8 gennaio 2015
Parigi,
il giorno dopo. Nei fatti di ieri la Polizia francese è apparsa un po’
maldestra. L’intelligence poi si è dimostrata inefficace. Sarebbe opportuno che
tutti gli Stati – almeno quelli europei – mettessero a disposizione
reciprocamente il proprio patrimonio informativo attraverso la costituzione di un’intelligence
sovrannazionale. Una vera intelligence e non un organismo burocratico.
Come sanno gli esperti del settore, questa è una strada quasi utopistica,
difficile da percorrere fino in fondo. Forse basterebbe potenziare soprattutto
Europol, Interpol ed Eurojust. Almeno per ora. La risposta operativa è un
problema dei singoli Stati, anche se lo scambio di ‘best practices’ può aiutare
molto. I francesi nella circostanza mi sono sembrati un po’ incerti e confusi.
I terroristi al contrario erano molto addestrati e sicuri. Hanno anche loro
commesso alcuni errori e incertezze. Forse alcuni erano solo grossolani
tentativi di depistaggio. Purtroppo poi il network informativo del
fondamentalismo islamico è efficace e impenetrabile, complice una lingua che
nelle varianti dialettali è compresa bene solo dai madrelingua. Nonostante
questa analisi non benevola, credo che la minaccia del terrorismo di matrice
islamica possa essere efficacemente contrastata. In Italia all’inizio le BR
colsero di sorpresa lo Stato, che seppe poi reagire organizzandosi
efficacemente, ricostituendo anche un consenso e una solidarietà intorno a sé.
Ora è importante evitare un emotivo odio indiscriminato per l’Islam, un
risentimento figlio dell’ignoranza, della disinformazione e della
superficialità. Ad un pregiudizio non se ne deve sostituire un altro,
all’intolleranza non si può rispondere con analoga intolleranza. Molti
islamici e imam stanno dando segnali di dissociazione. Mi sembrano importanti
le parole di Nasrallà, leader degli Hezbollah, che ha dichiarato: "I
terroristi offendono l’Islam più delle vignette”. Sembra però che in occidente,
molti, per continuare a sostenere le proprie tesi, non vogliano tenerne conto.
La via del dialogo con l’Islam – non con i terroristi - è lo strumento per
isolare il terrorismo di matrice islamica, e quindi è la premessa di un suo
efficace contrasto.”
11
gennaio 2015
Parigi,
tre giorni dopo. L’attentato di Parigi continua a farmi venire in mente le
iniziative delle BR e il noto dilemma iniziale di allora della gente comune “né
con le BR, né contro”. Sono sicuramente due realtà lontane. Tuttavia, mentre
nel caso dell’11 settembre 2001 l’attacco veniva dall’esterno, gli autori
dell’attentato di Parigi erano cresciuti in Francia. Perciò si è
concretizzata una minaccia interna al sistema, come fu quella delle BR in
Italia. Poi gli attentati cruenti delle BR portarono la gente a solidarizzare
con lo Stato che rispose democraticamente. Meglio una democrazia imperfetta e
contaminata dagli interessi privati di alternative autoritarie e liberticide.
Così l’attentato di Parigi è stato uno spartiacque che ha dimostrato che il
terrorismo non ha né religione, né colore politico. Chi contribuisce alla
conoscenza - dagli insegnati ai giornalisti - ha un delicato compito. Informare
in maniera corretta e oggettiva. La conoscenza è il presupposto di un’opinione
libera, l’ignoranza emotiva ne è la negazione.
Parigi,
un po’ di giorni dopo. Per gli amici di Facebook – qualora fosse di qualche
interesse – vorrei precisare che, pur unendomi e solidarizzando con chi ha
scritto ‘Je suis Charlie’, non condividevo la linea editoriale della
rivista C. H. che conoscevo da tempo. Infatti, non sono d’accordo con Dario Fo'
– che stimo per il suo impegno civile e sociale, e la sua sensibilità artistica
– che afferma che il diritto di satira non ha regole. Il primo - e forse unico
limite - è non diffamare e non offendere ingiustificatamente. Aggiungo che è
opportuno non irridere con leggerezza la sensibilità spirituale e religiosa.
Tuttavia nulla giustifica il grave fatto criminale che si è consumato a Parigi
e quindi con ‘Je suis Charlie’ volevo dissociarmi con chi più o meno
velatamente ha pensato e scritto “se la sono voluta”.
15
gennaio 2015
Parigi,
una settimana dopo. Come ogni onda emotiva, anche quella seguita all’attentato
di Parigi comincia ad attenuarsi. L’emotività è intensa, ma ha vita breve.
Tutto ritorna alla normalità. L’attacco a Charlie Hebdo nei media sarà
rimpiazzato da storie di veline, gossip, Sanremo, calcio, crimini efferati
nostrani ai quali si attacca la morbosità popolare. Charlie Hebdo tornerà
alle sue tirature ordinarie. Nei bar si discuterà per un po’di Islam
fondamentalista o moderato, di accoglienza o ‘tutti nei loro Paesi’. Hollande,
brillante nella circostanza, tornerà al suo basso gradimento presso i francesi.
Non sarà più come prima solo per le famiglie delle vittime. Forse la Storia,
per poter continuare – ma non è un bene – si nutre del suo oblio.
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Roberto
Rapaccini