RASSEGNA STAMPA S.

RASSEGNA STAMPA S.
Clicca sull'immagine
• Il Passato sarà un buon rifugio, ma il Futuro è l'unico posto dove possiamo andare. (Renzo Piano) •

PAESI DELLA LEGA ARABA

PAESI DELLA LEGA ARABA

TESTO SC.

La differenza tra propaganda e istruzione viene spesso così definita: la propaganda impone all’uomo ciò che deve pensare, mentre l’istruzione insegna all’uomo come dovrebbe pensare. (Sergej Hessen)

martedì 19 agosto 2025

DALLA SEGREGAZIONE A GAZA, LA MARCIA DELLA SOLIDARIETÀ NERA VERSO I PALESTINESI




Ci sono fili invisibili che attraversano il tempo e lo spazio, annodando esperienze lontane eppure speculari. Uno di questi fili lega la diaspora nera e il popolo palestinese, due comunità che, in epoche diverse e sotto forme differenti, hanno conosciuto l’oppressione sistemica, la segregazione, la negazione dei diritti fondamentali. È una solidarietà che non si è mai limitata alle dichiarazioni di principio, ma che ha saputo trasformarsi in visione politica, in alleanza militante e oggi anche in azione diplomatica. Negli Stati Uniti degli anni Sessanta, mentre la lotta per i diritti civili scuoteva le fondamenta della democrazia americana, figure come Malcolm X invitavano a guardare oltre i confini nazionali; in un discorso del 1964 si ricordava che il colonialismo non era finito, aveva solo cambiato volto, indicando nei popoli del Terzo Mondo, inclusi i palestinesi, alleati naturali della causa nera. Stokely Carmichael, che in seguito avrebbe assunto il nome di Kwame Ture, spinse ancora più in là questa intuizione. Nel 1967 affermò che il destino dei neri in America è inseparabile dal destino dei popoli colonizzati nel mondo (segnatamente quelli africani). Non era una metafora, ma la traduzione di un sentimento profondo: riconoscere sé stessi nelle catene dell’altro. Le Pantere Nere furono tra i primi movimenti a trasformare queste parole in pratica politica. Delegazioni palestinesi furono invitate agli incontri del partito, volantini di sostegno all’OLP circolavano nei ghetti di Oakland e Chicago, e testi come The Black Panther descrivevano la Palestina come un laboratorio dell’oppressione coloniale. Per Huey Newton e i suoi compagni, la repressione nei territori occupati era lo specchio della repressione nelle strade americane. In Africa il parallelismo risuonava ancora più potente. Thomas Sankara, leader rivoluzionario del Burkina Faso, sottolineava come la lotta palestinese ricorda che il colonialismo non muore da solo: va abbattuto con la volontà dei popoli. Nelson Mandela, simbolo universale della resistenza antiapartheid, fu altrettanto esplicito. Nel 1997, in un discorso a Pretoria, disse: “Sappiamo troppo bene che la nostra libertà è incompleta senza la libertà dei palestinesi.” Quelle parole, pronunciate dall’uomo che aveva sconfitto il regime dell’apartheid, divennero un manifesto morale, un’eco che attraversò continenti. Non a caso, nel 1988, quando Yasser Arafat proclamò lo Stato di Palestina, quarantatré Paesi africani e caraibici furono tra i primi a riconoscerlo ufficialmente. Col passare del tempo, questa solidarietà non si è spenta, ma ha cambiato linguaggi e forme. Il nuovo millennio l’ha riportata al centro attraverso le piazze del movimento Black Lives Matter. Dopo l’uccisione di George Floyd nel 2020, migliaia di cartelli con scritto …From Ferguson to Gaza… comparvero nei cortei. Non era solo uno slogan, ma un atto politico: le stesse logiche di controllo, militarizzazione e brutalità venivano riconosciute e denunciate simultaneamente. Black Lives Matter, pur consapevole delle critiche, non esitò a schierarsi a favore del BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni - Boycott, Divestment, Sanctions), il movimento internazionale di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele. Il movimento  fu creato nel 2005 dopo un appello di oltre 170 organizzazioni della società civile palestinese. La sua ispirazione diretta era la campagna internazionale che negli anni Settanta e Ottanta contribuì alla fine dell’apartheid in Sudafrica: come allora la pressione dal basso, fatta di boicottaggi e isolamento culturale, economico e sportivo, aveva incrinato le fondamenta del regime razzista sudafricano, così oggi il BDS avrebbe mirato  a ottenere il rispetto dei diritti fondamentali del popolo palestinese attraverso strumenti non violenti di pressione. Gli obiettivi sono tre e si fondano sul diritto internazionale: la fine dell’occupazione dei territori palestinesi iniziata nel 1967; il riconoscimento dell’uguaglianza dei cittadini palestinesi di Israele, ancora oggi soggetti a discriminazioni sistemiche; il rispetto del diritto al ritorno dei profughi e dei loro discendenti, sancito dalla Risoluzione ONU 194. Per raggiungere questi traguardi è stato promosso il boicottaggio di prodotti e istituzioni israeliane, il disinvestimento da aziende e fondi che traggono profitto dall’occupazione e l’imposizione di sanzioni da parte di Stati, come l’embargo militare o la sospensione di accordi di cooperazione. Negli anni il movimento ha ottenuto alcuni risultati significativi: numerose università e sindacati, in particolare nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Sudafrica, hanno approvato mozioni di disinvestimento; alcune grandi imprese hanno ritirato investimenti e progetti nei territori occupati dopo anni di campagne pubbliche; nei Paesi del Sud globale il sostegno alla causa palestinese – anche attraverso la sensibilizzazione BDS - è diventato parte integrante delle piattaforme politiche postcoloniali. “Non possiamo chiedere giustizia per noi stessi e voltare lo sguardo davanti all’ingiustizia inflitta ad altri popoli”, dichiararono alcuni  leader. Il presente ha reso questa connessione ancora più urgente. Gaza, devastata dai bombardamenti, con decine di migliaia di vittime civili e interi quartieri rasi al suolo, è diventata il nuovo volto dell’oppressione globale. Nel gennaio 2024 il Sudafrica ha scelto di portare Israele davanti alla Corte Internazionale di Giustizia, accusandolo di genocidio. È stato un gesto di rottura, un ponte diretto tra la memoria dell’apartheid e la condizione palestinese. La scena giuridica internazionale ha così accolto la voce di un Paese africano che si è fatto erede delle lotte dei popoli oppressi, trasformando la solidarietà in strumento legale e diplomatico. Anche nel mondo culturale afroamericano, la riflessione si è intensificata. Ta-Nehisi Coates, uno degli autori più influenti del pensiero nero contemporaneo, ha raccontato la sua esperienza in Cisgiordania: “Quello che ho visto richiama il regime Jim Crow. Una democrazia che si proclama tale, ma che priva milioni di persone dei diritti fondamentali.” La sua testimonianza ha riportato la questione palestinese nel cuore del dibattito intellettuale statunitense, confermando che la solidarietà non è solo un fatto politico, ma anche culturale e morale. Questa alleanza transnazionale si proietta nel futuro con tre conseguenze. In primo luogo, la compattezza della diplomazia africana, che mantiene saldo il sostegno a Ramallah, può ridisegnare gli equilibri del Sud globale. In secondo luogo, la pressione giuridica aperta dal Sudafrica all’Aia rappresenta un precedente che altri Paesi potrebbero seguire, incrinando l’impunità di cui Israele ha goduto per decenni. Infine, la mobilitazione culturale e politica delle comunità nere, negli Stati Uniti come in Europa, garantisce che la questione palestinese resti viva nello spazio pubblico, impedendo che venga silenziata o relegata ai margini. Alla radice di tutto resta però un imperativo etico. Kwame Ture lo disse con chiarezza: “La Palestina è la punta dell’Africa.” Era un modo per ricordare che la lotta per la libertà non conosce confini, che le catene di uno sono le catene di tutti. Oggi, in un mondo segnato da nuove polarizzazioni, la voce della solidarietà nera risuona come un contrappunto alla retorica delle potenze: ci ricorda che nessuna democrazia è vera se costruita sull’esclusione, e che nessuna liberazione sarà completa finché un popolo resterà oppresso. È in questo intreccio di memorie e di lotte che si gioca il futuro non solo della Palestina, ma di ogni progetto universale di giustizia. RR