”. Sembra però che in occidente, molti, per continuare a sostenere le proprie tesi, non vogliano tenerne conto. La via del dialogo con l’Islam – non con i terroristi - è lo strumento per isolare il terrorismo di matrice islamica, e quindi è la premessa di un suo efficace contrasto.”

11 gennaio 2015

Parigi, tre giorni dopo. L’attentato di Parigi continua a farmi venire in mente le iniziative delle BR e il noto dilemma iniziale di allora della gente comune “né con le BR, né contro”. Sono sicuramente due realtà lontane. Tuttavia, mentre nel caso dell’11 settembre 2001 l’attacco veniva dall’esterno, gli autori dell’attentato di Parigi erano cresciuti in Francia. Perciò si è concretizzata una minaccia interna al sistema, come fu quella delle BR in Italia. Poi gli attentati cruenti delle BR portarono la gente a solidarizzare con lo Stato che rispose democraticamente. Meglio una democrazia imperfetta e contaminata dagli interessi privati di alternative autoritarie e liberticide. Così l’attentato di Parigi è stato uno spartiacque che ha dimostrato che il terrorismo non ha né religione, né colore politico. Chi contribuisce alla conoscenza - dagli insegnati ai giornalisti - ha un delicato compito. Informare in maniera corretta e oggettiva. La conoscenza è il presupposto di un’opinione libera, l’ignoranza emotiva ne è la negazione.

 12 gennaio 2015

Parigi, un po’ di giorni dopo. Per gli amici di Facebook – qualora fosse di qualche interesse – vorrei precisare che, pur unendomi e solidarizzando con chi ha scritto ‘Je suis Charlie’, non condividevo la linea editoriale della rivista C. H. che conoscevo da tempo. Infatti, non sono d’accordo con Dario Fo' – che stimo per il suo impegno civile e sociale, e la sua sensibilità artistica – che afferma che il diritto di satira non ha regole. Il primo - e forse unico limite - è non diffamare e non offendere ingiustificatamente. Aggiungo che è opportuno non irridere con leggerezza la sensibilità spirituale e religiosa. Tuttavia nulla giustifica il grave fatto criminale che si è consumato a Parigi e quindi con ‘Je suis Charlie’ volevo dissociarmi con chi più o meno velatamente ha pensato e scritto “se la sono voluta”.

15 gennaio 2015

Parigi, una settimana dopo. Come ogni onda emotiva, anche quella seguita all’attentato di Parigi comincia ad attenuarsi. L’emotività è intensa, ma ha vita breve. Tutto ritorna alla normalità. L’attacco a Charlie Hebdo nei media sarà rimpiazzato da storie di veline, gossip, Sanremo, calcio, crimini efferati nostrani ai quali si attacca la morbosità popolare.  Charlie Hebdo tornerà alle sue tirature ordinarie. Nei bar si discuterà per un po’di Islam fondamentalista o moderato, di accoglienza o ‘tutti nei loro Paesi’. Hollande, brillante nella circostanza, tornerà al suo basso gradimento presso i francesi. Non sarà più come prima solo per le famiglie delle vittime. Forse la Storia, per poter continuare – ma non è un bene – si nutre del suo oblio.

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Roberto Rapaccini