L’acqua
ha un valore di primaria importanza. Nella storia umana è stata spesso una
risorsa contestata alla base di guerre e conflitti locali. È sorta la questione
se si debba privatizzare la sua ordinaria fornitura. In proposito, alcune ONG
ritengono che l’acqua debba essere un diritto pubblico, ovvero ogni essere
umano dovrebbe avere un potere di libero accesso ad essa. L'altro punto di
vista ritiene che l'acqua sia un alimento come gli altri e che, come ogni
prodotto, dovrebbe avere un valore di mercato. In virtù di questo
secondo punto di vista sono in atto tentativi per appropriarsi e convertire le
risorse idriche in beni privati, al fine di trasformarle a livello globale in
uno strumento fonte di accumulo di capitali. Recentemente è circolato in Rete un
video nel quale Peter Brabeck, attualmente Presidente onorario della Nestlè,
una delle più grandi aziende di prodotti alimentari del mondo, nel corso di
un’intervista avrebbe affermato che l’acqua non è un diritto dell’uomo, ma un
bene da privatizzare e gestire attraverso le industrie multinazionali. Questa
affermazione trarrebbe fondamento dalla considerazione che quello che ci
fornisce la natura talvolta non è sotto il pieno controllo dell’uomo, e questo
giustificherebbe un’appropriazione privatistica al fine di una ‘gestione responsabile’
che ne migliori l’accesso. Secondo questa prospettiva l’acqua dovrebbe cessare
di essere un bene liberamente disponibile. La Nestlé ha tuttavia ribadito
di ritenere che l'accesso all'acqua sia un diritto fondamentale dell’uomo, e
che l’intervista in questione sarebbe stata estrapolata da un documentario, e,
presa fuori contesto, sarebbe stata all’origine di fraintendimenti. Se diamo
credito a questo trend, il prossimo passo potrebbe essere il
tentativo della privatizzazione dell’aria che respiriamo. Roberto Rapaccini